Artext incontra Bianco Valente
Artext - Si parla di quadri percettivi di Bianco-Valente.
Certo lo sono tutti. - E si ritorna a parlare di "proiettare emozioni".
Forse ché la 'differenza' risulta adesso un grado di sentimentalità prossima solo al vissuto personale.
Giovanna Bianco - Comunque quando si guarda un nostro lavoro ciò che a noi più interessa è procurare delle emozioni attraverso lo sguardo.
Questo, un momento di comunicazione e trasmissione.
Pino Valente - Evitiamo ogni forma di interpretazione. Non diamo né offriamo descrizioni del lavoro - lasciando la più completa libertà. Il lavoro è così come un pretesto, una struttura che quando la persona vi riversa il suo stato emozionale restituisce una qualità intellettuale, concettuale.
C'e quindi uno scambio emozionale.
Artext - E una continua modifica di senso.
Valente - Il lavoro che funziona, deve resistere all'artista, gli deve sopravvivere - e quindi gli deve essere autonomo.
Tu come persona non devi essere costretto a leggere dei saggi critici per capirne il significato. Si deve essere in grado di realizzare questo scambio emozionale - anche in assenza dell'artista a tuo fianco che ne parla.
Il lavoro esiste indipendentemente da - viaggia sulle proprie gambe.
Questo è il nostro primo livello di lettura.
Artext - Ma adesso che il virtuale è strumento di fruizione e 'Second Life' una colonia, cosa distingue l'arte dalle procedure della 'Interaction design'.
Valente - Per noi il virtuale è una possibilità ulteriore, una opportunità - si tratta di acquisire nel tempo migliore consapevolezza.
Bianco - Nel lavoro pur utilizzando computer e software per realizzare i nostri progetti, manteniamo sempre un certo distacco, e tendiamo per questo ad una estrema semplicità, ad una qualità essenziale del lavoro, direi.
Valente - I nostri lavori basati sull'interazione tra uomo e macchina sono spesso, come dire, opere nude, minime, con computers e suoi componenti appoggiati semplicemente sul pavimento.
Non c'è un piedistallo per la macchina.
Certo che se la macchina diventa poi intelligente allora è differente e - diventa questo motivo di interesse.
L'interazione vera deve muovere contenuti intellettuali e, più livelli di lettura. Questa è la vera interazione tra l'opera d'arte e la persona.
Artext - C'è una riflessione del momento, sul vuoto, (idea orientale dello spazio) che permette di far sorgere spazi e realtà - Per voi lo spazio è un idea astratta da modulare, da investigare, da trattare. Una relazione, nelle vostre installazioni?
Valente - Se partiamo dal nostro studio - che è anche abitazione, ecco questo è il mio primo approccio con lo spazio fisico. Uno spazio completamente vuoto, con pareti bianche.
Bianco - Spazio essenziale!
Valente - Non è uno spazio super raffinato per tecnologie, è però sgombro, bianco e non caricato.
Nelle interazioni - e per gli ambienti, tendiamo ad interrogarci e a chiedere a quelle persone che hanno vissuto quello spazio specifico - per capire quali sono le particolarità fisiche ed architettoniche - per cercare di interagire con avvenimenti e fatti accaduti o il significato di quello spazio in particolare -
Ma cercando sempre di inserire i nostri lavori e modificando al minimo lo spazio dato.
Come in questo caso - ( Tempo Universale, Galleria Fornello) dove abbiamo teso a rendere nascosta la tecnologia. E' questa la nostra interazione con gli spazi.
Bianco - E' una cosa che ci piace fare. Ci piacciono i progetti dove ci propongono di relazionarci con lo spazio. E' una cosa che muove la nostra sensibilità, ma tendiamo a non modificare, a non alterare l'ambiente, ma giocarci.
Artext - Adaptive, 2005 - Tempo Universale 2007.
Dalle costellazioni mentali a certe funzioni - dello spazio per il tempo - di cosa si tratta in questa ultima serie di lavori?
Valente - Adaptive è un video, in doppia proiezione.
Di una mappa in evoluzione continua - della mente umana e dei suoi punti nodali associati ad altre aree secondarie, indirette, virtuali - come navigare all'interno della mente di una persona, nelle dinamiche evolutive della sua natura.
Ma è già dal 2001 devo dire, che abbiamo cominciato una sperimentazione che ha dei riferimenti alla scienza ed alla tecnologia -
Per tornare a questo recente lavoro "Tempo Universale" -
abbiamo fatto, ovvero siamo partiti da alcune considerazioni storiche: la non distinzione tra scienza e astrologia, Copernico, Newton.
L'astrologia che non è nata da subito come scienza divinatoria, ma relazione tra il movimento dei pianeti e l'influenza sui caratteri delle persone.
E se accettiamo questa condizione, ed il nostro lavoro è come una verifica di questa teoria.. che tutto è interconnesso - in una durata. Ed usiamo l'idea dell'albero per esemplificare questa idea - le ramificazioni.. i destini delle persone che si incrociano o non si incontrano - e da cui nascono altre relazioni. Una realtà cangiante!
E se poi decidiamo che la teoria astrologica può essere un congegno per esemplificare paradossi - e che il movimento degli astri ha un influsso sulle persone... ecco tutto questo ci ha portato a questa ultima installazione.
Certo il grado di prevedibilità - per chi può leggere il futuro da una carta del cielo o nell'arte è un fatto non secondario della percezione estetica. A volte è legato a fattori antropologici, climatici - ci sono delle costanti comunque che abbiamo notato nei nostri continui viaggi per il mondo.
Bianco - Sì. Volevamo dare l'idea di viaggio - all'interno della galleria - di suoni che puoi percepire solo spostandoti nell'ambiente.
Artext - Si potrebbe realizzare un algoritmo per verificare la funzionalità di questa teoria.
Valente - Non sappiamo se questa idea di astrologia funziona effettivamente, e forse è questa la ragione per cui abbiamo intrapreso questo progetto. Certo la teoria da cui siamo partiti, per essere verificata - occorrerebbe spostarsi continuamente sul globo.
Artext - La progettazione dunque, il confronto delle personalità nel lavoro: è in funzione dialettica, una stratificazione di piani?
Bianco - Quando abbiamo cominciato era molto complicato. Poi nel lavoro si è trovata una modalità di sintesi. Tuttora parliamo, discutiamo molto.
In pratica abbiamo due computer in rete su cui lavoriamo. La rete tra di noi essenzialmente è questo dialogo continuo. E poi sì - sebbene siamo due entità differenti, ma nella esperienza, confrontandoci - risulta il più delle volte un lavoro non riconducibile a uno solo di noi due.
Artext - La sofisticazione eletronica - dover utilizzare software sempre più complessi è un problema?
Valente - Non è il nostro caso, perchè il più delle volte usiamo un software per il montaggio ed un altro per la elaborazione delle immagini.
Comunque noi partiamo dalle riprese e non vi apportiamo che poche modifiche.
Ed in ogni caso stiamo attenti ad utilizzare le "macchine" con la consapevolezza di produrre un lavoro. E non il contrario, nonostante la meraviglia che le "macchine" adesso procurano.
Artext - C'è un lavoro non recente che vi coinvolge particolarmente.
Valente - Sì, - Unità minima di senso - che fa riferimento ad una macchina in grado di ricevere stimoli dall'esterno, ricordare certe esperienze ed utilizzare queste per interazioni con l'ambiente circostante.
Ci chiedevamo mentre lo progettavamo, come dare e che tipo di informazioni dare alla macchina.. - una soluzione è di carattere virtuale - la possibilità di un collegamento in rete sul Web avrebbe consento in tempi rapidi una sensibilità alle immagini ed al testo etc.
Noi piuttosto abbiamo pensato, visto il grado di interconnessione rapido a tutte le informazioni, di chiamare a raccolta un certo numero di persone sparse per tutto il mondo, chiedendo loro una descrizione minima di quello che è il mondo, - ed intrecciando la macchina a questa mole di informazioni, arrivare a decifrare il mondo così da arrivare ad interagire con le persone e l'ambiente.
Io e Giovanna - per pura praticità nel lavoro, abbiamo preso a srotolare un nastro di carta molto sottile - partendo da alcune descrizioni - semplici, del mondo - e poi piuttosto abbiamo deciso di inserire la nostra cognizione del mondo, cercando nella nostra mente quali fossero le esperienze più importanti, descritte su questo nastro continuo a favore di questa ipotetica macchina.
Ne è venuto fuori questo lavoro aperto, lungo diversi kilometri - che ancora stiamo continuando.
Questo adesso è il nostro lavoro legato alla parola. |