Tra Porta e Campana. Parola e Immagine. Suono e Luce. Ti chiedo: c'è forse tra questi binomi una scala crescente o decrescente? C'è una biforcazione più essenziale ancora, per cui le differenze diminuiscono verso l'unità? E per la cui spinta luce si fa suono? O solo: la luce si fa più suono che la porta si faccia campana? Ma non è forse vero anche il contrario? La luce è tanto diversa dal suono quanto lo spazio rispetto al tempo. Ma questo solo lungo una crescita d'immagine, soltanto andando verso una maggiore quantità d'immagine, porta e campana sono così diverse in immagine. Perché la campana non suona? Fisicamente, in immagine non suona. La parola campana è qui. Scrivo campana, e posso anche dire campana, ma, come parola, non posso far suonare la parola come suona una campana. Non posso vedere nemmeno la parola in immagine. La parola in immagine è un nome, ma non un suono, e la parola suono non suona. Nessuno riceve un suono. Perciò suono è più generale di campana. Tutti i suoni. Non questo o quel suono, ma il suono. Più generale di campana? Ci sono più suoni che campane? Forse sì, ma solo nella mia mente che può emettere numeri all'infinito verso un infinito. Non finito anche se limitato, accerchiato da un unico numero, il numero. Adesso, fuori alla mente, in realtà non possono esistere più campane che suoni. Cioè ogni emissione di suono proviene da una campana. Tutti i suoni hanno forma di campana, anche se non sono emessi da una campana. Per esempio il suono di una canna non è emesso da una campana, eppure avrà forma di campana. Potrei disegnarla quasi come una linea parabolica. La funzione matematica della parabola è log 0 = -- ¥. Ecco un suono scritto, un'espressione geometrica generale, ma che ha la forma parabolica della campana e che ingloba la canna nella campana. Colpisco la campana con la canna. La intaglio. Definisco il suo spazio girandovi attorno. Scolpisco. Faccio un interno in me, e sono esterno ad esso. Resto tutto esterno. Non creo alcuna atmosfera, nessun colore atmosferico. Sono tutto nel colore. Il colore ha quel colore, ad esempio il rosso. Il capostipite, il testimone del colore è il rosso. Tutto si dilata, l'io ha una estensione massima. Io sono l'estensione. Materiale che si forma in me e che io circondo all'infinito con una grandissima estensione. Colpisco così la campana con il flauto di canna. Non soffio nel flauto. Se soffio, modello dall'interno. Tutto si fa interno. Ad ogni punto interno corrisponde una vibrazione. Sono cavo. Un'unica colonna cava: solo respiro. Atmosfera pregna di nubi terrestri. Un interno che preme verso l'esterno e lo crea plasticamente. Pitturo. Tutto è in vista. Tocco l'immagine con gli occhi. Come se la vista provenisse dall'occhio. L'occhio la emette, la tocca.
Se però nel senso del suono si ha una crescita, porta e campana sono più vicini di suono e luce. Suono e luce sono, nel senso del suono, molto più lontani che porta e campana. Entriamo così nel tempo del sogno. Tempo arrovesciato rispetto alla veglia. Un tempo nel quale i fini dettano le cause. La campana come suono apre la porta. La porta non si apre dopo aver suonato la campana. Ma invece: la campana suona perché si apre la porta. C'è conversione. Tutto è convertito. E la conversione guida tutti i nostri atti. La fine ha già determinato tutto ciò che è avvenuto. La mia legge è il mio suono. Potresti dire con la massima tranquillità che il suono vede l'immagine. Dovresti essere il cervo. Lo sei, quando ascolti. Nel momento che stai ascoltando avviene la grande mutazione: allora sei il cervo. Quando ascolti la tua legge universale, in quel momento sei teso all'ascolto e diventi il cervo che si tende nell'ascolto. Vedi allora un suono. Un suono che è un'immagine. Il tempo del sogno va in discesa dal suono della campana, mentre nella veglia si risale il sentiero verso la parola. La parola è l'ultimo arrivato nel mondo della veglia. Si sale verso la parola che arriverà per ultima. Ma nel mondo del sogno tutto parte dal suono della campana sulla porta e da lì si ritorna alla parola. Ma la parola ha un preludio. Un esser prima del suono, un'immagine parabolica. Una riflessione nella parabola che ne restituisce l'immagine. Allora ci sarà un prima e un dopo del suono della campana che coincide con la porta rossa spalancata sulla muraglia. E tra il prima e il dopo vi è quell'immagine che è l'inizio. Si parta dunque da quell'inizio che trova una sua immagine, ed esso sarà da solo tutti gli inizi, i quali avranno un prima e un dopo a loro scelta nel tempo. Tutti i punti avranno un proprio inizio disegnando un fronte d'onda, una sezione che avrà un immagine in tutta la sua estensione, alla fine dei tempi. Per questo ci sarà bisogno di una biforcazione, almeno un binomio per poter riflettere l'immagine e trovare un inizio in tutti gli inizi. Un'immagine binomiale. Una figura di parola.
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