Michele Bazzana  
  Motohome, 2012 SpazioA
MICHELE BAZZANA
OVERDRIVE
 
   

 

La passione per la passione della motocicletta. Un veicolo che racconta una storia privata. Che fa la storia di chi la possiede Questo è un progetto-archivio sulla motocicletta. Si può dividere in tre parti: usare la motocicletta, smontarla-sistemarla e costruirla. E un tunnel senza fine che si riempie di storie, avventure, racconti, vicende, fatti di vita, che riguardano le motociclette e i loro proprietari. Parla del bisogno di avere un oggetto per ricordare e immaginare.

 

La mia passione riguarda i macchinari, le macchine, le moto, tutto quello che riesce a spostare o a far fare qualcosa all’uomo.
Però così sarebbe smisurata, quindi mi limiterò a raccontarvi della mia passione per i mezzi a due ruote: le moto, non me vogliano le biciclette.
Più penso a come descrivere questa emozione e più temo che si tratti di una malattia.
Io mi occupo di arti visive e mi ritengo fortunato, perche ho la possibilità, anzi mi danno la possibilità, di mettere in piedi situazioni alquanto bizzarre. Per primo, pero, viene l’amore per le moto, forse a causa di mio papa o a causa della vita “isolata” e spensierata che si fa nella campagna-provincia friulana: il primo amico d’infanzia e il motorino e il secondo e il letto del Tagliamento, il nostro fiume. Amici che ormai vedo solo nelle feste comandate tipo Pasquetta.
In compenso, ora che posso correre legalmente in strada, uso una Guzzi v65 dell’82.
Queste mie passioni, arti visive e moto, si sono in quest’ultimo periodo fuse assieme.
Mio padre è una persona alquanto silenziosa, a differenza delle sue moto, che hanno sempre fatto un gran baccano. Diciamo che parlavano per lui e da piccolo mi chiamavano, mi dicevano sali su, non importa dove andiamo, andiamo.
Una mattina mio padre rompe il silenzio e ci saluta, sollecitando la nostra curiosità.
“Dove vai?” gli chiediamo,
“Vado in Inghilterra”.
Andava a prendere una moto di cui aveva trovato traccia su riviste e avuto conferma dell’esistenza da amici di amici.
Questo fatto mi colpi, anche perche la moto in questione era arrivata in quei paesi nordici correndo, ma ormai da qualche anno era diventata oggetto da collezione e la sua mobilita era vincolata. La sua funzione è mutata da attiva in passiva acquistando una nuova dimensione dove la forza non è più dinamica, ma emotiva.
Da questa vicenda è nata una “fanzine”, l’inizio di un pubblicazione più ampia che desidererei fare.
Diciamo che, in qualche modo, potrebbe essere vista come una sorta di indice del futuro libro. Negli anni, infatti, mio padre e io abbiamo raccolto molto materiale (le immagini all’interno della fanzine sono sempre della stessa moto ripresa nelle varie evoluzioni) e, insieme a questo, molte storie, avventure, racconti, vicende, fatti di vita insomma, che riguardano LEI e i suoi proprietari.





Fortuna vuole che il primo proprietario di questa Bianchi Tonale sia stato Roberto Patrignani, abile narratore e famoso “avventuriero” motociclistico, che per primo ha usato le motociclette come pretesto per parlare di esistenza.
È proprio grazie ad un suo articolo dell’89 che e partita la nostra ricerca.
Come detto mi occupo di arte contemporanea. La mia ricerca si concretizza spesso in modi differenti: il risultato, ovvero l’oggetto che ne nasce, può assumere varie forme, ma sempre al fine di trasmettere un’idea, un concetto. In questo caso specifico il mio interesse è rivolto alla motocicletta e quello che rappresenta: è per antonomasia il sinonimo di liberta, ma anche di possibilità di movimento, viaggio, spostamento, non solo fisico, ma quasi mentale, con tutti i rischi del caso.
Sono nati due progetti. Uno e ≪Mezzogiorno di fuoco≫, che oltre a essere il titolo del progetto è anche un dato di fatto per la sua riuscita. Questa performance cerca di mettere in pratica e sfruttare al massimo le prestazioni del sole come fonte di energia. In un circuito si muove un mezzo fatto per raggiungere solo ed esclusivamente un obiettivo: fare un salto. L’immaginario è quello delle bravate di provincia, dove l’aspetto tecnico prevale su tutto e la soddisfazione del risultato e più dell’attore che dello spettatore, che diventa ancora più passivo. Ciò che conta e l’attimo in cui succede il fatto, un istante che anche solo uno starnuto potrebbe impedirci di vedere.
Tutto il progetto gira su se stesso: una pista che ospita un veicolo e il suo carburante, ma divisi e riuniti nel modo sbagliato. Paradossalmente, per funzionare ha bisogno della stessa luce che andrà ad oscurare.
Il secondo è diviso in due parti, Indoor e Motohome. Sono due mostre nate dallo stessa idea: la moto da appartamento. I due parametri di sviluppo sono dettati dall’utilizzo e dall’estetica del mezzo, non tralasciando il concetto del lavoro, cioe tenere una motocicletta in uno spazio chiuso, sinonimo per eccellenza di liberta, e usarla come un comune elettrodomestico, attaccandogli la presa di corrente e correndoci per casa. Indoor e l’esasperazione dell’ambiente casalingo: e un circuito, una grossa area di percorrenza creata con mobili. Una superficie continua, un modulo abitativo ricco di saliscendi, paraboliche e rettilinei per mettere in evidenza le capacita tecniche della moto d’appartamento. Motohome e invece la documentazione dell’inserimento della moto d’appartamento in diverse case di Pistoia. Ogni moto ha la sua carenatura, strettamente in relazione al mobilio e alle caratteristiche della casa stessa e dei suoi proprietari.
La galleria e diventata uno “store”, dove poter provare il veicolo.
I miei lavori ruotano attorno al paradosso che nasce dal guidare una motocicletta collegata necessariamente, per potersi muovere, ad un cavo.
Mi piace immaginare che questi oggetti potrebbero diventare di uso comune, come fossero un elettrodomestico, visti anche i tempi che corrono.
Da questa droga non ne sono più uscito. All’inizio erano le biciclette, poi i motorini e infine le moto. Tutti questi mezzi si sono sommati nel garage e non se ne vede la fine. Forse non sono le moto in se ad attrarmi, ma è la passione per cio che le circonda, e la passione per la passione delle moto.
In questo periodo, quello che ho immagazzinato è esploso, il tormento per questo tipo di veicolo è diventato anche un pretesto per parlare d’altro. Non mi limito a guardare le motociclette, ma le uso, le colleziono e le faccio.
La documentazione di questa storia è molto varia. Il più delle volte scatto delle fotografie con il cellulare solo per avere un appunto di quell’attimo su quel tornante o della moto smontata o di una moto ritrovata da un ferri vecchi. Altre volte può esserci un video, un poster o un adesivo.
Tra le foto che preferisco ci sono quelle dove la gente usa una mia motocicletta, perché mi sembra di riuscire fisicamente a trasmettere la passione.
Poi ci sono quelle immagini mentali, impossibili da documentare: vedere dove inizia a battere la pioggia, scappare guardando negli specchietti il nuvolone nero che ti insegue.
Infine ci sono i racconti e le avventure, ma l’unico modo per vederli e ascoltarli dai protagonisti senza filtri trascrittoriali.


 
 
 
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