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Nicola: Quest'anno, per i loro corsi allo IUAV Cesare Pietroiusti e Rene Gabri hanno lavorato ad un progetto particolare. Vorrei cominciare questa discussione da una descrizione di tale progetto. Cesare: Mesi fa Rene mi ha proposto di prendere ispirazione dal film di Lars Von Trier e Jorgen Leth, in cui il regista più giovane e più noto propone a quello più anziano di rifare un suo famosissimo film degli anni 80 Rene: Credo che con Cesare condividiamo un interesse per la tematica del gioco e il nostro intento non era soltanto quello di studiare ed esplorare tale tematica (con letture, visioni di film, ecc) ma anche di coinvolgere i nostri due gruppi di studenti in un processo che fosse un vero e proprio gioco. Un processo che pur essendo orientato dall'idea di produrre un lavoro, mantenesse tuttavia una conclusione aperta “divenire”, piuttosto che uno di quei giochi dove alla fine c'è chi vince e chi perde (ovvero, in un contesto universitario, chi fa un buon lavoro e chi fa un lavoro scadente). |
Cesare : Così abbiamo deciso di proporre circa quaranta opere da cui gli studenti potevano scegliere. Rene : L'intero processo è durato 11 settimane. La nostra speranza era anche quella di far marciare, parallelamente al “gioco” collettivo fatto con la classe “avversaria”, anche una serie di altre attività di tipo ludico nonché letture che ci consentissero approcci da diversi punti di vista al tema, sia relativamente all'opera d'arte che alla questione più generale del ruolo del gioco nella cultura, in politica, nelle dinamiche sociali. |
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Nicola : E' interessante notare che la prima ostruzione che voi, in qualità di organizzatori del gioco, avete posto agli studenti, sia stata proprio la lista di opere. Il primo passo è a tutti gli effetti questo processo di selezione. Vi sembra che ci sia omogeneità o eterogeneità fra i numerosi lavori che avete proposto agli studenti? Mariagiovanna : Come Rene accennava, la questione principale era il concetto del gioco, e quello delle sue regole. Sin dal principio abbiamo riflettuto su ciò che implicava la richiesta della ripetizione di un opera. La prima ostruzione, il primo problema di fronte al quale gli studenti si sono trovati è stato quello di dover rifare un'opera. Le discussioni, nei primi giorni del corso, erano concentrate proprio sul senso da dare all'atto di ripetizione dell'opera realizzata da un altro autore. |
Rene : A questo concetto di “distruzione” vorrei affiancare, come altre possibilità di approccio ad un determinato lavoro, altri termini come elaborazione, interrogazione, interpretazione. Traduzione, e anche il tentativo di completare elementi in qualche modo incompiuti dell'originale. Cesare : Per tornare alla tua domanda, noi abbiamo scelto dei lavori che contenessero un qualche elemento di gioco, con delle regole da seguire e anche da poter infrangere. Nicola : Puoi fare un esempio? Cesare : Following Piece di Acconci, per esempio, ha una serie di regole specifiche, che sono regolarmente incluse dall'artista nella presentazione dell'opera, e funziona come una specie di gioco. |
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Nicola : Era parte del gioco il fatto che gli studenti si trovassero a rifare qualcosa di difficile? Anna Maria : No. La difficoltà per noi stava nella ripetizione in sé e per sé, non nello specifico lavoro proposto. Cesare : Credo che il nostro obbiettivo non fosse quello di includere necessariamente nella selezione opere tecnicamente complesse. Intuitivamente abbiamo scelto alcune opere semplici da rifare, e altre no. Ci sembrava anche importante avere uno spettro di medium usati il più possibile vario, e quindi lavori video, performativi, fotografici, ecc Rene : Nel processo di selezione credo che abbiamo tenuto presente quanto potesse essere interessante un determinato lavoro rispetto alle possibili ostruzioni da porre. Trattandosi di un esperimento , ci siamo presto resi conto che le difficoltà tecniche o l'apparente complessità di un certo lavoro, non corrispondeva alla complessità del processo che ciascun studente aveva avviato. |
Anna Maria : in effetti le decisioni sono state prese in maniera diversa nei due gruppi. Sarah : Nel nostro corso abbiamo sottoposto ogni rifacimento dell'altro gruppo ad una discussione collettiva, dalla quale emergevano le ostruzioni da proporre. Anna Maria : La nostra classe invece ha lavorato in piccoli gruppi, ciascuno dei quali si occupava di decidere le ostruzioni per uno specifico lavoro dell'altra classe. Rene : Ci interessava pensare all'ostruzione stessa come una sorta di lavoro. Alla fine era importante per noi che determinati studenti prendessero la individuale responsabilità delle ostruzioni da proporre, così che essi fossero in qualche modo responsabili anche dei risultati del lavoro degli studenti dell'altro corso. Nicola : Si potrebbe parlare di miglioramento del lavoro iniziale? Cesare : Proporrei la sovrapposizione di due concetti. In genere si crede che una cosa sia cercare di migliorare un lavoro altrui, un altro creare un ostacolo alla sua realizzazione. Sphie : Proprio così. Il processo infatti abitualmente comincia con una reazione.... |
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Rene : E' stato sorprendente notare che, a volte proprio le ostruzioni che avevamo ricevuto peggio da certi studenti, determinavano poi lo sviluppo di lavori migliori, mentre le ostruzioni più gradite potevano arrivare, nei fatti, ad avere un effetto paralizzante. Sarah : Nel nostro corso, il mantenere un legame con il lavoro originale è stato elemento importante del lavoro di gruppo: In qualche caso non eravamo d'accordo con l'enfasi posta dagli studenti su alcuni aspetti del lavoro, in tal caso, cercavamo di correggerli e ri-direzionarli verso l'essenza dell'opera da cui eravamo partiti. Altra considerazione era legata a quanto una determinata ostruzione potesse creare un contesto favorevole per l'ostruzione successiva e così via. Ci sembrava insomma importante creare una continuità rispetto non soltanto a significati del lavoro originale ma anche delle ostruzioni date. Nicola : Quali sono state le ostruzioni e che tipo di reazioni hanno generato. |
Mariagiovanna : Una delle cose più interessanti all'interno del processo di questo gioco è stato il fatto di porre in questione gli stessi rapporti istituzionali: Alla fine, infatti, quel che gli studenti dicevano e decidevano rispetto ai lavori degli altri, faceva sì che in qualche modo essi assumessero la posizione di docenti, decidendo attraverso le ostruzioni che direzione gli altri compagni potessero prendere. |
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Sarah : In effetti ogni volta che si riceve una ostruzione ci si trova nella condizione di provarne i limiti; questo è proprio il modo in cui funziona il film Le cinque variazioni poiché ad ogni passaggio Von Trier mette alla prova Joergen Leth e ogni volta sembra sorpreso o addirittura scioccato dal modo in cui Loth rovescia o manipola la restrizione che gli era stata imposta. In qualche modo, questa stessa cosa è accaduta con i nostri studenti, che hanno accolto le ostruzioni ricevute alla stregua di una sfida e di una opportunità per sorprendere l'altro e, diciamo, “ostruire l'ostruzione”. Anna Maria : Penso che la porrei piuttosto in termini di desiderio. Mariagiovanna prima parlava degli studenti innamorati del lavoro che hanno scelto; allo stesso modo la sfida dell'ostruzione ricevuta è quella di farvi crescere all'interno il proprio desiderio che è anche presente nel lavoro originale dell'artista, e di condurlo oltre. Penso che l'ostruzione fosse un modo per provocare una reazione e far deviare gli studenti verso il proprio desiderio, mettendo in discussione il sentimento di prossimità ed allo stesso tempo agendo al di fuori di esso; questo per capire fin dove sia possibile condurre il proprio lavoro. Cesare : Vorrei aggiungere che ovviamente, quando parlo di “accettare” l'altro, penso comunque ad una forma di elaborazione. Non è mai un processo passivo, piuttosto una combinazione di differenze. Nicola : Alla fine di questa esperienza, ritengo che queste modalità di conduzione del corso universitario potrebbero esser replicate e essere considerate un vero modello didattico? |
Mariagiovanna: Non concordo nell'utilizzo del termine modello e non credo neppure che questo tipo di processo possa essere inteso come modello. Anna Maria: Non è un modello perché non è chiuso, non è la fine. Lo abbiamo inteso piuttosto come un gioco infinito ed indeterminato. Abbiamo giocato all'interno dell'istruzione per ripensare ai fuori come ad un immenso gioco che spesso non riuscivamo a percepire. [...] |
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Università Iuav di Venezia Facoltà di Design e Arti
2006 clasAV corso di laurea specialistica in progettazione e produzione delle arti visive. Laboratorio di Arti Visive 5 . |
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