Museo Pecci
Aspects of Art and
Technoetics 2007 ::
Non di recente - i miei interessi sono rivolti alle tecnologie del vivente, soprattutto in relazione all'arte e a tutti quei dispositivi, macchine ed artefatti che la nostra cultura costruisce, e che devono avere la caratteristica di "sopravvivere" nel mondo reale, adattarsi ai contesti, interagire con le novità e gli imprevisti. Artefatti che cercano di copiare la dimensione del vivente, perché il vivente ha come caratteristica, dal momento che si è evoluto nell'arco di almeno quattro miliardi di anni e di essere sempre stato a contatto con l'ambiente in cui è nato, di sviluppare questa capacità molto interessante che gli ha consentito di realizzare dispositivi di questo tipo.
Il vivente è quindi il miglior modello di questi artefatti perché ha dimostrato la sua efficienza nel corso di una evoluzione durata tre-quattro miliardi di anni.
Dal punto di vista culturale questo ha generato un ritorno molto evidente.
Ad esempio in questi ultimi decenni la biologia e tutte le scienze derivate sono diventate discipline calde, discipline chiave, paradigmi in ambito culturale.
Cito il lavoro di Vareda, di Donkins, e per restare in Italia, di Ceruti, "Evoluzione senza fondamenti" il lavoro di Cavalli - Sforza, "Geni, popoli e lingue" oppure il lavoro più recente di Marchesini, sul Postumano.
Potremmo pensare a quanti premi Nobel sono andati alla biologia in questi ultimi anni.
Oppure al fatto che un terzo degli ingegneri dell'AMT che un tempo era considerato il tempio dell'inorganico, lavori su problemi di natura biologica. Forse perché il miglior modello di ciò che dovrà vivere è il vivente stesso - che esiste.
Solo che noi non sappiamo cosa sia il vivente. Nel senso che alla dimensione umana - la nostra - alcune forme, animali, risultino vivi, ma cosa dire di tavoli, sedie ed altro - si può forse dire che non siano viventi?
Certo se cambiamo scala ed andiamo a livello dei nanometri, a livello delle nano tecnologie questa differenza sfuma. In realtà siamo in grado di dire che conosciamo il livello della nostra dimensione, ma non siamo in grado di dire se ciò che è molto piccolo o molto grande è vivente. E' questo un interrogativo importante perché sono gli scienziati stessi in disaccordo su queste caratteristiche.
E dunque il vivente dipende dalla scala con cui viene osservato - In qualche modo è in funzione della scala con cui viene osservato.
E che cosa fa, in un agglomerato di composti chimici, un organismo vivente?
Ci sono moltissime definizioni di vita che le diverse discipline danno. Ogni disciplina definisce la vita con i propri canoni, e tutte queste definizioni che riguardano la fisica o la biologia, la biologia della conoscenza o la biochimica, danno una definizione di vita!
Si tratta però di definizioni che non coprono mai tutte le occorrenze. Alcune dicono che la vita è un flusso continuo di materia, energia e informazione. Altre sostengono che la vita è la capacità di raggiungere e mantenere un equilibrio costrante, con l'ambiente - altre ancora sostengono che consiste nel nascere, alimentarsi, crescere, autoguarirsi e riprodursi.
Nessuna di queste definizioni è una definizione valida per tutte le cose viventi.
Una delle eccezioni più rilevanti, sono i virus - autentici enigmi situati ai confini di ciò che è vivente e ciò che non lo è.
Oggi si sa che queste entità così antiche interessano tutte le forme di vita che popolano la terra - ed hanno determinato le specie viventi che si sono evolute decretando la fine di altre; e questa è una dimensione che continua ad andare avanti - assumendo la funzione, per l' evoluzione, di una sorta di impollinatori di geni.
In un recente articolo Luis Villarreal della Università della California, Irvine - sostiene che tra ciò che è vivo e ciò che non lo è c'è una gamma di situazioni intermedie.
E nonostante non siano completamente vivi, i virus possono esser considerati molto di più di 'materia inerte'... tendono alla vita.
Il famoso chimico Albert Szent premio Nobel della medicina del '37 dava della vita una definizione profondamente inorganica. Sosteneva che la vita non è altro che un elettrone, in cerca di un posto dove riposare. |
Secondo una delle teorie più accreditate, a partire da quattro miliardi di anni fa l'organico si è evoluto dall'inorganico. Ma in questa dimensione - organico / inorganico - più che in una contrapposizione dovrebbero esere considerati come una complementarietà, momenti diversi ma contigui ed osmotici.
Abbiamo visto che l'arte ha già creato un ponte tra queste due dimensioni.
Ma anche discipline e applicazioni pratiche compresa la biotecnologia stanno attraversando questa distanza. E dunque organico ed inorganico potrebbero essere considerati come due percorsi del vivente, due declinazioni del vivente che dialogando tra di loro, interagendo e ibridandosi, arrichiscono oltre alle nostre conoscenze, gli strumenti di discussione dell'arte - configurando nuove continuità.
Questa molteplicità potrebbe persino configurarsi come una sorta di strategia evolutiva. Azzardo a dire - perché nell'evoluzione della vita a partire da quelle forme note che sono le procariote, le eucariote, gli organismi unicellulari e le piante - tutta questa evoluzione che arriva fin quasi alle soglie della nostra epoca, avviene a livello dell'organico.
Poi succede un fatto che alcuni definiscono straordinario, io lo situo completamente all'interno dell'evoluzione: l'acquisizione della dimensione simbolica.
La visione della capacità simbolica è quella scintilla che fa esplodere ciò che noi chiamiamo cultura materiale - sviluppa cioè la relazione dei nostri antenati con l'ambiente.
C'è una accelerazione straordinaria nella realizzazione di artefatti quando l'essere entra in relazione con l'ambiente.
Inoltre la visione simbolica rende consaevoli del tempo, in qualche modo consentendo già ai nostri antenati di riflettere su se stessi. Chiedersi chi sono, suscita la domanda... chi sarò, che cosa diventerò. L' idea di una dimensione del futuro e nello stesso tempo di una dimensione del passato apre quindi questa dimensione temporale straordinaria.
Anche una parte rilevante della nostra esistenza ha a che fare con questo tipo di attività - le banche, le assicurazioni - ma anche alcuni concetti più alti... la speranza... i nostri progetti.
Ma tornando alla acquisizione della capacità simbolica, non si può negare che questa si situa sulla linea della evoluzione. Abbiamo acquisito questa capacità, impossibile dire quando, ma sappiamo che in parte condividiamo questa capacità con alcuni primati superiori, lo scimpanzé ad esempio. E' quindi propabile che il nostro antenato comune, sei milioni di anni fa, avesse già in nuce queste capacità.
Questa visione della capacita simbolica produce tutta una serie di estensioni (come direbbe McLuhan) e artefatti che a poco a poco riempiono la nostra vita, la cambiano, creano un ambiente che non è più naturale, ma è un ambiente che noi definiamo artificiale, anche se in questa evoluzione del tempo è tutto naturale.
Questo ambiente crea una pressione che fa in modo che da questa estensione nascano e diventano sempre più autonomi, e di conseguenza si creino una serie di entità, chiamiamole così, che non sono organiche, o che sono in parte organiche e inorganiche, o sono, alcune, compiutamente organiche ...
Naturalmente poi si dovrà dire intorno all' intelligenza collettiva, la consapevolezza diffusa che lega comunque tutto questo all'interno di una rete. |
Antonio Caronia
La mia domanda riguarda i rapporti tra una concezione prevalentemente materialista e l'evoluzione - e che riguarda l'intelligenza artificiale.
Tu sai che c'è una obiezione del filosofo John Searle molto forte a proposito dell'intelligenza artificiale e si basa su un punto di vista materialistico. Searle sostiene che il pensiero è già il prodotto di una macchina, una macchina molto complica, che è il nostro cervello - è impossibile che usando macchine meno complicate sia possibile replicare esattamente...
La domanda è : la tua concezione della vita come un continuum, come qualcosa cioè di non strettamente definibile, ma un processo che quindi prevede diversi stadi e gradi di vita, secondo te la si può applicare a questa idea di vita come un continuum anche di intelligenza, superando l'obiezione di Searle all'intelligenza artificiale?
Pierluigi Capucci
E' una buona domanda questa, ma la mia risposta è che non lo so.
Nel senso che nel modo in cui alcuni considerano l'intelligenza, e stiamo parlando di intelligenza simbolica, perché l'intelligenza è un concetto che va al di la di questa dimensione ristretta... ché spesso viene detto che noi umani siamo gli esseri più intelligenti, per forza, siamo quelli che possiedono una intelligenza simbolica di gran lunga maggiore rispetto a tutti gli esseri viventi - sarebbe come se a fare questa domanda fosse il ghepardo che sostenesse... io sono il più intelligente perché sono il più veloce...
E dunque se la domanda è relativa alla intelligenza simbolica, non sono in grado di dare una risposta. Se per intelligenza intendiamo la capacità di adeguarsi all' ambiente e di creare una sorta di equilibrio in questo ambiente che consente alla forme di crescere e di riprodursi, allora io sono convinto di si.
Natasha Vita-More
Mi piace che qualcuno parli della vita e della continuazione della vita, che poi è il tema della mia ricerca da alcuni anni.
Pongo due questioni - Come considerare i cambiamenti naturali del tempo? Sono cambiamenti per cui ciò che è naturale adesso non lo era 100 anni fa, e viceversa? Il continuum riflette il concetto di ciò che è naturale nella natura, oppure no?
Il secondo argomento che sembra mancare dalla sua presentazione è intorno la forza trainante di questa continuazione della vita - che è in parte basata sulle persone che vogliono generarla all'interno di questi campi che lei ha illustrato, ovvero gli attivisti che lavorano in queste aree per continuare la vita.
Ci sono direttive specifiche che consentono questa continuazione, e quali sono?
Capucci
Rispetto alla opposizione tra naturale ed artificiale ho sempre avuto seri dubbi, nel senso che noi utilizziamo il termine artificiale anche in relazione a qualcosa che costruiamo.
Abbiamo cioè un rapporto con l'ambiente che ci circonda - e da questo traiamo delle cose : costruiamo delle cose, sottraendo materia, energia a questo ambiente etc. Tutto ciò noi lo definiamo artificiale.
Questo secondo me è un punto debole, perché se consideriamo l'artificiale in questo modo, dovremmo parlare dell'artificiale di tutte le specie viventi, per esempio quando un animale segna il territorio, compie un atto sull'ambiente. O quando gli uccelli costruiscono i nidi... si servono dell'ambiente per fare qualcosa di artificiale.
Dunque questa relazione tra naturale ed artificiale è una relazione di comodo, per così dire, perché definisce qualcosa che noi sottraiamo alla natura per il nostro interesse, ma è una distinzione che in realtà è instabile.
In ultima analisi potremmo definire l'artificiale come un naturale tipico della nostra specie.
Derrick de Kerckhove
Mi ha sorpreso che nella presentazione non hai fatto riferimento ad un momento epocale, la costituzione del genoma.
Lo dico perché molti studiosi affermano semplicemente che la coscienza è semplicemente evoluzione che si riflette informandosi su se stessa - Il momento di coscienza dell'evoluzione - come tu hai mostrato, dall'inizio della vita fino ad adesso - questo momento lo dà il riconoscimento dell'evoluzione della coscienza umana che trova il suo punto archetipale nell completamento del genoma!
Non che non lo fosse già, ma da questo momento, nel rovesciamento di potere tra la natura e la cultura - nel divario tra sviluppo della vita, fino ad un momento dove tutto è cambiato... ecco su questo mi chiedo cosa altro pensare...
Capucci
E' un momento estremamente importante quello che hai appena evidenziato.
Sicuramente la mappatura del genoma è un aspetto fondamentale, perché per la prima volta entriamo in contatto con la nostra memoria a lunghissimo termine. In altri termini, quella memoria che ci definisce fino al momento in cui abbiamo cominciato ad evolverci.
Ed è in questa memoria che abbiamo trovato anche delle tracce di virus. Stiamo cioè scoprendo all'interno di questa dimensione, e dovremmo considerarla come un sapere, una specie di testo. Negli USA ci sono dei laboratori che continuano a mantenere in vita dei virus di cui abbiamo gli antidoti, sono cioè debellati. Virus che sono mantenuti in vita perché il patrimonio ed il sapere genetico di queste creature è straordinario, è come leggere un libro - raccontano una parte della nostra storia.
Quando una specie si estingue, non c'è solo una dimensione emotiva, ma è tutto quel sapere che si è evoluto per milioni di anni che scompare. E quel sapere è per noi fondamentale - e quindi la conoscenza di questa dimensione va inserita in questo discorso. |
Pubblico
Vorrei chiedere un chiarimento. La sua tesi è dunque che il momento della condizione simbolica è molto vicina al virus, in quanto c'è una tendenza alla vita. Forse che una energia materialistica può essere associata ad una causalità immateriale?
Capucci
Dunque la visione simbolica avviene quando l'umanità comincia ad acquisire quei che chiamiamo i segni, i primi segni, l'ostensione diretta, i segni indicali, ed ovviamente a distanza di tempo, il linguaggio orale, le immagini, la scrittura e tutto il resto.
Questa è una dimensione fondamentale perché stabilisce anche una distanza rispetto al mondo. In altri termini, quando io indico qualcosa, questo qualcosa lo metto a distanza. A differenza della ostensione diretta in cui io devo tenere in mano l'oggetto che mostro, quando io indico qualcosa lo tengo a distanza.
La stessa cosa fa il linguaggio : io parlo del mondo tenendolo a distanza, e nel contempo creando un laboratorio, ridiscuto sul mondo, creo dei progetti sul mondo, che applico in maniera effettiva sul mondo.
La dimensione del virus è una dimensione che 'appartiene' ... viene dopo. Così la dimensione del genoma, viene dopo, perché ci dotiamo di una serie di strumenti che ci servono per studiare queste strutture, per creare dei modelli di queste strutture. E dunque per rendersi conto di quel sapere che può tornarci utile. E' grazie a questi studi che noi sappiamo che nel nostro patrimonio genetico anche i virus sono intervenuti...
Tommaso Tozzi
Vorrei tornare sul tema della coscienza e su quello della consapevolezza. Quando seguivo qualche anno fa le lezione di Parisi sulle reti neurorali, parlava già di forme di vita artificiali programmate con linguaggi non simbolici.
Che attraverso la programmazione non-simbolica si sarebbe dovuto costruire forme di vita artificiale!
La mia domanda provocatoria che gli facevo allora era ... ma hanno forma di autocoscienza, di consapevolezza queste forme di vita?...
Naturalmente si rifiutava di rispondere.
Vorrei allora chiederti come interpretare di nuovo il rapporto - a tratti filosofico - tra soggetto ed oggetto.
Trovo nella tua relazione due tipi di complessità : forme riconoscibili a livello materiale del corpo e altre che sono insieme di relazioni...
Capucci
Il mio intervento ed i grafi che ho presentato sono passibili di arrichimenti e integrazioni.
Sul rapporto tra soggetto ed oggetto io sono convinto che soprattutto con i nuovi strumenti, questa distanza tende a diminuire. Intanto perché abbiamo a che fare con le identità che sostanzialmente sono attive nel mondo reale, consapevoli, e con le quali saremmo connessi.
L'altra questione relativa ad un movimento di " post-umanesimo " che non ho ricordato volutamente, perché mi convince poco nelle sue definizioni - ed in particolare sono convinto che queste forme a cui daremmo luogo, anche dal punto di vista artificiale, saranno forme a cui conferiremo anche "dei valorii".
E dato che nasceranno da noi, daremmo a queste forme tutta una serie di cose che noi condividiamo....
Pubblico
Non capisco come si possa parlare di questo, senza aver preso una posizione sulla relazione tra energia e materia, oppure tra coscienza e materia. Io trovo pericoloso introdurre l'idea di simbolico in un discorso che ha a che fare con il modellamento del pensiero, perché ciò porta al fallimento, nel caso dell'intelligenza artificiale.
La sua rete sembra offrire una modalità molto limitata di avanzare... C'è un grande futuro per l'intelligenza artificiale -
E siamo andati molto più avanti con quello che si è cercato di fare con i modelli simbolici.
Va poi riconosciuto, che pur parlando di genoma, sembra che questo venga trattato un poco come i bambini che giocano con i mattoncini e pensano così di replicatre il mondo. Molto del DNA è oscuro - non ne sappiamo niente, così come di molta della materia dell'universo. Molta della mente è oscura perché non la conosciamo affatto.
Certo è un area molto difficile nella quale penetrare, ma vorrei a questo punto sentire citato Luis Bec non soltanto perché ha introdotto Edoardo Kac - ma perché il soggetto così è divenato molto più raggiungibile. Ovvero, lui si occupa di ibridi, ad un livello di cui è possibile parlare restando ad un livello materialistico e questo pone dei problemi estremamente interessanti dal punto di vista sociale e psicologico.
Da parte mia devo dire che questa area, se c'è un motivo per cui non è andata molto aventi, nell'arte, c'è una ragione ... cioè fare una bistecca e metterla in galleria ormai è noioso... o mettere degli artigli al braccio, se non è funzionale - non è più accettabile.
Penso che ci sia un problema e che non verrà risolto finché non dedichiamo più attenzione al rapporto tra mente e materia, o energia e materia. Non voglio essere negativo, ma ritenevo opportuno menzionare questi altri aspetti delle cose e portarli alla sua considerazione, senza per questo aspettarmi una risposta.
Capucci
Si, d'accordo. Questa presentazione è molto materialista, ma al suo interno c'è spazio per una dimensione spirituale - per così dire.
In altri termini l'acquisizione simbolica avviene all'interno di una cornice, naturale, ma è un processo che presenta molti punti interrogativi, dal momento in cui viene generato.
Un altro interrogativo certo affascinante è chiedersi ...perché se cade una goccia di qualsiasi liquido, se da qualche parte ci sono condizioni faverovoli, la vita comincia a svilupparsi.... Perché la vita produce la vita? Ed in questo processo è esattamente così. E questa è una domanda che non ha una risposta.
Tra l'altro io conosco personalmente Louis Bec. In Noema abbiamo pubblicato un suo saggio che introduce al discorso da lei accennato - e trovo che la sua ricerca sia straordinaria, sul tema dell'ibrido. E poi sarebbe importante parlare del convegno di questa estate a Praga - Metamorfosi-
Spero che la mia risposta sia stata soddisfacente.
- Pierluigi Capucci :
. Arte e biotecnologie
Artext08
|