Artext
incontra SISSI
Artext - Da dove prende inizio la tua arte?
Se - Arte - è " La forma del tempo " che relazioni hai stabilito tra corpo arte vita ambiente?
Sissi - Nasco con un libro d'artista dal titolo "Anatomia Parallela"
E' un saggio di anatomia emotiva interna descritta scientificamente che ho studiato e poi riformulato accordardandola su di me. Sono stata quindi dottore, cavia, prototipo e materia di studio della mia stessa ricerca. Questa è la mia tesi di laurea e risale al 1999, di recente ho tratto i contenuti per trasformarla in una performance al Teatro Anatomico dell’Archiginnasio di Bologna.
In questa circostanza discuto e parlo di " Anatomia Parallela" come uno scienziato illustra il suo manifesto, solo dopo averlo sperimentato in tutti i suoi enunciati.
Tutti i miei lavori degli ultimi 15 anni, performance, sculture e disegni, riflessioni e fotografie non sono altro che la ricostruzione di questo corpo studiato direttamente.
Adesso posso dire che nelle prime performance come "Secondo mezzo piano"(2003) di essermi sentita un mollusco privo d'interiorita', la maglia mi avvolgeva, dava forma, era un magma di vita.
In seguito ho cominciato a mettere i denti, le ossa, ad indurirmi, a costruire delle strutture.
E così sono nati i " Nidi" (2004) e poi ancora ho cominciato a pensare al corpo che cresce, sale, si erige, e poi ancora ho preso ad elaborare le gabbie, le voliere, "Voliare" (2007), un lavoro sugli esoscheletri per parlare di un emotività contenuta dentro ad architetture,strutture dure.
E progressivamente in questo processo ho visto disperdersi tutte le mie parti interne, i miei organi, in quell'infinito mare informe riemerso alla Biennale di Venezia, "La deriva e il nodo della mia gola" (2009).
Le vibrazioni prodotte dall'eco della gola potevano in seguito richiamare gli organi e tutti i feticci del corpo che avevo perduto, ossa, unghie capelli, ciò che non muore, creando un corpo che si voleva ricongiungere.
Ora che l' unità corporea sta riprendendo coscienza mi sposto sulla percezione dell esterno, il fuori, verso la frontiera del corpo,la pelle, l' abito che può parlare.
Ecco, io sono veramente nuda quando mi vesto, perché solo così dico tutto di me.
Dico come mi sento in quel giorno, verso cosa sto andando, come penso, cosa sto sentendo; sentire sentirsi.
L'abito è certo una grande calendarizzazione di identità.
E so anche che sto costruendo un corpo, nel mio divenire, nel mio essere artista, un divenire opera totale.
E' questo un dato personale che è anche relazione con gli altri, perchè sono gli altri che mi danno emozione e che mi avvolgono e mi circondano e io produco per rispondere quindi è un essere davvero dentro al mondo, la mia visione....
A. - Dunque "la fonte di ogni espressione risiede nel corpo e nella sua anatomia"
Ma questo di cui parli, un corpo esploso in intrecci e trame o ricostruzioni anatomiche è forse riprodotto allo scopo di fuggire a modelli rappresentativi, immagini ed iconografie desuete?
S. - Studiando anatomia sui libri di testo di medicina, ho sentito il bisogno di scrivere la mia anatomia.
Vedo le emozioni avvolgerci da fuori e una volta immesse dentro di noi, ci vestono da dentro.
La materia emotiva è informe può manifestarsi attraverso infinite interpretazioni e questo aspetto spinge la mia fantasia a disegnarle e a comprenderle.
Il motore che ruota i miei occhi verso il dentro è generato dal bisogno di ritorno.
Immagino le 9 metrature esofaghee come un tunnel nella terra che si dilata nel sacciforme stomaco che divora e rieccheggia i miei primi pasti di vita che mai piu’ torneranno. L’eco rimbalza fuori riportando vedute come un pentografo che disegna paesaggi.
Richiamando immagini, associazioni biologiche e dal mio modo di riflettere rispetto all' idea di come il corpo mette dentro e butta fuori; penso alla macchina di Wim Delwoye che metabolizza e produce materia organica attraverso un apparato digerente.
Lui ne ha fatto una opera-macchina io ne faccio l' esperienza performativa della mia vita.
Rivolto, 2009 90x50x40cm
Si è piu' nudi vestiti, 2009 Foto 120x140cm
A. - Che relazione intrattieni con gli oggetti, gli abiti, le architetture?
C'è una progettualità nel tuo lavoro, elabori un linguaggio di simulazione, germinativo...
S. - Progettare è una parola che non mi piace. Preferisco “sentire”, che lo vedo manifestarsi come un’ impulso che mi attraversa, spinto da un onda elastica che rimbalzando in fuori prende e tiene dal trampolino della mia mano.
Seguo dei ritmi interni, emotivi e disciplinati. Riporto l’educazione che mia nonna massaggiava su di me alle cose che mi circondano come se fossero un popolo da educare.
Produrre, rielaboarre, costruire i miei lavori personalmente, manualmente mi permette di sentirmi libera di percorrere e vivere le mie energie e di considerare il fare come una funzione corporale al pari di respirare.
Inizio tagliandomi un abito sulla soglia di casa, diventa una riflessione sui comportamenti emotivi del’individuo, lo vivo come un materiale un pezzo di carne tagliato dall’osso che potrebbe modellarsi su un’altra superficie, forse riposera su qualche scultura in studio che lo aspettava, da me dimenticata apparentemente e da lui attesa e cosi’ il cerchio si chiude e riparte.
Tutto cio’ che ruota attorno a me, sollevato e riadagiato dalle miei mani è un modo per amplificare la mia perfcezione, gli abitanti sentono per me come un plus-corpo.
A. - Nel termine "Arte pubblica" è sintetizzata parte dell'avventura dell'arte contemporanea.
Potresti piuttosto parlare degli esordi delle tue "performance", ed del perché
hai intrapreso questa pratica.
S. - Sissi è anche un atleta, attualmente dedicata a nutrire con sole e acciaio i suoi muscoli.
Penso a Yukio Mishima alle sue riflessione tra spirito e corpo e come il corpo fisico sia un campo arato per il corpo interno se lavorato con intenzioni.
Guardandomi indietro il ricordo piu’ sincero è quello di tornare dentro. Il movimento che stavo cercavo era quello implosivo.
Non consideravo la performance come l’azione per narrare un messaggio, ma il viaggio per rientrare dentro a qualcosa.
La mia performance incominciava tessendo 4 o 5 mesi prima la maglia e poi la modellavo per costruirmi il mio spazio dalle sembianze di un abito, bozzolo di farfalla, nido, rifugio, tutte metafore per indicare la casa, l’utero.
Il mio cropo è uscito quando il ciclo delle prime performance “il ciclo dello scobidu” è finito con la performance T( 2003).
All’interno del tunnel che unisce le due ale del Macro spingevo dall’interno, avanti e indietro una scultura di gomma piuma rosa che appariva come una spugna-polmone.
Anatomia Parallela, 2011
Performance,Teatro Anatomico dell'Archigginnasio, Bologna
A. - La scrittura: diari, note di lavoro, osservazioni - questo continuum di annotazioni di stati sensibili sono forse degli studi, la trama sottile e nascosta dei tuoi lavori?
S. - Realizzo un diario con scadenza annuale, hanno un nome, sono il mio ritratto.
C'è l'anno delle anatomie, l'anno del sottosuolo, dei paesaggi, le cene.
I diari sono delle ossa che mi stanno costruendo, li faccio da quando ho 15 anni.
Sono piccoli, grandi, pieni, diari di foto, diari di disegni e combinati.
Sono libri rilegati a mano, tutti bianchi con dimensioni uguali come dei mattoni che costruiscono e riempono un archivio. C'è uno stile che torna sempre e c'è una idea che li unifica, sono un opera unica.
Un alveare, una grande libreria, un ossario fatto di tutti di libri che in seguito si potranno consultare.
Dentro vi saranno tutti i miei pensieri in immagini tutto cio’ che ha dato vita a quell territorio che mi ha alimentato, l’esterno, gli altri, gli amici, le foto, le situazioni, i ricordi che si sono trasformati in segni e poi in tracce e poi in lavori. Io non perdo mai niente ho una grossa difficoltà con il passato, non voglo mai che finisca, non lascio, ma so trasformare!
Una sensazione, un gesto, tutto viene conservato.Tutto viene archiviato, disegnato, schedato con un numero, una pagina, un disegno, un diario un anno, un tema.
Quindi tengo tutto. Un enorme quantità di materiale e di lavoro.
C'è poi tutta la mia ricerca fotografica mai esposta, che parte dal 99 fino ad oggi.
Ecco questo sarà un altro archivio che mostrerò appena mi sentirò pronta.
Le mie suggestioni panoramiche, come il miei occhi interni vedono l' esterno!
A. - "Addosso" 2010 una riflessione sull'arte indossabile e del magnetismo che si raccoglie negli abiti
Pensi che vi sia spiritualità nella tua arte?
Puoi raccontare del tuo recente viaggio in Giappone...
S. - Sono andata in Giappone per una residenza d'artista presso Tokyo Wonder Site e ho realizzato una mostra personale alla Mizuma Gallery.
Quando si parte per un viaggio e come se ci tagliassimo le radici per metterle nell'acqua in cui si è ospiti aspettando che ributtino. Qualcosa di analogo lo faccio su di me prendendo le sensazioni dall'esterno, e facendole vivere dentro di me in talea.
Quando ero in Giappone ho ritrovato molte cose che mi appartenevano, come l'uso delle corde e degli intrecci che realizzo ormai con una certa continuità.
Manipolare è una attività femminile diffusa universalmente, forse perché annodare, tessere, intrecciare è qualcosa che riproduce un mantra e ricostruisce la vita, e questo mi appartiene totalmente. In Giappone ritorna con presenza la corda che tiene, il chimono, imballi, decorazioni per Mazzuri, corde abbandonate sulle rocce in mezzo al mare o sugli alberi in mezzo al bosco ad indicare un contesto spirituale, lo Scimenaua.
Tutto torna anche per una cultura occidentale come la mia.
I miei capelli ad esempio s'intrecciano in "accrobatiche acconciature " (1999) come un tratto di memoria, un pensiero in uscita, contiguità tra sacro e profano.
Nella mia mostra personale a Tokyo" Al di la dello sguardo la corda lega" (2008), presentava tele ovali dipinte con rappresentazioni anatomiche e vestite, avvolgendole con delle corde come un corpo che si spoglia, svela.
Finestre sull’interiore come nei modelli in cera per gli studi anatomici in cui sollevi l'indumento e sotto in evidenza trovi il costato.
Altre volte è uno specchio al centro di questa riflessione come " Autoritratto con specchio"(2010) ma sempre per spostare i concetti alle emozioni, madri che li producono.
"Addosso" (1995-2010) è un archivo documentato in 285 tavole, pentagrammo di una psyche in moviemnto, descrivo in dettaglio il giorno che è stato indossato, i materiali che lo compongono e iI loro significati, la famiglia di appartenenza, a quale ricordo è collegato.
C'è insita nell'abito una potenza visionaria che nasce dalla sua capacita di avvolgere, dal senso di colpa del corpo di volersi coprire. La stoffa informe da forme da indossare come una sindone tiene a se l'impronta del corpo, lascia un disegno che se lo tagli può vestirti.
I materiali sono il punto di partenza del mio lavoro, possiedono sex appeal fornendomi fascinazioni.
Uso e scelgo I materiali come se stessi per fare un trapianto, pensando quali sono compatibili con la mia natura, il mio modo di essere. Trovato l’elemento scelgo la tecnica, la modalità con cui vengono utilizzati, l'intreccio, il nodo, come i capelli...
Ma c'è sempre una ricerca, un lavoro che inizia sempre e non finisce mai.
I materiali sono lo spirito che curo e a cui affido la mia rappresentazione.
Progetto per La deriva il nodo della mia gola, 2009
collage e tecnica mista su carta, cm 35x50
A. - L' opera come sistema di interazioni e trasformazioni:
"Voliare" ad esempio (Fattoria di Celle, Collezione Gori, Pistoia (2007)
Potresti parlare di questo lavoro, la sedimentazione, la stratificazione dei sensi, dei significati
nel processo di realizzazione..
S. - Voliare è una parola che tiene in se Voliere_Volare_Volere.
Le tre V sbattono come ali il respiro che dilata il diaframma di questo progetto nato per Celle.
Ho piegato, saldato e battuto centinaia di tondini di ferro per creare un’architettura scheletrica sviluppata lungo 8 stanze.
Ho amato immaginare che un cetaceo si fosse arenato tra quelle stanze, scomparendo il suo telaio costoidale era cio’ che rimaneva.
Percorrendo le stanze il visitatore poteva avere l’idea di essere un respiro dentro a un rovo che a tratti si dialta e poi si fa piu’ generoso e poi torna a complicarsi, cosi’ le mie gabbie si alternavano in ritmi di chiusura e apertura. Atri e ventricoli. Nel volo le ali viaggiano e poi si posano attendendo lo slancio. Muovono aria, disegnano traiettorie, tracce e intrecci.
La gabbia è come la nostra gabbia toracica, il respiro le fa vibrare diventando flessibili cosi’ le voliere, gabbie piu’ grandi, permettono il volo, danno respiro.
|