THE LANDSCAPE PROJECT
Sopra, documentazione di un sopralluogo, veduta satellitare della città e simulazione
grafica e dell’intervento in larga scala; sotto, maquette (dettaglio).
Le nostre città, che siano soggette alla schizofrenica ricostruzione (demolizione e riedificazione sistematica di edifici uno sull’altro), o che siano soggette alle arbitrarie leggi della conservazione, impegnano gran parte delle proprie risorse opponendosi al passare del tempo, attraverso intensi programmi di cancellazione.
Le nostre città si autocancellano sia quando un edificio viene demolito per costruirvene sopra un altro, sia quando un edificio viene restaurato, con la periodica ricerca di una presunta (e sempre arbitraria) immagine originaria.
Di fatto sviluppano grosse forme di resistenza ad un tipo di cancellazione per trasformazione, che appartiene piuttosto ad un ordine naturale, e che ha direttamente a che fare con il paesaggio.
Il paesaggio non è uno sfondo su cui si compie un’azione. Non lo è in pittura. Non lo è in natura. Se il paesaggio, come dice Gilles Clément, è in sostanza comportamento, pura trasformazione senza residui (attraverso l’erosione), allora il suo valore più alto risiede nel rispetto del tempo. Il suo configurarsi è allo stesso tempo testimonianza, oggetto e possibilità di trasformazione. Questo, a dispetto di ogni topografia che lo vorrebbe stabilizzato per poterlo rappresentare.
Sovrapposizione, giustapposizione e trasformazione sono tutte dell’ ordine della cancellazione. Se le prime sono progetto messo in atto per volontà, l’ultima è manifestarsi del tempo, per necessità.
Marc Augè, di fronte alle rovine parla di tempo puro, sostenendo che la nostra epoca non ha più tempo di produrre rovine, ma solo macerie. Non mi interessano le rovine, e mi inquieta la loro monumentalizzazione, ulteriore forma di conservazione. Penso invece alle macerie, fagocitate affinché ogni area urbana rientri in un sistema di produzione. In questo senso anche le aree addormentate come quelle in disuso o in attesa di ridestinazione, sono parte integrante dell’ economia di un sistema che si nutre delle pause per valorizzare il loro contraltare (le facciate rinascimentali, le scalinate barocche, i chiostri medievali).
Ma se è dalla differenza, dalla diversità, dalle zone fuori controllo, dai terreni ai margini, che nascono le più grandi possibilità di contaminazione delle specie, allora un tentativo di presentare una storiocartografia dal basso, è una possibilità da praticare.
Mi chiedo come può uno spazio urbano comportarsi come il paesaggio senza ricorrere alla distruzione. Come può aprirsi alla trasformazione, rispettando il passare del tempo, affrancandosi dalla falsa immagine della storia che continua a rincorrere. Affrancandosi dal grosso frainteso della conservazione come testimonianza, di un’idea di passato, di un’immagine di storia. Che non è molto distante dall’illusione della rappresentazione cartografica di un territorio.
Questo progetto è un tentativo di rappresentazione temporanea di questa città attraverso la presentazione deiresidui che produce, attraverso lo scarto e la sua localizzazione: attraverso l’indicazione delle sue zone di emarginazione.
Questo progetto è frutto di un pensiero economico più che ecologico.
Raccogliere tutti i vetri trovati camminando per strada, visitando aree abbandonate, percorrendo la città dal centro alle zone periferiche.
I vetri, di diverso spessore, colore, dimensione, saranno catalogati per qualità e provenienza, con lo scopo di essere successivamente composti a terra in un tappeto di vetro che coprirà gran parte della superficie calpestabile di uno spazio espositivo pubblico locale. La figura sarà una visione topografica della città restituita attraverso i suoi resti. Ogni vetro di ogni precisa area andrà a ricoprire, nell’intervento, la sua zona di provenienza. Le aree della città in cui saranno raccolti meno frammenti, saranno raffigurate come lacune. La superficie di vetri non sarà calpestabile; il visitatore si muoverà all’interno del lavoro percorrendo, oltre le lacune, tutte le zone lineari come le strade a grossa percorrenza.
L’immagine complessiva dell’intervento intende evocare, anche, l’immagine delle stratificazioni geologiche, come per convenzione vengono rappresentate nella cartografia tecnica specializzata.
Questo intervento di natura temporanea, intende presentarsi come uno dei processi di un progetto più ampio articolato in diverse fasi:
A. raccolta dei frammenti con documentazione fotografica dei sopralluoghi;
B. catalogazione e composizione a terra del materiale in uno spazio espositivo pubblico;
C. pubblicazione delle varie fasi del progetto: un catalogo raccoglierà la documentazione dei diversi sopralluoghi;
D. alla fine della mostra, fusione dei vetri in vetrate (lastre ad hoc) da reinstallare in parte negli edifici in disuso ma abitati, ed in parte fuso in nuove vetrate (lastre grandi quanto l’intera cornice della finestra, da fissare al telaio esistente) da sostituire alle finestre di ambienti privati, come intervento permanente.
E’ importante che il totale dei vetri raccolti torni a costituirsi in elementi fun-zionali, i quali possano reinserirsi in un ciclo di trasformazione, in modo che il vetro, fuso, possa nuovamente rompersi e disperdersi.
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