L’artista danese Marie Lund (1976, Copenhagen) inaugura Drums, sua prima personale in uno spazio museale in Italia, curata da Cecilia Canziani e Trine Friis Sørensen
Incentrata su una serie di calchi in gesso del retro e dell’interno di copie di antiche sculture greche e romane, conservate presso la Royal Danish Cast Collection, la mostra esplora la presenza degli oggetti con i vuoti e le superfici che li definiscono. Trattandosi di calchi di statue che sono a loro volta copie di originali, queste opere in gesso, per forza di cose molto distanti dalla maestria artistica espressa dalle sculture originali, si prestano magnificamente a catturare le tracce e le impronte lasciate dagli artigiani che realizzarono le copie.
Una seconda serie di sculture consiste in fusioni in bronzo di quegli imballaggi in polistirolo solitamente usati per proteggere i contorni di oggetti fragili, forme che esistono unicamente a sostegno di altre. In questi oggetti di bronzo, presi singolarmente, la specificità delle forme non serve più allo scopo, e la ridondanza è oggetto di un’ostentazione tenace e testarda.
La mostra ospita anche la serie Attitudes: calchi in cemento a forma di gambe di pantaloni. Questi blocchi cementizi che recano impresse sulla loro superficie le cuciture e le pieghe della stoffa fungono anche da piedistalli. Alcuni di essi sostengono sculture di legno; altri sono esposti come opere a se stanti.
Le sculture lignee della serie The Very White Marbles alludono a una pratica di restauro ormai in disuso che consisteva nell’abradere la superficie delle sculture di marmo per riportarle al candore originario, a discapito di una progressiva perdita di definizione delle forme. Lund si appropria di questa pratica sperimentandone gli effetti su una serie di busti lignei: scalpellandone via i contorni, relega le sculture in una dimensione sospesa tra figurazione e astrazione, ponendo in risalto la loro qualità materica
Handstand Installation View, IMO Projects 2013
Fogli di vetro acrilico sagomati a racchiudere altre sculture costituiscono un ulteriore corpus di opere. Al contrario della meticolosa cura con cui l’artista ha plasmato e ha fuso i contorni delle altre opere in mostra, queste forme amorfe si drappeggiano intorno alle sculture con crudezza. Lente di ingrandimento, sfondo e oggetto scultoreo al tempo stesso, le forme acriliche incarnano molteplici punti di vista e insinuano in noi una sottile inquietudine. Il senso della nostra percezione si incrina.
Drums esprime una grande attenzione nei confronti delle superfici, delle materialità, dei vuoti. Il piano inferiore del Museo Marino Marini, allestito negli ambienti dai soffitti bassi della cripta un’antica chiesa, evoca l’impressione che i confini tra le pareti e lo spazio si stiano lentamente erodendo. Le sculture sapientemente disposte negli spazi e nei passaggi “solidificano” i vuoti e conferiscono rilievo e prominenza alle forme e alle superfici eteree, negoziando la relazione tra astrazione e figurazione, tra il prendere forma e il dare forma. Le forme e le superfici delle sculture rimandano ad altri oggetti, perlopiù assenti, alcuni identificabili, altri destinati a rimanere oscuri.
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