Marzia Migliora
Artext - Come hai deciso di fare del tuo lavoro una pratica artistica
Quali sono i principali riferimenti e le influenze nel tuo fare arte?
Marzia Migliora - Al primo posto il semplice atto di osservare.
Credo di poter affermare che la principale fonte e spinta per realizzare progetti e trarre idee sia la mia perenne curiosità.
A. - Nella pratica del disegno cosa muove la tua mano? (Nell’era digitale la prototipazione rapida del disegno sembra promettente per ripopolare il mondo con oggetti di nuovo diversi ... Momenti nuovi, nuovi allegati sentimentali. Credi che la differenza tra mondo fisico e digitale, crei una differenza come tra veglia e sonno..)
M. - Veglia e sonno… mi porta a pensare alla partecipazione attiva come esperienza vigile su sé ed il circostante, in contrapposizione all’umana vulnerabilità del sonno in cui subentra l’abbandono e la perdita di controllo.
Il disegno forse è tutto questo: un atto che comporta l’imparare a conoscere, per mezzo di una pratica che attinge ad un bacino interiore sondabile solo attraverso un atto di estrema libertà.
Grazie a questo processo l’esperienza stessa dell’immaginazione, propria del momento in cui si abbandona al sonno, diventa materia condivisibile.
RADA, 2011
Panorama E, 22.5x 38 cm tecnica mista su cartone antiacido
A. - Nei tuoi lavori la progettualità ed il progetto sono come trama sensibile, su cui affiorano narrazione, senso, tracciati del lavoro, riflessioni del fare. Pensi che questo contribuisca e faccia in modo che la gente possa vedere dove sta andando, che può ottenere di più per il proprio spazio mentale, vedere come si vede?
M. - La ricerca è uno strumento per entrare in contatto profondo con la realtà, la definirei esercizio atto ad affinare la capacità di orientamento, inteso come processo percettivo-cognitivo, mediante il quale il soggetto si mette in relazione con gli oggetti e soggetti circostanti. È il mio modo di scoprire il mondo, per interrogarmi e porre domande aperte a chi andrà a fruire le opere.
In particolare per le opere installative, che implicano per natura l’abitabilità da parte del pubblico, il mio intento è disseminare tracce aperte nello spazio, lascio il non detto nell’aria a disposizione di chi voglia raccoglierlo, facendolo proprio
A. - Quello che fai risulta unico nella sua multidimensionalità. Il tuo desiderio di impegnarsi contemporaneamente su tanti piani sembra rimandare a qualche formalizzazione. Hai piuttosto una teoria di riferimento, entropia, teorie dei campi?.
M. - Questi ultimi concetti sono per me piuttosto alieni nelle loro formule e concezioni teoriche, nella grande famiglia della complessità. Spesso i miei progetti si radicano nel sito in cui sono chiamata a lavorare. Ogni opera è una scommessa, una storia diversa, uno spazio nuovo, una committenza altra. Ogni luogo porta con sé una stratificazione storica complessa, un’identità passata e futura unica; ciascun progetto, di conseguenza, si traduce con una tecnica specifica calibrata esattamente sul concetto dell’opera.
A. - Il concetto di arte “relazionale” e antropologia della performance a volte è utilizzato per descrivere le pratiche liminari (zone potenziali di riscrittura dei codici culturali) e per comprendere la trasformazione sociale stessa. Che funzioni o attributi nuovi, il corpo messo in scena all’interno di determinati contesti comunicativi (dinamiche di interazione, dialogo e scambio collettivo) può sperimentare?
In che modo questo spazio attivo e generativo permette di giocare con l’alterità e il diverso mettendo nello stesso tempo in crisi i conflitti di dominio che caratterizzano gran parte del nostro presente….
M. - L’arte relazionale attraverso la messa in opera di sistemi che prevedono la partecipazione attiva anche di persone non addette ai lavori, può rappresentare una modalità efficace per comprendere i limiti stessi del linguaggio dell’arte. Questo tipo di pratica artista, in cui il coinvolgimento diventa condizione imprescindibile per l’esistenza dell’opera, permette una profonda condivisione di tematiche e problematicità tra l’artista che propone il progetto e la cittadinanza, ad esempio, che lo rende possibile. Basti pensare alle pratiche di rigenerazione urbana o di recupero di quartieri a rischio.
Possiamo immaginare il corpo come immediata e manifesta rappresentazione d’esistenza. Mettersi in “scena”, ad esempio camminando in un corteo durante uno sciopero, è rendersi visibile come portatori di una richiesta, rivendicando il diritto alla propria identità.
CAPIENZA MASSIMA MENO UNO, 2012 performance,45'.
Il MAXXI e Marzia Migliora ringraziano il Teatro Valle Occupato per il sostegno. Parole di Elena Pugliese, autrice Con la collaborazione di Patrizia Rotonda, Direzione Musicale, e le voci della Scuola Popolare di Musica di Testaccio. courtesy Fondazione Maxxi photocredit G.L. Aloisi
A. - Scultura come paesaggio che si può dunque attraversare, camminarci sopra: ” Rada “ (2011) Sospendete quello che state facendo - è il titolo di un insieme di lavori e di una esposizione ad Ex3 Firenze. Vuoi raccontare di questa relazione - opera e spettatore-fruitore, sull'idea del pensiero che fa prendere possesso sull'ambiente circostante - e sull' osservare, fino ad andare oltre i limiti del simbolico e della rappresentazione.
M. - Rada è un’installazione che occupa 800 mq di superficie. Per realizzare il pontile in legno blu oltremare, sono partita da una bandiera del codice internazionale dei segnali marittimi, un vessillo bianco segnato da una croce blu. Questo segno è traducibile in un messaggio preciso: “Sospendete quello che state facendo”; impone dunque a chi si trova in mare di arrestare la propria attività, in vista di un pericolo o situazioni di varia natura.
La richiesta viene tradotta nello spazio e diventa segno percorribile, sulle assi di legno il fruitore può compiere un percorso a senso unico, che comporta un tempo fisico di attraversamento. Tornare indietro ripercorrendolo nella sua lunghezza è l’unica via d’uscita. Dall’alto, sul pontile, è possibile osservare sessanta tonnellate di sfridi di marmo, scarti di lavorazione che vanno a comporre il fondo bianco e frastagliato della bandiera.
Sulle pareti dello spazio ho deciso di ribadire lo stesso messaggio scegliendo ancora un altro canale di comunicazione: l’alfabeto Morse reso attraverso il neon.
Il fruitore si trova a muoversi fisicamente in una rete di stimoli, visivi e non, pensati nell’intenzione di offrire una piattaforma dedica alla pausa. Una pausa che non si risolve nell’ozio, ma nell’attività del pensiero
A. - Sei coinvolta in altre attività creative o sociali (ad esempio la musica, la scrittura, l'attivismo, organizzazione di comunità)?
M. - Proprio in questo periodo sto lavorando ad un progetto per il Teatro Valle Occupato, realizzato in collaborazione con l’artista Luigi Coppola. Si tratterà di un lavoro inserito nella rassegna di performance partecipative dal titolo Energia = Massa.
La performance sarà il risultato di un processo di confronto e discussione con gli occupanti del teatro e la cittadinanza in generale, attraverso momenti d’incontro atti a definire le azioni di cui le strade della capitale saranno principale palcoscenico.
Penso che sia un modo per sottolineare l’aderenza che l’arte può avere ai nodi del tempo presente.
Un artista non è avulso dal suo tempo, anzi spesso ne è il primo comunicatore.
CAPIENZA MASSIMA MENO UNO, 2012 performance,45'.
SOSPENDETE QUELLO CHE STATE FACENDO (#A), 2011
4 elementi neon scatolati in plexiglass opalino bianco, trasformatori, centralina di intermittenza a 10 movimenti
Linea: 400 x 32 x 18 cm Punto: 133 x 18 cm courtesy Ex3 centro per l’arte contemporanea Firenze photocredit F. Niccolai
A. - Qual è il tuo rapporto con il web. Pensi che vi siano una gran quantità di inutili sciocchezze e ridondanze su Internet?
Che significa essere reale o meno, come la realtà on-line può essere valida, senza mediazione….
Lavori in modo creativo con la tecnologia?
M. - Penso al web in primis come uno strumento, credo si debba considerare quindi la modalità con la quale lo si usa. E’ chiaro che è possibile trovarvi una quantità enorme di banalità, ma non si può ignorare l’apporto rivoluzionario e democratico, nella trasmissione dell’informazione libera a larga fascia, creando una rete di contatti altrimenti impensabile.
Non mi è ancora capitato di usare la tecnologia come medium artistico in sé, mi sono chiaramente avvalsa di strumenti tecnologi e multimediali vari, utili alla realizzazione di mie opere.
Non escludo in futuro di poter comunicare anche attraverso questo affascinante canale, qualora lo ritenessi il più idoneo per esplicitare un’idea.
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