Be Andri  
 Be Andr Untitled (Art), 2012, 80 cm x 100 cm. Acrylic paint on canvas
TRANSFORMATIVE LIMITS
Klas Eriksson   Be Andr
 
 

TRANSFORMATIVE LIMITS
A cura di Lorenzo Bruni

CONFERENZA STAMPA
interventi
Eduardo Secci, Gallerista
Lorenzo Bruni, Curatore
Klas Eriksson, Artista
Be Andr, Artista

Eduardo Secci  :
Buongiorno a tutti. Sono onorato di aprire questo nuovo ciclo di mostre con artisti giovani e internazionali. Vogliamo far rivivere a Firenze quella espressione d’arte che un tempo aveva nel mecenatismo delle gallerie il suo impegno a captare al meglio le nuove tendenze dell’arte contemporanea, a trovare artisti alle prima esperienza in Italia e presentarli in una mostra, in uno spazio, con la cura di un critico che ne rilevi i meccanismi da cui nascono i lavori. In questa circostanza abbiamo accostato Be Andr che lavora a Londra ad Klas Eriksson che vive in Svezia, entrambi scandinavi, in dialogo in una doppia personale.
 “Attitudini di reazione al presente dell’informazione” è il tema che Lorenzo Bruni come curatore della mostra ha indicato e sviluppato nei dialoghi sul catalogo.

Indaffarato dagli ultimi preparativi Edoardo Secci si allontana.

Lorenzo Bruni :
Lo spazio della galleria è stato pensato per una doppia personale con le opere di Be Andr e Klas Eriksson, con una sala centrale che funziona come spazio di incontro.
Si tratta di opere che variano da sculture con lettere in legno a testi in vinile posti su superfici specchianti, da grandi quadri astratti realizzati con fumogeni da stadio a video di azioni performative, da opere fotografiche ad interventi site specific.
Quello che avvicina i due artisti di origine scandinava non riguarda i risultati formali, bensì l’attenzione al potenziale incontro tra io e attorno e il puntare ad amplificarne le implicazioni sul piano non solo fisico e ottico, ma anche e soprattutto su quello psicologico.
La novità della loro ricerca consiste nel voler considerare questa meta (evocare e concretizzare il possibile dialogo tra l’osservatore e l’ambiente che esso attraversa) non come il fine, ma come il mezzo con cui aprire una discussione proficua attorno a cosa comporta oggi condividere con gli altri diversi da sé questo tipo di consapevolezza.

Artext  :
Come è nato il titolo della mostra "Trasformative Limits" che sembra evocare un conflitto non risolto tra "attitudine adattiva" e forme virtuali dei processi cognitivo/esperienziali del web.

Lorenzo Bruni :
Abbiamo pensato a lungo ad un titolo condiviso da tutti. L’idea è quella di cambiamento, di limite e confine, individuato anche in senso formale, ovvero “forzare gli schemi, forzare le tecniche” e soprattutto il modo in cui le persone alle mostre, interpretano a primo livello le loro opere.
Ovviamente ci sono molti rimandi sui limiti del linguaggio, l’era digitale, e le metafore che da questi processi si innescano.
Osservare in dialogo le loro due ricerche è un modo per fare i conti con l’enorme serbatoio della memoria collettiva che abbiamo adesso a disposizione e interrogarsi su quale possa essere un’idea di futuro collettivo possibile praticabile, visto che siamo come imprigionati in un grande presente espanso dove tutto diventa già passato ed, allo stesso tempo, eterno come accade per i video su Youtube.
Le opere dei due artisti confrontandosi con questa situazione è come se suggerissero allo spettatore:
look - It is right here! Che la soluzione è lì, ma dove e per cosa o per chi?

 

  Klas Eriksson

                                    Klas Eriksson Good Cop, Bad Cop, Dead Cop, 2015
                                    Spray al peperoncino su tela 200x200 cm


La conversazione con gli artisti prende inizio con gli autori davanti ai propri lavori.

Lorenzo Bruni :
(rivolto a Klas ) Puoi parlare di come nascono e cosa aggiungono in questa tua riflessione le opere basate ”sull’ironia della violenza” come il quadro con lo “smile” realizzato con lo spray al peperoncino o la rete antisommossa che crea una installazione nella stanza in cui si fermano e rimangono intrappolati tanti aereoplanini di carta?

Klas Eriksson :
Lo spray al peperoncino e la rete antisommossa derivano dalla cosiddetta “cultura da stadio” (terrace culture), e sono decontestualizzati al fine di proporre nuove domande e interpretazioni alternative di questi articoli.  Il ricorso allo spray al peperoncino come strumento per dipingere, spinge a riflettere sull’aspetto ludico connaturato all’impiego di un materiale usato dalle forze dell’ordine; vedere lo spray al peperoncino spruzzato in faccia alla gente non è un’azione insolita nelle performance di pittura del corpo anni ’70, nei rituali e così via. Ho usato lo spray al peperoncino nel mio studio e sono quasi svenuto. È diventata una sorta di action painting; trovandomi ad agire da poliziotto nei confronti di una tela distesa, ho fatto uno “smile”.
La rete nasce da alcune esperienze durante le partite di calcio, quando i tifosi usano fogli di carta di colori diversi, li piegano a forma di aereoplanino e li gettano nella rete tra le cui maglie restano incastrati.
Portare questa esperienza nella sala di una galleria d’arte ha creato una nuova interpretazione, ostile, da un lato e giocosa dall’altro. La rete funge da divisorio, rieccoci con la dicotomia caos e controllo, forse si tratta di una costante vivida nella mia prassi artistica.
L’obiettivo primario è sempre stato il colore e la forma, non posso scorgere alcuna ironia in queste opere. L’ironia è qualcosa che non mi interessa quando si parla di arte. A volte uso l’umorismo che è qualcosa di completamente diverso, l’umorismo può essere usato per ottenere un certo stato mentale, credo.
Ma le opere collettive, anche con i colori e le forme legate alla cultura da stadio, le concepisco più come dipinti o sculture su larga scala che interagiscono con una data architettura.

 

  Be Andr

                                      Be Andr ROAD, 2014, wood, cardboard, 200 cm x 220 cm.
                             


Spostandosi di qualche metro e girando attorno ad una scultura di grandi dimensioni  “ROAD” di Be Andr.  

Lorenzo Bruni :
Non diverso è il movente per cui Be Andr adotta delle sentenze, così possiamo definirle, in lingua
inglese, e del perché le oggettualizza in sculture o immagini per poi collocarle nello spazio reale, in modo tale che i significati siano influenzati dalle condizioni ambientali in cui sono esperite. Ad esempio, l’opera dal titolo “ROAD” (esposta la prima volta alla Saatchi Gallery di Londra) è composta da cinque lettere in legno disposte al centro della stanza in cui la congiunzione OR sovrasta AND. Le variazioni linguistiche che ne emergono sono permesse dall’introduzione del movimento e del tempo utilizzato dallo spettatore per girarvi attorno. Ogni punto di vista si rivela valido e fondatore di un’immagine/significato, valido sia sul piano visuale che su quello semantico. Risulta, pertanto, evidente, che una verità di interpretazione non può sussistere e si apre piuttosto un’importante questione intorno allo statuto attuale della scultura, dell’assamblage estemporaneo e della segnaletica urbana.

Una tua opera del 2012 consiste in un quadro con dipinto sulla superficie la parola ART che però è sbarrata, come cancellata, da una banda orizzontale nera posta al centro delle lettere. Cosa rappresenta per te questo lavoro? E’ una negazione della parola arte o dell’aspetto feticistico verso l’oggetto quadro? Oppure è un aprire il dibattito attorno a cosa si può considerare arte?

Be Andr :
L’opera mette in discussione l’arte e la contraddizione secondo la quale l’arte non è necessariamente l’oggetto e gioca con l’idea che l’arte possa coincidere con l’esperienza dell’oggetto piuttosto che con l’oggetto stesso.

Alla parete davanti ad una grande tela astratta di Klas Erikson.

Lorenzo Bruni :
Dal 2012 la tua produzione artistica, che fino a quel momento è stata caratterizzata da happening nello spazio pubblico/sociale, è stata arricchita da una serie di grandi dipinti astratto-informali. Cosa ti ha portato a realizzare questi quadri in cui i vari colori si rincorrono e si stratificano sulla superficie?

Klas Eriksson :
Nel 2007 ho cominciato a eseguire opere collettive in ambito pubblico. Attualmente sto sperimentando un approccio più convenzionale, trovandomi da solo in studio, flirtando con l’immagine romantica dell’artista, se vuoi. Questo mi ha portato a fare per conto mio le stesse performance collettive, realizzando con il fumo sculture temporanee più grandi (Curva Viola, Biennale di Bucarest 5, 2012; Colors, Colors, Colors, Alingsås Svezia, 2013; Smoking Low, Skanka Loss Festival, Svezia, 2013).
Sono tornato alla pittura, ma senza rinunciare a usare lo stesso medium impiegato nello spazio pubblico, mantenendo inalterato lo stesso brutale approccio performativo. Nei dipinti (Smoke on Smoke, la serie S.O.S) la stessa sensazione e atmosfera è creata nell’area in cui sono dipinti. È un procedimento in tre fasi: Si applica il colore, si muove il pigmento con diversi strumenti e infine si applica altro colore, per esempio il fumo. A volte questa procedura può rappresentare una vera e propria sfida, perché il fumo non può essere controllato mentre lo si applica, e ancora una volta lo spazio pubblico ne viene saturato.
Questa prassi artistica si rifà alle pitture di fuoco di Yves Klein e ad altri artisti concettuali attivi nello stesso campo negli anni ’70. L’originalità del mio approccio risiede nella dimensione collettiva del materiale artistico, fatto per essere impiegato sugli spalti degli stadi, e non per gli atelier.

Lorenzo Bruni :
La scelta di solidificare un materiale come il fumo colorato su un supporto classico come quello della tela è dovuto ad una tua lettura dissacrante dell’opera d’arte? Oppure è un tuo tentativo di osservare il fumo in una cornice lirica e paesaggistica inedita oggi, ma che ha invece radici nel periodo della pittura romantica dell’Ottocento?

Klas Eriksson :
L’idea, in un certo senso, è quella di catturare un materiale di grande spazialità su una tela di dimensioni contenute. In un certo senso le mie opere sono una riflessione sui dipinti di Turner. A prima vista non si distinguono da altri dipinti astratti realizzati con strumenti tradizionali, ma osservandoli più da vicino non possono essere interpretati come dipinti astratti nel senso convenzionale del termine, credo. Questo modo di lavorare è da sempre il risultato di un vivo interesse e di un facile accesso all’opera d’arte prestabilita, ma una lettura più attenta porta a prendere in considerazione qualcosa di completamente diverso

Ambiente adiacente dedicato ai lavori a parete di Klas Eriksson.

 

  Klas Eriksson

                                    Klas Eriksson Wanderers FC above Sea with smoke, 2014 Photo,
                                    Epson print on fine art paper 31,5x45,5 cm


Lorenzo Bruni :
Pensi che il linguaggio e le immagini della realtà abbiano perso la loro efficacia nella nostra era del villaggio globale e post ideologica? Le tue opere sono una reazione a questa condizione? Cosa è arte per te?

Klas Eriksson :
Credo che l’arte dovrebbe rappresentare una sfida, essere diffusa ma di non facile accesso; sotto il profilo intellettuale deve sempre offrire nuovi spunti. Non credo che le immagini della realtà abbiano perso il loro potere. In effetti è estremamente soggettivo stabilire che cosa sia la realtà, un problema intensificato dalla diffusione di internet e di diverse culture. Concepisco la realtà come un continuo avanti-indietro tra universi paralleli. Ciò che è realtà per me non rappresenta niente per qualcun altro. Forse alcune realtà sono create solo per non essere estromessi dall’ordine del mondo, anche se questo ha più a che fare con le convenzioni sociali. L’idea che possiamo avere risposte su tutto sminuisce la mente umana, credo.

Curatore, artisti e presenti si spostano, scendendo le scale in un ambiente dedicato alle installazioni di luce e video.

Lorenzo Bruni :
Le tue opere sono sempre contraddistinte da parole e frasi che cercano un nuovo ordine spaziale nella realtà fisica occupata dall’osservatore stesso. Questa spazialità “percettiva” (al limite tra scultura e pittura) trascende la dimensione a cui solitamente è relegata la scrittura, come la pagina stampata o lo schermo digitale. Da cosa è nata questa tua esigenza?

Be Andr :
La mia educazione è sempre stata imperniata essenzialmente sull’oggetto, mentre la mia mente tende al superamento di questi confini. Immagino che sia questo ad avermi spinto a interrogarmi costantemente sulla natura dell’arte – spaziale o concettuale? È un’idea o un oggetto? È una parola o un’immagine? … o forse un’esperienza? Mi interessano l’ipertesto e l’effimero; perlopiù gli oggetti che realizzo sono portatori di un’interessante contraddizione – Ho sempre apprezzato gli opposti…

 

  Be Andr

                         Be Andr UCAP, 2014, stainless steel, 180 cm x 145 cm. Installation view
                         Saatchi Gallery, London
                             


Lorenzo Bruni :
Da quello che dici, le tue opere sono da considerarsi come dei dispositivi che propongono non un concetto o una rappresentazione del reale, ma prima di tutto una piattaforma di discussione in cui elementi in conflitto e opposti tra di loro si incontrano sullo stesso piano. E’ cosi? Quale risultato ti aspetti? Quanto pensi che sia influente la presenza dello spettatore nel risultato finale della tua opera?

Be Andr :
Mi interessa riflettere – ma più importante ancora è fare riflettere lo spettatore. Credo che questa sia la mia unica responsabilità artistica. Non credo che l’arte possa cambiare il mondo ma credo che l’arte possa innescare pensieri e riflessioni che hanno il potere di trasformare. Mi trovo spesso a riflettere sul motivo che ci spinge a concentrarci sulla superficie e sugli oggetti, anche se non è questo il mio intento principale. Spero che lo spettatore prenderà in considerazione il “quadro” più ampio invece di soffermarsi unicamente sull’arte. Come gli spettatori traducono e interpretano i limiti dell’arte nel mondo reale è molto più interessante dei suoi oggetti, ideazioni e limiti.

Arabella :
Puoi raccontarci come si è sviluppata la mostra dal primo incontro con Klas..

Lorenzo Bruni :
Pensavamo di realizzare una mostra sul paesaggio, quando poi è venuta l’idea di fare una doppia personale abbiamo cercato Be Andr e iniziato una riflessione diversa su che cosa è il paesaggio, soprattutto quello su Internet, completamente smaterializzato. Forse perché è importante pensare al paesaggio che viviamo e che lo spettatore vive in quell’istante… – di un paesaggio che esiste nel momento in cui c’è un rapporto tra spettatore e questi dispositivi, che li fa riflettere sulla propria presenza.

Sergio :
Cosa riconosci come “Scandinavo” in questi lavori?

Be Andr :
Io sono legato alla cultura europea della mia generazione. Mi interessano l’ipertesto e l’effimero; perlopiù gli oggetti che realizzo sono portatori di un’interessante contraddizione – Ho sempre apprezzato gli opposti…

Lorenzo Bruni :
…e del tuo progetto su Antony Gormley? Perché hai sentito l’esigenza di ricoprire il ruolo di curatore? Che tipo di relazione c’è con il tuo modo di praticare e manifestare l’opera d’arte?

Be Andr :
Per me non c’è alcuna differenza tra essere un artista ed essere un curatore. Secondo Boris Groys, il curatore indipendente fa esattamente le stesse cose dell’artista contemporaneo. Fare arte ai giorni nostri significa scegliere cosa vuoi che diventi arte – anche quando curi una mostra operi una scelta. È davvero la stessa cosa. Con la mostra su Antony Gormley volevo riflettere sulla relazione esistente tra arte e natura. Ho trovato questa affascinante cascata alta 705 metri chiamata Mardalsfossen in un fiordo in Norvegia e ho collocato una scultura di Antony in mezzo alla foschia che si sprigiona dalla cascata. Esporre la scultura di Antony in questo scenario ha messo in discussione talmente tante cose, e questa cascata controllata dall’uomo solleva altri quesiti fondamentali sulla natura, l’arte e l’autenticità. 20.000 persone hanno visitato la mostra nei primi due mesi dalla sua apertura, tanto che abbiamo deciso di prolungarne la durata fino all’autunno 2015 …

le conversazioni poi proseguono a due, a tre.


Sabato 17 Gennaio ore 12:30
Galleria  Secci
Via Maggio 51  Firenze 2015



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