Ogni giorno disegno un paesaggio.
Ogni giorno dalla stessa prospettiva.
Ogni giorno, finito il disegno, cancello e il giorno successivo inizio da capo.
Ogni giorno il mio sguardo è diverso.
Ogni giorno la mia mano muta il suo tratto.
Ogni giorno nuovi particolari si aggiungono ed altri si perdono.
Ogni giorno l’inizio e la fine si trasformano, si incontrano e si sovrappongono.
Ogni giorno il paesaggio è diverso dal giorno precedente.
Ogni giorno rimangono le macerie di quello che ho visto.
Ogni giorno un nuovo paesaggio nasce e un altro si cancella.
Ma ho già dimenticato ogni cosa. Forse.
Consacrazione - 2012
Olio di oliva su cartoncino in fibra cotone100%
Courtesy Galleria FuoriCampo, Siena
E il lavoro si trasforma nei resti del giorno precedente e in quelli del giorno successivo.
Rovine, detriti del mio segno, della memoria, del mio ricordo, del mio sguardo ogni volta diverso.
Restano le poche tracce del giorno precedente, quella materia nebulosa in cui si può scorgere rimandi a ciò che lo sguardo ricorda attraverso la nostra memoria. Sono i paesaggi originari, quelli che la memoria continua a ri/proporre anche quando si crede di averli abbandonati per sempre.
È come guardare attraverso la nebbia e tentare di ricordare ciò che la nostra memoria visiva ci suggerisce. Oppure ne creiamo di nuovi, paesaggi ideali dove perdere il baricentro è vertigine e piacere insieme. Dove ogni cosa è al suo posto o scompare. Dove possiamo immaginare, dunque.
Vedere è un atto creativo; e il giudizio visivo non è contributo dell’intelletto successivo alla percezione ma ingrediente essenziale dell’atto stesso del vedere.
Rudolf Arnheim
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