Luca Vitone    
  Prêt-à-porter, 2004, 141 diapositive, 2 cannocchiali, balaustra. Foto: Luca Ficini
 
Luca Vitone  
Prêt-à-porter  
 
   
 

 

PRÊTE à PORTER 
     - Il catalogo -



Stefano Pezzato
Una delle caratteristiche del lavoro di Luca Vitone è decisamente l’attenzione al territorio. Una attenzione non solo di tipo geografico e cartografico, come nel caso di “Rilievo marino” proposto dall’autore per coprire l’intera parete dello spazio a piano terra del Centro Pecci, ma in termini più ampi si tratta quasi di una mappatura dell’Italia attraverso l’immagine stereotipa della cartolina.
L’Italia è in parte paesaggio da cartolina. Penso all’immagine della Toscana vista da fuori, una terra ed un paesaggio reso oggetto di modificazioni continue che ha generato secoli di grande arte.
E’ questo uno degli impegni del Centro per l’Arte Contemporanea che da oltre 20 anni con progetti legati al contemporaneo propone anche una educazione ai linguaggi di oggi, per vedere il mondo attraverso l’oggetto d'artista.

Per tornare a questo libro il Rilievo marino e cartografico della esposizione è diventato la splendida copertina disegnata da Daniele Gasparinetti insieme a Luca Vitone. Un catalogo che nella lavorazione è diventato un oggetto altro, quasi un libro di artista.
All’interno la documentazione fotografica di un lavoro molto interessante. Si tratta di una parte del progetto espositivo, una mappatura dei luoghi e del cibo di strada, il cibo della tradizione popolare.
Ovviamente un elemento non solo da assaporare, non solo un giacimento gastronomico ma soprattutto culturale, un elemento che ha come valore l’identità del luogo. A questo proposito mi piace citare qualche riga delle pagine intelligenti che Davide Paolini ha scritto :

“Ogni città ha il suo cibo di strada. Di semplice preparazione, ma di complessa ed antica origine, radicalmente legato alla cultura ed alle tradizioni alimentari del territorio circostante, ma presente solo sulle bancarelle o chioschi del centro urbano, il cibo di strada può probabilmente essere considerato come la più schietta e “sincera” forma di offerta gastronomica, la meno influenzabile da mode passeggere, cambiamenti di gusto e tendenze di vario tipo; questo perché il retroterra culturale del cibo di strada è costituito da valori e tradizioni di centennale memoria, fortemente radicati nella mentalità e spirito di autocoscienza dei cittadini.
Che appaiono e scompaiono continuamente, dagli angoli delle città, wine bar, fast food, sushi-bar o birrerie, è qualcosa di pacificamente accettato da tutti. Ma provate ad immaginare da che spirito di smarrimento e di angoscia sarebbe pervaso un palermitano che aggirandosi per le strade del centro storico, non trovasse neanche un chiosco dove comprarsi un pani cà meusa o degli arancine di riso, di quelli conditi con ragù di carne e piselli. E un fiorentino che non avesse la possibilità di gustare un panino col lampredotto, non si sentirebbe forse derubato di un importante tassello della sua stessa identità?

In fondo è di questo che Luca Vitone parla, questo è ciò che gli interessa quando ci presenta questi documenti, quando compie questa ricerca sul territorio.
Dietro al cibo di strada, come dietro la musica popolare, la musica di tradizione, le fiabe e le storie presentate nei lavori dal titolo “Pratiche del luogo” c'è l’identità stessa di un posto, di una città, di una regione.



 

Luca Vitone

Luca Vitone Mare nostrum, 2004
49 cartoline, pittura murale
progetto per il Centro per l'Arte Contemporanea L.Pecci
4 dicembre 2004 - 31 luglio 2005

 


Luca Vitone
Il cibo come la musica, sopratutto parlando di cibo di strada e quindi di cultura popolare, della gastronomia come della musica popolare e folk che si trova nelle diverse forme su tutto il territorio nazionale fanno parte della cultura materiale, di quell' aspetto della cultura materiale di tradizione orale e quindi facilmente estinguibile.
E' questo uno degli elementi che più mi ha affascinato. Che poi io faccia mappature golose rientra piuttosto nel mio essere un goloso assaggiatore.
Questi due elementi della cultura materiale sono anche quelli che più facilmente riescono a far incontrare e a creare relazioni tra persone di culture e di lingue e saperi diversi.
Per cui fin dall'inizio del mio percorso artistico gli ho assunti e utilizzati a fianco di altri elementi, come la cartografia che forse è la convenzione che abbiamo dato alla lettura del territorio e dunque uno degli elementi primi del mio tracciato artistico.

Questo è cio che ho sviluppato nella mostra
C’è inoltre nel testo di Pezzato una attenzione molto precisa quando analizza i miei riferimenti;
e quindi l’idea di cartografia che parte da Vermeer per arrivare a Boetti, le considerazioni sul cibo di Spoerri, l’idea di “Mappa pscicografica” teorizzata da Debord, fino ad
arrivare ad una rappresentazione iconografica dell’ Italia, tutti temi esposti in maniera molto attenta ed esauriente con particolare attenzione ai collegamenti con le altre discipline, il cinema ad esempio.

Per quanto riguarda il libro, tutti i materiale – i testi, il contributo di Paolini che è un esperto gastronauta e curioso ricercatore di giacimenti gastronomici particolari – che per l'occasione ha presentato un testo esauriente che racconta alcune specificità, dalla Sicilia alla Toscana alla sua Romagna, ed anche la fragilità di questa tipologia gastronomia, questo “Pret a porter“ del sapere culinario che in parte per i cambiamenti dei tempi, il cibo di strada, viene paragonato al fast-food, al cibo economico di facile asportazione, al contrario del cibo della cultura industriale.

Quindi questi testi, e questo progetto iniziale, che viene riletto con grande felicità da parte mia e da Gasparinetti, che attraverso le immagini che ho posizionato in ordine sparso sulle vetrate della Louge, lo spazio al piano terra al Museo Pecci, ha rielaborato una sua storia dei miei vagabondaggi per l’Italia e ricostruito questa storia attraverso un suo gusto ed un suo modo di avvicinare una immagine modale, il ritratto della Nazione, così da alleggerirmi da questa responsabilità, come delegandolo di questo compito che è stato realizzato in modo perfetto.

I ringraziamenti poi vanno a tutti quelli che hanno partecipato al libro, a Daniel Soutif, direttore del Pecci che mi ha aiutato a fare questa mostra, a Stefano Pezzato che l’ha curata, e a tutto lo staff del Museo, ai ragazzi dell’Accademia, che hanno fatto qui il loro workshop allestitivo, e che mi hanno aiutato a realizzare tutto quello che in mostra si è visto, ai vari enti come la regione Toscana che ci ha permesso di realizzare questo progetto.


Stefano Pezzato
Tradurre per una pubblicazione un lavoro artistico è sempre molto complicato.
Si è trattato di un lavoro molto ricco e articolato. Cartografia e Rilievo marino si completava e si sviluppava nel Belvedere, quindi una esperienza coinvolgente per lo spettatore e per l’osservatore.
La stessa cosa si ritrova nel libro, in un'altra forma, nel senso che le immagini del progetto espositivo si andavano a ricercare sulla vetrata, e qui saltano agli occhi, saltano in bocca, in un certo senso, perché a sfogliare questo libro viene una certa fame...
sono documentate attraverso gli occhi di Luca, l’occhio di un artista - di chi vuol trasmettere un altro messaggio che non è semplicemente una documentazione fotografica, ma dare senso del gusto e della ricchezza, di un percorso che è poi quello ricostruito nel libro.
Giustamente Paolini sottolinea che questo tipo di cibo, il cibo di strada, questi luoghi, chioschi e botteghe, sono considerati come luoghi del “fast food”, in realtà nessuna rivendita di hamburger ha lo stesso ambiente e lo stesso clima e lo stesso sapore, del locale dove si vende la farinata ligure piuttosto che dove si
assaggia il piatto tipico di Trieste o di Palermo, e questo mi sembra che ritorni bene nella parte fotografica del libro.
Scorre piacevolmente, e quindi c’è una ricchezza ed una ampiezza di documentazione. Si comprende il percorso e c’è pure una attenzione particolare all’interno di ciascuno di questi momenti e di questi passaggi.

Ho citato il Belvedere ed il Cannocchiale per poter parlare del video, girato in buona parte a Linz, in occasione di una residenza di artista precedente i progetti di Prato.

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