ARTEX incontra Nicola Console. Spaziorazmataz.
Artext - Puoi raccontare della tua esperienza in teatro e delle prime esposizioni d'arte? "Genio" ad esempio il titolo di una collettiva.
Nicola Console - Genio - era uno spaccato della realtà artistica della Sicilia attraverso la visita guidata negli studi degli artisi - manifestazione questa che si svolge ogni anno. Ma poiché vivo da almeno quindici anni lontano da Palermo la città dove sono nato, l'organizzazione mi ha offerto degli spazi che si potevano adattare e accogliere il mio lavoro.
Non ho in quelle occasioni richiamato una atmosfera da laboratorio, ma semplicemente attraverso dei lavori disposti nello spazio dato, tentato di presentare in modo limpido e chiaro un percorso di lavoro.
Certo, ho studiato a Palermo, ho frequentato l'Accademia sebbene con alcune interruzioni per lavorare a teatro a Roma. E' stata una esperienza molto bella - lavorare e studiare a Roma - forse prematura, avevo diciasette anni!
Ma da lì sono nate alcune frequentazioni, amici ed interlocutori che nel tempo continuano a stimolarmi e motivarmi.
Artext - Poi c'è stato -Impre-visto- una mostra e dei lavori che risalgono al 1997 in cui ti ponevi il problema dello sguardo.
Nicola Console - Questa di " Impre-visto" è in effetti una raccolta di diverse testimonianze su di un tema - il problema della percezione. In realtà il senso della manifestazione e del catalogo pubblicato da Idea Books era per così dire -ludico- con la conseguente utilizzazione didascalica dell'immagine e definizione dell'oggetto. Per cui le opere presentate avevano il sapore di illustrazioni, piuttosto che di interventi artistici in cui maggiore è l'autonomia.
Artext - Nelle mostre seguenti il problema è diventato più complesso in -Orticelli oscuri - l'atto dell'osservare per coordinate spaziali - diventa strutturale.
Nicola Console - Il problema dello sguardo e della percezione, o quanto di ciascuno di noi è in grado di registrare attraverso l'azione del rappresentare, è ovviamente il centro del lavoro di tutti. Nel mio caso visto che il lavoro è incentrato sul disegno e sull'utilizzo di immagini - è il mio tema privilegiato. Come l'ambiguità che ciascuna immagine porta anche al di là di ciò che è visibile.
Qualcosa di simile a quanto accade del resto con gli spettacoli di teatro:
Artext - Cosa rende sensibile il disegno, l'assenza di narratività?
Nicola Console - Io credo invece che il senso del disegno risieda prima di tutto nel racconto. Esistono delle linee che di per sé sono già capaci di essere o di somigliare a qualcosa, pur non essendo ancora chiuse e non essendo ancora diventate una linea-margine di qualcosa.
E questo lo hanno dimostrato artisti come Mirò, i grandi artisti americani, in parte gli espressionisti astratti - Credo quindi che il racconto sia invece un centro.
Ciò che fa la differenza, irripetibile nel disegno di ciascuno - è lo scatto: qualcosa che esiste nella qualità della curva, nella qualità della piega.
Così uno stesso ed identico soggetto può essere disegnato da cento persone differenti ed avere ogni volta una risposta sensibile diversa.
Artext - Che pensieri passano nell'atto del disegno?
Nicola Console - Io sono un disegnatore assiduo ed instancabile. La cosa che mi succede quando disegno è di non avere il problema di cosa disegnare, nel senso che ogni immagine, visto che mi assorbe - ne suggerisce un altra ancora e poi la successiva : è come una specie di azione in metamorfosi.
Quello che immagino proviene da una immagine precedente - ma poi da una associazione di quattro immagini ne nasce una opposta che si integra perfettamente al senso narrativo o di spostamento della sensazione che le prime hanno generato.
Per esempio i disegni che sono in questa mostra - c'è un aspetto, che dal punto di vista immaginifico dà una grande potenza, l'utilizzo del fondo e della superficie nera, che invita ad entrare -
Nel senso che a differenza di uno schermo bianco che riflette e non comprende né assorbe le cose - il nero ha degli sprofondamenti che rendono possibile l'apparizione di qualcosa che semplicemente con un piccolissimo barlune, quella luce che inizia ad apparire anche soltanto attraverso degli accenni fatti con il movimento della mano, mi dicono dove entrare e cosa fare - Questo è il tipo di pensiero che mi coinvolge.
In particolare le superfici oscure - come in una sorta di sogno labirintico.
Artext - Scena e spazio dunque esattamente una funzione dell'altra.
Nicola Console - Posso dire che negli ultimi tempi ho la fortuna di condividere i lavori di teatro con persone altrettanto motivate quanto me e che vivono l'esperienza della condivisione e della rappresentazione con la stessa curiosità.
Non ho realizzato fino adesso scenografie come arredo o lo sfondo ad una esigenza del testo, né l'adattarsi di una immagine ad una esigenza drammaturgica -
piuttosto con quella libertà che può esistere solo nei disegni che faccio.
Artext - Il motivo per cui nasce il problema della rappresentazione.. !
Nicola Console - Io credo che la natura del problema sia nello sguardo e di conseguenza la rappresentazione - io credo provenga da un vuoto, un punto oscuro, irraggiungibile.
Artext - Dovremmo forse andare più a fondo della caverna platonica e andare a vedere in certi casi ciò che siamo e quanto possiamo scoprire attraverso i nostri modi di manifestarci - attraverso la scoperta.
Nicola Console - Questa è sì una tendenza - che è poi l'invito che almeno per me hanno i segni.
Ma già la parola, il suono, lo spazio e l'immagine - nella "Tana" (regia di Lo Cascio) - avevano una unità.
Nel senso che abbiamo tentato di evocare e di utilizzare delle immagini e delle sonorità che potessero più che descrivere ed illustrare una realtà che si può immaginare, Kafkiana - piuttosto suscitarla o resuscitarla nei vissuti di ciascuno.
Anche la ricerca sul suono - in teatro, è stato un lavoro condiviso di cui abbiamo parlato ampiamente ed aveva questa funzione di riportare attraverso dei campionamenti che erano poi suoni semplici ed assoluti - erano tracce di una sedia trascinata sul pavimento, i grilli nella notte, l'abbaiare di un cane con le onde deformate -
come le immagini, non da descrivere ma per parlare della percezione del profondo -
In realtà ciascuno di noi nel sogno o nel sogno labirintico o nell'incubo ha vissuto.
E' la sensazione della prima infanzia. Allora per delle scelte di semplicità, spostando la presenza di questi segni dal significato della parola che in quel momento veniva pronunciata - si deviava cercando di alludere anche ad altro.
Cercando una lettura che avesse anche più piani di percezione e di comprensione.
Artext - Non tutto allineato dunque, stai lavorando a delle sequenze, confrontandoti con le impostazioni tecnologiche?
Nicola Console - Sto lavorando ad alcune animazioni ed utilizzo altri supporti oltre il disegno - la scultura animata, il cartone animato e vari altri strumenti.
Comunque io non uso direttamente le tecnologie, ma preferisco guidare una persona alla realizzazione del montaggio, per esempio.
Ed allora così come utilizzo la carta la matita e la penna - utilizzo la macchina fotografica o un software.
Ma naturalmente la difficoltà sta sempre nel come queste si utilizzano, che uso farne, con una idea in mente! Facendo in modo che sia il mezzo tecnologico in qualche modo a piegarsi alla tua volonta, piuttosto che obbedire a ciò che la tecnologia impone.
Moltissime persone oggi hanno la possibilità di costruire i propri films in ambienti domestici, perché ormai si dispone ampiamente di queste tecnologie, e certo è una grande conquista, ma diventa sempre più raro un utilizzo autonomo - nel senso che raramente ci si pone il problema di farle diventare parte di un linguaggio. Si dovrebbe utilizzare una macchina ed un computer in modo disobbediente.
I grandi registi di cinema sono tali perchè individuano delle libertà e reinventano il medium.
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