Giulia Cenci  
 Ritratto basso #3 / Ritratto basso #4 / Autoritratto basso, 2014 polyester, marble dust, clay variable dimension
GIULIA CENCI
“La terra bassa”
 
 



La mostra appare come una veduta bloccata, schiacciata, "già consumata". Un'emersione composta da oggetti e residui di altrettanto bassa rilevanza. In ognuno di questi la superficie viene indagata come un luogo capace di registrare la presenza del tatto e del gesto scultoreo, i quali sono cristallizzati nella freddezza dei materiali plastici che duramente cedono alla malleabilità.
Le diversità delle superfici diventano quasi un attestazione di presenza, la volontà di rivendicare un'azione (volontaria -nel caso scultoreo- o involontaria) che prima o poi modifica l'aspetto delle cose, così come di noi stessi. I lavori presenti mostrano delle duplicità: l'appartenenza a forme e disegni conosciuti e ripetuti nel nostro presente così come una dichiarata manualità la quale li ha scavati, modellati, ridotti all'osso o pietrificati. Ma entrambe queste caratteristiche si combattono all'interno dei singoli oggetti, divenendo qualità incomplete e mal riuscite, trasformando gli oggetti in contenitori ibridi il cui posto non è garantito se non nei pochi centimetri di mostra rimasta, nello scarto tra lì e il suolo.

 

 

 

  Giuli Cenci

                                Mezzobusto, 2014

 


“…il vasaio Butade Sicionio scoprì per primo l’arte di modellare i ritratti in argilla; ciò avveniva a Corinto ed egli dovette la sua invenzione a sua figlia, innamorata di un giovane. Poiché quest’ultimo doveva partire per l’estero, essa tratteggiò con una linea l’ombra del suo volto proiettata sul muro dal lume di una lanterna; su quelle linee il padre impresse l’argilla riproducendone il volto; fattolo seccare con il resto del suo vasellame lo mise a cuocere in forno”.
Plinio il Vecchio (Naturalis Historia, XXXV, 15 e 151)


“Un paese di bambola, non le pare? Non s’è risparmiato sul pittoresco! Ma non l’ho portata in quest’isola per il pittoresco, caro amico. Tutti possono farle ammirare delle cuffie, degli zoccoli, case dipinte dove i pescatori fumano tabacco fine in mezzo all’odor di trementina. Io sono invece uno dei pochi che possa farle vedere quel che c’è d’importante. Eccoci alla diga. Dobbiamo seguirla per essere quanto più lontano possibile da quelle case troppo graziose. Sediamo, la prego. Che ne dice? Fra i paesaggi negativi, è il più bello! Guardi a sinistra quel mucchio di ceneri che qui chiamano duna, la diga grigia a destra, ai nostri piedi la spiaggia livida e davanti il mare color lisciva chiaro, il vasto cielo dove si riflettono le pallide acque. Un inferno soffice. Solo linee orizzontali, non una tinta forte, lo spazio è senza colore, la vita morta. Non è il disgregarsi universale, il nulla reso sensibile alla vista? Niente uomini, soprattutto, niente uomini. Lei ed io soltanto, davanti al pianeta finalmente deserto!”
A. Camus, La Caduta


"Il corpo è come un vaso o come un ricettacolo dell'anima."
(corpus quidem quasi vas est aut aliquod animi receptaculum). (t, 52-53) Cicerone, Tusculana



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