Accaventiquattro è una casa, è una galleria, è un progetto di Filippo Bigagli e Fiammetta Poggi rivolto alla ricerca e promozione di artisti attraverso un confronto sulla loro sperimentazione artistica. Tramite mostre bi-personali mettono in relazione giovanissimi artisti, alcuni dei quali ancora studenti, incoraggiandoli a sviluppare il loro lavoro e curandone il mercato.
Le esposizioni nascono infatti da un dialogo a tre, i due artisti e il curatore, il risultato è una condivisione a livello concettuale, di costruzione e spaziale in quanto le opere convivono insieme nel salotto di casa.
Accaventiquattro si rivolge a un pubblico di curiosi, di esperti e di neofiti di arte contemporanea che vengono guidati nella scoperta e conoscenza di nuovi linguaggi espressivi; si rivolge a collezionisti e amanti dell’arte per tornare ad aprire un dialogo esperienziale che spesso viene trascurato nel mondo dell’arte contemporanea.
Accaventiquattro Home Gallery, Filippo Bigagli e Fiammetta Poggi
Špela Zidar - La vostra realtà è molto particolare. È una galleria, ma anche un’abitazione privata. Potete spiegare come funziona? Come vi è venuta l’idea della casa/galleria?
Fiammetta Poggi - Filippo era alla ricerca di un appartamento e di uno spazio espositivo da gestire autonomamente. A fine 2017 ha trovato un’unica soluzione per tutte e due le esigenze, vedendo il salotto dell’abitazione ha subito pensato che potesse essere a tutti gli effetti un luogo dedicato anche a ospitare mostre. A quel punto mi ha proposto l’idea e il progetto ha preso forma.
Špela Zidar - Secondo la vostra esperienza ci sono dei vantaggi ad avere una galleria in casa, ci sono anche delle difficoltà, disagi?
Filippo Bigagli - L’appartamento di Via del Serraglio, 27 è formato da ampi spazi dove le esigenze personali ed espositive possono vivere bene insieme senza interferire troppo. Lo svantaggio più grande è di essere al primo piano e si è notato quando abbiamo montato due importanti installazioni di Arber Elezi e Baldassarre Ruspoli soprattutto per il trasporto e per aver trasformato il salotto in un vero cantiere, portando a mano i materiali. Per il resto è un’ottima idea per invitare artisti, amici e appassionati d’arte in un ambiente informale ma ricco di significato.
Arber Elezi, senza titolo, 2018 installazione di semi di granturco e mattoni.
ŠZ - La scelta degli artisti è molto importante per voi. Presentate sempre mostre bi-personali. Perché questa scelta? E quanto è importante che si instauri un dialogo tra gli artisti stessi e con lo spazio?
FB - Quella delle bi-personali è una scelta curatiorale precisa: siamo una realtà ospitale, instaurare un dialogo è una nostra specificità e iniziamo da subito proprio con gli artisti. È importante il valore culturale che scaturisce dalle bi-personali, come due artisti affrontano un determinato tema, e permette di approfondire alcuni aspetti particolari di culture diverse, è il caso di Bring Into Play dove hanno esposto Koyal Raheja e Arber Elezi, lei indiana e lui albanese: nello specifico si sono confrontati su aspetti legati ai giochi tradizionali della loro infanzia, puoi immaginare le peculiarità culturali e storiche degli anni ‘90 rispettive ai propri paesi. È stata un’esperienza unica che ha arricchito noi e chi è venuto a trovarci.
ŠZ - Il lavoro che fate con i vostri artisti, tutti giovanissimi e spesso alle prime armi, non è solamente una scelta, è un processo. Un processo durante il quale gli artisti con le vostre indicazioni sviluppano una serie coerente di lavori spesso sperimentando con nuove tematiche o tecniche artistiche. Cosa vorreste ottenere?
FP - Crediamo che gli artisti in Italia soffrano della mancanza di confronto sia con curatori che in generale con altre figure del settore, a volte rimangono stupiti quando li chiamiamo per fissare lo studio visit. Quando lavoriamo ad una mostra la maggior parte dei lavori esposti sono realizzati espressamente per noi, e per i nostri frequentatori. Riteniamo che sia importante avere una consapevolezza dell’arte presente nel nostro territorio e dell’evoluzione di un’artista.
Marco Scarpelli, Mindscape, olio e acrilico su tela su grandi tele di 160 x 140 cm.
ŠZ - Per lavorare con gli artisti giovani, specialmente su progetti così specifici, ci vuole una grande responsabilità e a volte la strada non è proprio in discesa. Come affrontate questa sfida?
FP - Vi assicuriamo che la strada è in salita, è la passione che ci porta ad affrontare la sfida con la giusta grinta e una giusta dose di spericolatezza. Fino ad ora i risultati ci hanno premiato, quindi siamo convinti di continuare su questa strada.
ŠZ - Anche in una casa-galleria l’intento è sicuramente coinvolgere una cerchia fedele di collezionisti? Come rispondono alle vostre scelte curatoriali e gestionali?
FB - Un mese fa ad Arte Fiera abbiamo incontrato e parlato con alcuni collezionisti giovani i quali lamentavano un distacco tra l’acquirente, la galleria e l’artista. Gli acquisti in fiera avvengono in un istante, dopo di che il rapporto tra le figure sopra citate quasi si estingue per poi ritrovarsi nuovamente un anno dopo in fiera. Accaventiquattro nasce come un percorso di crescita dove tutti sono coinvolti, per un collezionista è estremamente importante seguire l’evoluzione di un’artista e ancor di più della galleria.
Leonardo Meoni, Di notte è la città del vento, tecnica mista su velluto: 200 x 200 cm
ŠZ - Parlando di collezionismo, con gli artisti lavorate anche sull’aspetto commerciale del loro lavoro? Come riuscite ad avvicinare il lavoro degli artisti che scegliete ai collezionisti?
FB - Lo spazio espositivo influisce positivamente su questo aspetto: l’informalità è essenziale per chi, e parliamo di tante persone, si sente spaesato in una galleria tradizionale. La nostra ricerca ci ha portato a esporre proposte nuove e originali, una scelta rischiosa ma che è molto apprezzata sia da chi conosce l’arte che da chi ha sempre ritenuto l’arte contemporanea una realtà difficile ed elitaria.
ŠZ - Tanto lavoro porta anche qualche soddisfazione e riconoscimento. Mi avete raccontato che recentemente siete stati coinvolti in diversi interessanti progetti esterni anche con partner prestigiosi. Volete parlarne un po’ di più?
FP - Attualmente stiamo lavorando a una bella festa dell’arte contemporanea che si svolgerà a San Casciano Val di Pesa il 30 e 31 maggio, saranno coinvolti 7 artisti emergenti in una mostra di arte diffusa collocata nelle vie del centro storico. Oltre a questa stiamo lavorando a progetti con partner privati e onlus. In sintesi crediamo che l’arte debba essere maggiormente presente nella società attuale: è fonte di immaginazione per le persone, stimolo per le aziende, riflessione in ambito sociale. L’esempio calzante è l’opera di Henry Moore in piazza San Marco a Prato: da oggetto di difficile comprensione è diventata un simbolo della città, un qualcosa con cui i pratesi hanno sviluppato un legame, se non ci fosse stata la lungimiranza di chi l’ha pensata oggi la città sarebbe più povera.
ŠZ - Questa nuova apertura cosa aggiungerà alla vostra consueta attività nella casa-galleria?
FB - Sicuramente tanto lavoro! A parte questo, la possibilità di lavorare con artisti con i quali per esigenze pratiche non possiamo pensare le mostre in casa-galleria, conoscere nuove persone e scoprire nuove realtà.
Cristina Rizzi Guelfi, I want to believe", stampa lambda opaca su dibond, 50x33 cm