Cecchini Loris  
  Loris Cecchini GalleriaFornello 2008 Photo Dino Incardi
LORIS CECCHINI
Note di lavoro
 
 

The monologue project (collages), 2004-2007

 

Il mio lavoro nasce come esitazione rispetto alla realtà dematerializzata, in una continua proiezione "fuori di sé". ma che ritorna verso l'interno, forse verso la capacità del singolo di guardare e rileggere degli elementi. Cerco di produrre dei piccoli processi di alterazione che sviluppino una trasfigurazione degli elementi, sapendo che il terreno comune è una sorta di estraneità che è in noi e circonda le cose. In questo senso il lavoro della scultura e degli oggetti, così come quello delle fotografie, mi ha dato modo di "catalogare" una vasta serie di elementi, di cose che sicuramente torneranno, anche se in forma diversa.

I Collages nascono generalmente come insiemi legati alla totalità del lavoro. Sono assemblaggi di disegni a mano, disegni al computer, frammenti di lavori e modelli vari dei progetti di installazione più grandi. Sono spazi legati alla deformazione reale del sogno, luoghi tra delirio e progettualità, tra astrazione e praticabilità, tra sospensione e materialità.

 

 

Gaps, 2005-2009

 

Mi affascina l'idea di portare tutto nello stesso piano di configurazione monocroma: credo che di nuovo l'oggetto fisico si spinga nei territori dell'idea, di un piano più astratto e progettualmente poetico.

Gli elementi in rilievo diventano una sorta di "scarificazioni" (i tatuaggi in rilievo, che poi sono cicatrici), sorta di elementi "sottocutanei" alla pelle della parete. Anche partendo da questa idea, recentemente ho adottato forme non necessariamente figurative che funzionano come variazioni improvvise della superficie architettonica, in qualche modo suggerendo un'espressività intrinseca alla superficie in un movimento possibile.....
I comportamenti delle onde, le vibrazioni e molti altri fenomeni fisici sono le suggestioni di base di queste sculture.


 

 

Blaublobbing, 2004-2006

 

Le forme sono un' "estrusione trasparente" dell'aspetto molecolare, come concrezioni artificiali, elementi organici estranei all'architettura stessa, una sorta di virus artificiale rispetto al corpo architettonico originale e la classicità della costruzione per uscire all'esterno in uno spazio di transizione surreale.

La forma irregolare, come più bolle di sapone collegate una nell'altra, rende questi "corpi d'aria" effimeri, una sorta di "meraviglia del soffio".

 

 

Cristal engineering in self-assembly networks, 2009

 

Il modulo, componente base delle sculture, dà luogo a morfologie diverse, superfici vibranti e preziose come dei gioielli su grande scala.
La stabilita e, più in generale, le caratteristiche del materiale mi hanno spesso portato a pensare, oltre che a sculture autonome tra l'astratto ed il naturale, a grandi installazioni che interagissero con la superficie esterna degli edifici, lavorando con gli elementi singoli come se questi si sviluppassero similarmente a una pianta, come composizioni atomizzate, come algoritmi genetici che parlano di principi evolutivi di mutazione e moltiplicazione. L'indeterminatezza della superficie cromata diventa metafora di molteplici esperienze estetiche in fluire continuo.

 

 

Stage evidences, 1998-2007

 

Mi piace pensare a questi oggetti come a delle non-sculture, originate da una forma di ossessione della replica, del clone.
La scelta di soggetti familiari, il cedimento e il colore grigio portano a una loro rilettura in condizioni di neutralizzazione, che spero originino uno sguardo "altro" e allo stesso tempo dichiarino una certa condizione di perdita dei modelli di riferimento e delle cognizioni abituali.

Oggetti di affezione che per le loro caratteristiche di deformazione, inconsistenza e paradosso si fanno riguardare come soggetti, entrando in relazione con la nostra memoria e la nostra esperienza di questi. E' un po’ come se si collocassero su un piano di virtualizzazione concreta, perdendo di colpo il loro "raffigurarsi". Non sono più oggetti, non sono più nulla.

Dopo anni di computer e una sorta di esaurimento di troppo digitale ho ricominciato a lavorare con le mani. In questo senso cercavo un materiale, cercavo una immagine che mi desse lo stesso paradosso visuale che c'era nelle fotografie. Ho incominciato a lavorare con le gomme, le più disparate: siliconi, uretaniche, poliuretaniche.

 

Testi - Loris Cecchini Dotsandloops 2009 Skira edizioni.

 

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