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Artext -
C'è una radice, un'origine, una costellazione cha ha
dato senso al tuo lavoro?
Claudio Parmiggiani -
Ho ricevuto un'educazione di tipo rinascimentale,
umanistica, come del resto altri artisti della mia generazione,
un'educazione preziosa, disegnando le cose dal vero, le forme
in prospettiva, lo studio delle ombre, delle luci. Osservare
il movimento di una linea, la forma di un corpo, il tremito
di un velo, come si irradia la luce, come un'ombra si appoggia
al mondo, come lo sfiora. Sentire l'ombra come carne incorporea
appesa al tempo, la metamorfosi di un colore nella rifrazione
della luce, un volto dentro il cristallo di una lacrima: è qualcosa
che è dentro l' occhio - equilibrio, forma, spazio,
geometria - che è bellezza e luogo di profonda malinconia.
Ed è stato anche un modo per comprendere una cosa importante;
cosa sia la misura.
Artext - Incontri
e frequentazione dell'arte... Giorgio Morandi ad esempio.
Entrare nel suo studio, racconti - varcare quella porta era
oltrepassare un mondo... ogni giorno una picola icona, ogni
giorno una parola dipinta.. lo studio di Morandi era realmente
un mondo metafisico dentro la realtà,
non dentro l'illusione della pittura... un quadro dentro il
quale aveva stabilito la sua dimora... la sua unica e grande
scultura...
Claudio Parmiggiani -
La sua casa mi ricordava moltissimo quella di mia zia Onorina
a Suzzara. Finestre socchiuse per tenere fuori il caldo e il
mondo, solo il tic-tac del pendolo; tutto era immobile. Nel
suo studio ho compreso il significato metafisico della polvere.
Spesso andavo a trovarlo in via Fondazza nei pomeriggi d' estate
e nella penombra della cucina mi parlava di Piero e dei Caracci.
Teneva appeso in camera da letto un bellissimo disegno di Seurat.
Artext - Eppure
in seguito non hai mai dipinto, propriamente.
Claudio Parmiggiani -
C'è qualcosa
di molto bello, di straordinario nel gesto stesso, ancora oggi,
di dipingere un quadro... come una icona, sacra per sempre.
Mi considero un pittore perché quello che faccio ha
origine da una tradizione, continua e vive dentro quella tradizione.
Ma non ho mai dipinto un solo quadro... non è mai stato
dipingere un quadro, dentro un quadro, lo stimolo, ma mettere
un'opera nello spazio... come una icona inchiodata al cielo...
dentro il corpo vivo dello spazio... dentro l'angoscia ed il
sentimento dello spazio... Per me dipingere è questo.
Artext - Sembra
che la tua sensibilità si sia formata
più attraverso la frequentazione della poesia e della
letteratura che attraverso la storia dell'arte.
Claudio Parmiggiani -... Parola
e immagine sono due mondi che si cercano, che hanno bisogno
di stare vicini, anche se sono due mondi ed è bene così.
Sì, c'è sempre stata, c'è una necessità degli
artisti di avere accanto la parola dei poeti per far sentire
l'arte meno sola.
Artext - E di
Luciano Anceschi -
Claudio Parmiggiani -
Luciano Anceschi l' ho incontrato la prima volta intorno al
1966-1967 a Modena, la città dove allora vivevo. Colpiva
in lui l'esile voce, dentro quella fragile delicatezza, la
profondità,
la saldezza, il sentimento di una durevole verità.
Non ho mai voluto tanto chiedergli.
Mi bastava la sua solidarietà - mi era sufficiente saperlo
accanto, fratello dentro la comune convinzione che punto di
riferimento capitale è sempre la poesia vivente, in
cui e per cui viviamo e che poesia è resistenza al tempo, è vittoria
sul tempo. Ma era sufficiente quella limpida forma del suo
pensiero che, forzando appena una bellissima espressione di
Spinosa, si sarebbe così ben potuto commentare: "Aesthetica
ordine geometrico demonstrata".
" Dedicato a Giovanni Pisano, 2007. Calco di cuore umano
fusione in acciaio, esemplare de La Divina Commedia"
Artext - Di " Delocazioni " realizzate
mettendo delle tele alle pareti e poi saturando di fumo tutta
la sala in modo da accelerare l'azione del tempo, così che
in venti minuti si potesse avere l'effetto che può creare
il tempo in cinquant' anni...
Claudio Parmiggiani - "Delocazione" che
ho realizzato nel 1970 era un lavoro nato dall'osservazione
di uno spazio, un ambiente trovato all'interno di un museo,
un luogo abbandonato, dove le uniche presenze erano le impronte
degli oggetti che avevo rimosso. Un ambiente di ombre, ombre
di tele rimosse dalle pareti, ombre di ombre, come veder dietro
un velo un'altra realtà velata (...) e così via
perdendosi all' infinito, cercando un' immagine e attraverso
questa immagine il desiderio di intravedere se stessi..
Avevo presentato questo ambiente di ombre come opera: un luogo
dell' assenza come luogo dell'anima.
Artext - Quale spazio, quale
senso cerca oggi un' opera? Che cosa significa esporre? Che
cosa significa fare arte oggi?
Claudio Parmiggiani - Un' opera è sempre
un viaggio verso il tutto e verso il nulla e nessuna parola è in
grado di svelare quel mistero che è la sua vita profonda
e il suo infinito.
Posso solo parlare della sua forma visibile, premettendo che
un'opera non è mai un gesto di buona educazione, né tranquilizzante,
né ottimista ma un gesto duro, radicale, estremo.
E' un' opera questa, fatta di cenere, un'opera immateriale,
fatta di silenzio e con la materia del tempo. Un' opera fatta
di parole bruciate: delicata come le ali di una farfalla.
Farfalla in greco si traduce psychè e psychè significa
anche anima. Un' allegoria,
una metafora, un percorso da una
dimensione fisica ad una dimensione metafisica.
Vorrei anche sottolineare, l'importanza che ha per me lo spazio.
......
Non solo lo spazio dell'opera ma l'opera dello spazio.
La realtà di un' opera comincia al di là di ciò che
di essa è visibile.
Artext - Quasi
come un' immagine riflessa.
Claudio Parmiggiani - Aver sempre
presente quella cosa essenziale che è la misura, così come
saper trattenere se stessi e lasciare respiro all'opera perché questa
possa mostrarsi unicamente nella sua secchezza e nella sua
assolutezza, per apparire in tutta la sua complessa immediatezza,
come generata dal miracolo.
L' autore deve apparire nell'opera come un' immagine riflessa
nell' acqua, presente ma assente.
Artext - A volte parli del tuo
studio, e dici che è un luogo per dar forma fisica alle
immagini, che con insistenza chiedono di poter esistere...
Claudio Parmiggiani - Lo studio è come
la stanza dell' oppiomane, gli oggetti cambiano di dimensione,
l'udito, la vista e gli altri sensi si confondono, d'un tratto
sembra di essere sdraiati sul soffitto. Le immagini evocate
fluttuano, amnios e oceano.
Quasi sempre le mie opere sono nate in quelle ore in cui all'oscurità succede
la luce, quando la notte volge all'alba, in quel breve spazio
di tempo in cui la mente è pura
e dal nulla le immagini prendono forma e si imprimono limpide
e vere.
Non ho mai sentito l'esigenza di uno studio di grandi
dimensioni.
Il migliore degli studi è la mente.
Artext - E dici anche che nel tuo lavoro, all'origine ci
sia stata un'unica immagine, una immagine assoluta che ha illuminato
le opere future..
Claudio
Parmiggiani - Se vedo una direzione nel mio
lavoro?
Vedo una progressione circolare. Da un certo punto di vista
penso di avere avuto una sola idea nella mia vita e che tutto
il resto non sia stato altro che cercare di avvicinarmi alla
natura intima di quell' idea, come un amanuense, l' amanuense
che passa una vita davanti a una pagina bianca e su quella
pagina traccia dei segni come una pratica morale per tutta
la vita, sempre su quella pagina, sempre con lo stesso inchiostro,
sempre con le stesse parole.
Artext - In definitiva dunque come guardare un quadro anche
quando l'unica presenza è l'assenza.
Claudio Parmiggiani - Un libro,
celebre in Italia, si intitola: Come guardare un quadro. Ricordavo
questo aggiungendo ora un' osservazione.
Questo lavoro, (delocazione) che è per me un prologo
ma forse l' epilogo di un' opera iniziata oltre trenta anni
fa, significava, allora, anche considerare, nell' osservazione
di un quadro, l'esigenza di un punto di vista ulteriore, diverso
da quello che lo spazio interno all'opera abitualmente esige.
Significava ad esempio sopprimere l'opera, come un ostacolo,
una porta chiusa, un limite ad
un' esigenza ulteriore dell'
occhio.
Osservare al di là del quadro, oltre la sua realtà.
Osservare l' impronta luminosa della sua anima, come guardare
le cose ad occhi chiusi. Metafora, iconoclastia; un gesto radicale,
liberatore. Per esempio, prendere un quadro, staccarlo dal
muro e gettarlo per sempre.
Osservare il bianco fatto di luce che lascia; osservare l'
infinito che questo bianco e questa luce ci indicano. Come
aprire finalmente una finestra luminosa sul mondo.
da - Stella sangue spirito - Claudio Parmiggiani.
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