DOVE STIAMO
C’è un residuo, un resto, una scoria, un sedimento non dilavato, che nel suo essere nulla,
essere insignificante in quanto non materia preesistente a tutto, non vista e non toccata,
e nemmeno essere un qualche “risultato”; in questa insignificanza esso tiene in sé tutti i processi.
Mostra tutto quello che è successo, tutto quello che non è stato proprio nel suo non aver partecipato a un risultato; non essendo stato pensato per un risultato; essendo sorto già fuori da una logica produzionante. E’ una traccia.
L’unica cosa (non cosa) che si può praticare, dire o fare proprio perché è impraticabile e indicibile.
Lì c’è la vera sospensione.
Il non prima e il non dopo. Presuppone principalmente l’uso visivo del non vedere,
più che del vedere (forse un vedere-non?...), dell’elaborazione e elencazione delle assenze;
assenze che non sono la mera mancanza, la quale non esiste semplicemente e immediatamente.
E’ la sua genesi che conta, è un lungo lavoro che avviene all’intorno e che non è eliminabile,
abbreviabile: richiede una sorta di dissipazione temporale,
un tempo di attesa e un tempo d’avvenimento, procedere recedere,
il segnare e cancellare, aggiungere e togliere. Mai l’una cosa in sé né l’altra,
ma la pellicola infinitesimale nel loro mezzo (spazio proveniente dal tempo e tempo generato dallo spazio).
Tutto questo lascia un residuo, un resto, una scoria…
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