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Sarah-Sze

 
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ARTEXT : La Biennale di Venezia
55 Esposizione Internazionale d'Art
e

Giardini di Castello - Stati Uniti

 

Sarah Sze: TRIPLE POINT
Sarah Sze

 

Al centro della mostra è la nozione di 'bussola' e come noi ci situiamo in un mondo perennemente disorientante, ha detto Sze. Ciascuna delle sale opera come un sito sperimentale, in cui gli oggetti tendono a diventare strumenti o montaggi per misurare o modellare la nostra posizione nello spazio e nel tempo. L'aspirazione a costruire modelli che catturino la complessità e l'impossibilità di quell'impresa, è il punto centrale dell'opera.

Nella termodinamica, il termine 'triple point' designa una singolare combinazione di temperatura in cui tutte le tre fasi di una sostanza (gassosa, liquida e solida) coesistono in perfetto equilibrio. La triangolazione, cioé
la misurazione della distanza da tre punti ordinali, è anche usata per determinare un punto specifico dello spazio. L'opera di Sze fa riferimento a entrambi questi concetti, la fragilità dell'equilibrio e il desiderio costante di ritrovare stabilità e posizione.

L'approccio di Sze al Padiglione è quello di un sito di osservazione e sperimentazione dal vivo; l'opera, la cui installazione è durata tre mesi, è stata creata per la maggior parte in situ. Parte dell'installazione è stata cancellata durante questo periodo, diventando, come dice Sze, resti archeologici di esperimenti falliti. Tracce del panorama urbano di Venezia, foto di pietre, materiali architettonici, biglietti del vaporetto, sono stati raccolti e aggiunti man mano che l'installazione veniva completata. Di conseguenza, gli oggetti appaiono instabili, con crescita virale e decadimento imminente in evidenza. Piccoli frammenti di sculture sono stati anche dispersi per i negozi e sui tetti intorno alla via Garibaldi, per essere scoperti per caso nel tessuto della vita quotidiana. La mostra occupa il Padiglione e la città, ne naviga le sale e le strade, si rintana in retrobottega, si aggrega in sistemi e infine degenera in residui.


- It looks as if you've grouped and organized things according to size or type or some other factor. Is there a method?
- My hope is that the work is constantly shifting, so you read it as one thing, and then it gets lost and you read it as something else, and then that gets lost, so it's never a set system. The work is expansive rather than conclusive, which is an interesting thing to have at the end of this show. It's a tall order to have a single work represent the culmination of a century.

- How does your work fit into the show's narrative?
- The difference in how you experience the works from the '20s to the '80s doesn't change that dramatically things are on the wall or on pedestals. My piece is the only part of the show where you have an entirely immersive experience. How do you situate yourself in the middle of it? It gives the experience of being oriented and disoriented in space. The whole piece is a grid, but it's shifted and tilted.

- There are a lot of cast and fabricated objects like bottles and take-out containers more than found objects like the multiple salt containers or the can of Goya beans.
- I like to take found objects and see what can be done to make them more like sculpture, and then combine both forms. Where is that line? Like this blue bottle, it has a relationship to the Yves Klein painting, but by making it blue it becomes almost like a sculpture, but we also know it's just a bottle.

- How do you decide what objects to use?
- They're intimate choices, and formal and historical decisions. For each object I can tell you why it stayed in, why it's where it is. One thing that is uniform is that all the objects sit between things growing or dying, static or mobile, personal or universal or generic, something painstakingly made by hand or that you can get off the shelf. You recognize these as flip-flops, then you read them as paper sculptures.

 

Curator : Carey Lovelace, Holly Block.
Artisti : Sarah Sze

 

Web site:http://www.imamuseum.org/venice

 

 

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