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Una “(...) casa-osservatorio di cartone, scavata come una caverna, costruita uno strato sopra l’altro,
Paolo Parisi Observatorium (Museum)
L’ Observatorium, è una scultura che, come ha felicemente osservato il curatore, Stefano Pezzato, comprende due movimenti, due (perlomeno) punti di vista — uno della scultura tradizionale, che noi osserviamo dall’esterno, girandoci intorno e l’altro, opposto, di “macchina per vedere” e cioè che attraverso di essa possiamo guardare l’esterno e “inglobare” dettagli e frammenti del contesto in cui l’opera è installata. L’opera è nata per la mostra alla Galleria Fornello di Prato nel 2004, e in quel caso funzionava come “macchina per osservare”. La riflessione che ne nasceva è che ci si trovava dentro uno spazio protetto, buio e insonorizzato, acusticamente neutro per le proprietà del cartone. Al suo interno si era tranquilli, dal suo interno si poteva osservare il mondo esterno. Lo sviluppo successivo, a Quarter a Firenze nello stesso anno, è stato di turbare questa protezione mettendo in comunicazione acustica sculture dello stesso tipo. Quindi l'illusione di intimità di ciascuno spettatore che entrava dentro la scultura, veniva turbata dalla condivisione con l'altrui idea di intimità. Le intimità erano messe in comunicazione forzata. Inoltre, in quella circostanza, ma come era già successo anche in precedenza per esempio a Carmignano, il lavoro ospitava l’opera di John Duncan, così da diventare un punto di osservazione, e di ascolto, per l’arte. Le tracce sonore che percorrevano i tubi colorati che mettevano in connessione la scultura con lo spazio circostante, in occasioni successive, erano invece frutto della collaborazione con l’Università di Fisica di Catania che mi ha fornito i suoni provenienti dalle sonde installate sotto la crosta dell’Etna e che vengono usate per monitorarne l’attività eruttiva e sismica. Mi piace citare in proposito un breve frammento del testo di Salvatore Lacagnina in catalogo: (...)
“Quando a Siracusa abbiamo ricostruito la tua casa-osservatorio, e finalmente abbiamo azionato le tracce sotterranee del vulcano, davvero ho visto la formidabile stanza montaliana di Notizie dall’Amiata (...): “e ti scrivo di qui, da questo tavolo / remoto, dalla cellula di miele / di una sfera lanciata nello spazio”. (...) Il tuo Observatorium, per me, è un’opera politica e un’opera intima, un’opera che oltrepassa questo vecchio noioso dualismo novecentesco. (...)”, la presunta opposizione presente dall'inizio del novecento tra opera d'arte politica, socialmente impegnata, e opera d'arte intima, auratica. Paolo Parisi Coast to Coast, 2006 Olio e acrilico su tela, cm 260x520 (verde) Foto Carlo Fei.
Nel caso del progetto site-specific per il Centro Pecci i frammenti che la scultura inquadra dall'esterno sono l'opera da cui nasce tutto il progetto, l'opera di Sol LeWitt, Wall Drawing #736 Rectangles of Color (1993). Possiamo dire che in successione sono occorsi tre diversi movimenti, tre diversi sviluppi dello stesso lavoro: “macchina per vedere”, strumento di comunicazione e infine, in questa mostra, si aggiunge un ulteriore elemento che è quello della fluidità dello spazio di relazione. In questa mostra quindi entra in gioco il movimento: lo spazio, l'area della Lounge — questo spazio mobile destinato per sua natura e funzione ad essere attraversato per giungere all’anfiteatro — diventa un intervallo monocromo cangiante durante l’arco della giornata, per via delle lastre di plexiglass colorato che rivestono le finestre e che si “attiva” al nostro passaggio: il disegno argentato realizzato sulla parete ci segue mentre ci muoviamo, per effetto del riflesso della luce proveniente dall’esterno. Il disegno è l’ingrandimento di un tracciato cartografico prospettico realizzato ad inchiostro argento.
In questo senso possiamo dire che tutto l’ambiente cosi modificato dall’opera — “Come raggiungere la costa (museo)” — rappresenta l’alter ego dinamico e praticabile dei grandi quadri esposti nella project room, che si chiamano Coast to coast e che manifestano la riflessione su cos’è per me la pittura: superficie, stratificazione e l’intervallo monocromo e silenzioso tra due esperienze di paesaggio costiero. Del resto il colore rosso fluo delle lastre di plexiglass che rivestono le finestre indica questa idea di centralità della pittura colorando l’ambiente, a seconda delle ore del giorno e quindi dell’angolo d’incidenza della luce esterna, con dominanti sempre differenti comprese tra il rosso e il violetto, alludendo alle due frequenze di colore (infrarosso e ultravioletto) entro cui l’essere umano è in grado di percepire tutti i colori. Come conclude Saretto Cincinelli in catalogo (...) “La triade osservatore-spazio-opera finisce così per costituire un insieme indivisibile. La passeggiata nel colore contribuisce a fornire all’osservatore, in moto o in sosta nelle strutture previste dall’artista, sempre nuovi e diversi punti di vista che “non rappresentano prospettive parziali e limitate rispetto ad un punto ideale che le totalizzerebbe tutte, incarnando la “verità” della visione ma modi originari e non difettivi della visione stessa”.
Il libro, edito in occasione della mostra al Pecci, comprende una ricostruzione cronologica a ritroso dei luoghi in cui l’Observatorium nel corso degli anni è stata installato, nelle sue varie declinazioni: visive e sonore. E in questi scenari e contesti differenti l'opera stessa in un certo qual modo ha subito delle trasformazioni. In questo senso l’idea di scultura è associata all’individuo che viaggia e fa esperienza del territorio e che, attraverso lo sguardo o lo scatto fotografico e a seconda del contesto in cui si trova di volta in volta, “ingloba” dentro di se porzioni del paesaggio circostante, sia esso naturale o dell’arte. Questa è la ragione per cui, nel libro, alla ricostruzione cronologica a ritroso dei musei in cui l’opera è stata esposta si alternano delle “cartoline” dei luoghi in cui le mostre si svolgevano.
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