SHELL LIKE
... …. L’incontro con un oggetto preso dalla spazzatura o da un rigattiere ha una natura spesso alterna e, in alcuni casi, è lui stesso a esortare il lavoro.
La sua forma, il suo design essenziale, la sua ergonomia, progettata per l’uomo, è metafora del suo pensiero e del suo agire.
Il tentativo è quello di recuperare anche solo in parte queste forme antropomorfe, cercare di proteggerle attraverso gusci di legno fragili e precari perché possano diventare un punto di partenza per la costruzione di protesi e sovrastrutture.
Nello specifico, sono attratto da oggetti in cui è presente una forte struttura lineiforme, utile per creare un sistema di relazioni tra i punti di forza dell’oggetto e lo spazio architettonico che lo ospita.
Il ri-fare, il ri-creare, il ri-costruire nuove forme prevale sul già dato, fatto, creato.
Trascurando la funzione originaria dell’oggetto e pensando alla sua forma, comincio a smontare e ridurre in frammenti, destrutturando l’oggetto medesimo. Di conseguenza, il frammento richiama l’esigenza percettiva, da parte dello spettatore, di un completamento degli indizi disseminati nello spazio e di un incontro del senso delle cose.
Questo insieme di relazioni crea delle strutture elastiche capaci di ingrandirsi ed estendersi notevolmente fino a occupare l’intero spazio o diventare esse stesse architettura. Nel loro intrecciarsi, incrociarsi ed estendersi, si ri-disegnano nello spazio, creando nuove forme e volumi, cercando relazioni altre.
Quello che rimane è il gesto, l’urgenza del fare; il processo costruttivo visibile congelato in una delle sue innnumerevoli fasi, mai definite e definitive.
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