Stella - Vedova Mazzei
non sono i nostri cognomi, si tratta di una targa che abbiamo
trovato a Napoli - necessaria ad evitare i nostri nomi che
sono Simeone e Stella -
Anche se poi spesso chiedono chi di noi è Vedova e chi
Mazzei (risa)
Vedovamazzei non esiste - esiste questa targa per celare la nostra
individualità -
perché di solito l'artista è pervaso da una certa
presunzione e delirio di onnipotenza.
Lavorare in due significa arrivare al compromesso -
Simeone - Doppio compromesso.
Stella - E magari doppia presunzione - o onnipotenza doppia.
E poi ci piaceva perché questa targa è stato
il nostro primo lavoro.
Vedovamazzei è una donna ma è anche un uomo.
Vedova - è una vedova.. Mazzei è il cognome dell
'uomo, che però è defunto. Mentre la vedova non
possiede un cognome. Diciamo che è stata questa la nostra
prima opera per entrare nel mondo dell'arte.
Abbiamo in realtà inziato con un lavoro del 91. Un
piccolo lavoro " Natura molle" che anticipa "Vedovamazzei" -
un lavoro molto piccolo dove c'è un' impronta fatta
con il lattice di gomma su vernice che cola e crea una sbavatura,
una sorta di sberleffo.
Simeone - Sempre nel 91 abbiamo fatto una mostra all'istituto
Grenoble di Napoli - ed è un lavoro realizzato con un
trapano applicando dei piccoli fori alla parete.
Avevamo conteggiato tutte le mostre che erano state fatte in
questo Istitituto -
25anni di mostre - noi abbiamo fatto una conta sommaria di
questi buchi - e li, abbiamo disegnati su di una parete abbastanza
grande un "Bebé": 370 per 244cm - E la cosa
affascinante di questo tipo di lavoro è che quando si
entrava in galleria nello spazio bianco, la percezione dell'occhio
non riusciva ad intuirlo subito, e neppure di cosa si trattava.
Poi pian piano questi puntini si depositavano sull'occhio -
fino ad evidenziare l'immagine di un bambino.
Stella - E' come quando ci si abitua al buio e cominci a vedere
le cose.
Simeone - Esatto. Questa è stata la nostra prima mostra
- In seguito un critico di Milano venuto a vedere questa mostra
- ci incoraggiò a spostarci da Napoli.
Artext - E' possibile attraverso i vostri lavori una riflessione
sul sistema dell'arte?
Stella - Sinteticamente noi ci proponiamo come operai dell'arte.
Non ci consideriamo artisti.
La mattina ci svegliamo e dalla dieci alle sette di sera stiamo
al lavoro.
Perché solo lavorando si ottengono delle cose.
Per quanto riguarda il sistema dell'arte - la situazione non è molto
diversa da un passato meno recente. Nel senso che esiste un
committente - anzi esiste prima il tuo lavoro, la parte più importante
di te - che è quella che vivi nel tuo studio lavorando
di continuo. Poi esiste il lavoro da committenza - così come
esisteva già nel quattrocento etc.
E poi c'è un lavoro all'interno delle istituzioni -
che arriva nei musei fino alle aste - acquistando in conseguenza
quel plusvalore..
Simeone - Il problema è molto serio. Se c'è un
grosso collezionista che compra - adesso - è certo che
diventi un grande artista - ed il tuo lavoro, automaticamente
diventa impotante.
E questo anche dal punto di vista dell'immagine. E non stiamo
parlando di qualità. Stiamo parlando solo di un effetto
che ciò produce.
Per cui al di là del rispetto per l'artista - l'unica
cosa da fare è raggiungere una stabilità, perché in
questo lavoro c'è sempre il rischio che collezzionisti
galleristi e curatori - si innamorino o stravedano per il tuo
lavoro, ma altrettanto rapidamente poi se ne possono disinamorare.
Si tratta certo di un intreccio e di relazioni complesse.
Però la grandezza del sistema è che semplicemente
viene corrisposto dalla grandezza della tua stabilità -
Quindi più sei stabile all'interno di una struttura
- più hai questa capacità di resistere alle tue
stesse incertezze.
Artext - Stare su di un rischio?
Simeone - Sempre e costantemente!
Stella - E' un rischio - come un terreno minato, senza contare
il potere che tutto questo produce - e la cui unica uscita è la
qualità del lavoro.
Simeone - Tecnicamente tutto questo lo vivo in maniera quasi
romantica. Per dire che - il militare che va in guerra sa di
poter esser ucciso - ma se subisce la guerra da civile, vieni
ucciso. Quindi è questa la differenza. Tu muori comunque
- ma sai che partendo per la guerra i rischi sono altissimi.
Certo ormai di fatto la realtà dell'arte vive di luoghi
dove si svolgono contemporanemante molte altre cose.
A New York ci sono tremila gallerie - centinaia di musei, un
luogo dove puoi vivere sempre una seconda possibilità.
C'è un brano del Talmud illuminante al proposito che
dice: se non è un sogno mettilo alla porta -
se è un sogno allora subiscilo, perché chi sogna
subisce- Ma se non è un sogno lo devi mettere alla porta.
Se non è un sogno diventare artista, devi andare a combattere,
devi andare là dove c'è un territorio per cui
puoi lavorare. Il contemporaneo?! Si riferisce sempre ad un
sistema.
Ma dov'è che acquisti valore contemporaneo o questo
statuto? Nel sistema, ad un altro livello.
Artext - E lavorare in coppia?
Simeone - Innanzitutto come diceva Stella - il fatto che Vedovamazzei
sia stato il primo lavoro e, sia stato un modo per annullarsi,
non come coscienza, ma come entità individua -
così da non dover dichiarare mai chi fosse l'uno o l'altro!
Quindi all'inizio c'era tensione e competizione.
Prima c'era l'idea che si sovrapponeva alla realizzazione.
Quindi l'input era delimitante - ( c'era l'idea e dopo la realizzazione.
)
Mentre adesso avendo uno studio grande, e non dovendo lavorare
solo su computer il risultato lo decide la forza lavoro. Quindi
prima litigi e arrabbiature, adesso no. Lavoriamo e basta.
Artext - Ma chi è che dipinge?
Stella - Lui dipinge mentre io metto i chiodi.. (risa)
il ragazzo di bottega -
Devo solo dire che eliminando le zavorre e quindi l'individualità e
l'esperienza - il personale, anche di ciò che ti accade
quotidianamente, in questo senso aiuta a sbrigarsi a rendere
pratico tutto il procedimento. Questo è lavorare in
due.
Simeone - Quando noi pensiamo un lavoro - quando lavoriamo
pensiamo da Vedovamazzei.
Artext - E' diventata una nuova identità?
Simeone - Si esatto. Se penso ad un lavoro, anche se sono
da solo - non c'è il problema di farlo accettare all'altro
- Non si dice : Ah ti piace questo..!
Lo si dice tuttalpiù come effetto secondario, per firmarlo,
per certi versi.
Stella - Io nello studio ci vivo - non posso andare via -
ma posso sempre modificare il lavoro (risa di entrambi)
Ecco, mentre nelle altre coppie avviene il compromesso, al
contrario noi non vogliamo operare - ma crearlo un lavoro -
evitando ciò che può diventare ibrido, inutile
e noioso - come risultato di un compromeso -
Noi lavoriamo tutto il giorno e poi decidiamo insieme - se
questa cosa funziona o meno - comunque la si fa.
Simeone - Non c'è l'altro che si rifiuta. C'è molta
sintonia e complicità.
Lasciamo che l'opera sia se stessa. Diventiamo noi due fruitori
dell'opera di una terza persona - Questa è la nostra
esperienza nel lavoro.
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