Le espansioni avanzate
Una riflessione sulle origini del Filo, che ormai risale a 35 anni fa, mi riporta al clima artistico degli anni ’70 che era fortemente politicizzato e trovava nel’Arte Concettuale il terreno fertile per la così detta dematerializzazione dell’oggetto artistico.
All’epoca ero studente di arte e pittura alla University of Massachusetts, Amherst, ed i miei primi contatti con la scena artistica Newyorkese mi fecero presto capire come la strada della pittura sarebbe stata difficile e quasi improponibile in una situazione di gallerie semivuote e caratterizzata da quella che in seguito ironicamente venne chiamata “push pin art”.
Ma la pittura non volle abbandonarmi del tutto (o forse io ne ero intimamente coinvolto visto le mie origini fiorentine) e fu così che con l’uso dei I colori acrilici capii che il colore aveva perso l’aura mistica della sua compenetrazione con la superficie ed era diventato laico, comune, diluibile con acqua ed una volta essiccato rivelava la sua essenza plastica e malleabile. E quindi fu così che il colore acrilico diventato materia, e quindi oggetto, si separò definitivamente dalla madre tela e ne inglobò il suo elemento costitutivo ed archetipico: il Filo.
La sua identità peculiare fatta di colori primari lo legarono alla storia dell’Arte Moderna del ‘900 ( ma anche al gioco infantile) e la sua essenza minimalista e tridimensionale gli consentirono negli anni a cavallo fra i ’70 e ’80 di mettersi in viaggio nei vasti territori del Postmoderno e di intraprendere una sua storia incontrando le più diverse situazioni e mescolandosi alle realtà che di volta in volta il suo compagno di strada ed autore gli proponeva.
Il Filo non viene dipinto ma semplicemente fatto, creato nell’infinito succedersi di momenti morfologicamente unici e che danno origine ad uno sviluppo qualitativo e quantitativo che tende all’infinito. La forma filo nasce dalla decostruzione della tela e dall'estrusione del colore-materia dall'orifizio del tubetto..
Da questo binomio inscindibile parte un nuovo episodio dell'eterno dialogo soggetto-oggetto, una sorta di epifania laica che da allora si dipana nello spazio e nel tempo. Il Filo diventata quindi il medium con cui il colore, trasformandosi in oggetto del mondo, mi consente di conoscere il mondo stesso e il mio personale rapporto con la realtà che via via si affaccia al gioco eterno della vita.
Tutto ciò attraverso il piacere della scoperta continua della forma, della comunicazione e della possibilità di creare un ponte “amorevole” con gli altri.
I progetti Artist in Presence realizzati fin dal 1981, sono stati e sono comunque e sempre concepiti con l’intenzione di mettere in atto una sorta di “bridging process” con lo spettatore. In definitiva il Filo tenta di creare un grado 0 di relazione fra artista e fruitore allo scopo di dar vita ad un clima di partenogenesi magica e ludica di tipo appunto “verginale” e quindi avulso da ogni dimensione appartenente alla sfera economica. Se l’incontro sarà buono se ne potrà trarre linfa vitale dalle radici della memoria e far germogliare energia creativa allo stato puro e profondo.
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