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Palazzo Strozzi
Tomás Saraceno
Arturo Galansino

 
Tomás SaracenoTomás Saraceno, Aria 2020, Palazzo Strozzi Firenze Photography Ela Bialkowska, OKNO Studio



Aria
Tomás Saraceno
Testo di Arturo Galansino

Io non so se sia vero quello che si legge
nei libri, che in antichi tempi una scimmia
che fosse partita da Roma saltando
da un albero all’altro poteva arrivare
in Spagna senza mai toccare terra.
(Italo Calvino, Il barone rampante, 1957)

Per un artista contemporaneo esporre a Palazzo Strozzi implica misurarsi con uno dei simboli del Rinascimento. Per Palazzo Strozzi fare una mostra d’arte contemporanea non significa solo costruire un’esperienza estetica, ma vuol dire prendersi la responsabilità, propria di un’istituzione che vuole parlare al proprio tempo, di trattare i temi più rilevanti del nostro presente. L’arte di Tomás Saraceno (1973) ci fa riflettere su problemi e sfide della nostra era, l’Antropocene, divenuti sempre più urgenti, come l’inquinamento, i cambiamenti climatici, la sostenibilità, il superamento di barriere geografiche e sociali. A Palazzo Strozzi la sua visione aperta e interconnessa che schiude mondi utopici e allo stesso tempo reali, viene ulteriormente amplificata di senso e resa unica dal confronto con un edificio simbolo della cultura umanistica. Questa mostra, uno dei più ampi progetti espositivi realizzati dall’artista nel corso della sua carriera, attraverso un profondo e originale dialogo tra storia e contemporaneità, propone un cambiamento del modello di riferimento: dall’uomo al centro dell’Universo, concetto fondante dell’Umanesimo, all’uomo come parte di un tutto in cui ricercare una nuova armonia attraverso la distruzione di ogni gerarchia e visione piramidale.

Tomás SaracenoTomás Saraceno, Aria 2020, Palazzo Strozzi Firenze Photography Ela Bialkowska, OKNO Studio


DALL’UMANESIMO → ALL’AEROCENE

L’emblema umanistico dell’Uomo vitruviano armoniosamente inscritto nelle due figure perfette del cerchio, il cielo, e del quadrato, la terra, secondo la sezione aurea, espressione delle leggi scientifiche che governano il mondo – e anche le proporzioni dell’architettura di Palazzo Strozzi – teorizzata come ideale di bellezza e perfezione matematica e universale, viene superato perché proprio dalla fede umanistica nelle capacità razionali dell’uomo di dominare la natura troviamo i prodromi dell’Antropocene. Attraverso le opere di Tomás Saraceno, Palazzo Strozzi diventa un dispositivo comunicante la complessa rete che collega il microcosmo delle particelle e del pulviscolo al macrocosmo dei soli e delle galassie, una jam session cosmica in cui gli elementi che costituiscono l’Universo si rivelano quali miriadi di suoni di un’orchestra vivente e in evoluzione. Qui ogni concezione antropocentrica viene scossa e rimessa in discussione dando voce al non visibile e al non umano, ovvero a tutti quei processi misteriosi e impercettibili che dominano il cosmo e che ci sfuggono, evocando cosi una nuova prospettiva verso cui dirigere il nostro futuro. Tomás Saraceno lavora con un approccio totalmente interdisciplinare, annullando ogni divisione di genere, gerarchia di saperi e pratiche portando all’estremo la varietà e l’ibridazione che hanno caratterizzato la cultura artistica fiorentina nei secoli. Come lo sguardo di Saraceno si spinge fino alle costellazioni distanti centinaia di migliaia di anni luce, nel Quattrocento gli artisti a Firenze osservavano il cielo con attenzione e senso del mistero. Ad esempio, la cupoletta della scarsella della Sagrestia Vecchia di San Lorenzo, edificata su progetto di Filippo Brunelleschi (1377‐1446) e forse affrescata da Giuliano d’Arrigo detto il Pesello (1367‐1446) nel 1442, raffigura un cielo stellato in cui i corpi celesti sono collocati con grande dettaglio grazie alla supervisione dell’astronomo Paolo dal Pozzo Toscanelli (1397‐1482). La precisione astronomica è tale da avere consentito di affermare il momento in cui il cielo sopra la città presentava quelle caratteristiche. Ancora a Firenze, un secolo e mezzo dopo, Galileo Galilei (1564‐1642), osservando il cielo, grazie al cannocchiale e al metodo scientifico sperimentale, accreditò l’ipotesi copernicana scardinando una volta per tutte la visione geocentrica e antropocentrica dell’Universo. Verso la fine del 1609, i suoi acquerelli raffiguranti la Luna, con il variare delle sue fasi e i mutamenti luminosi, ci ricordano il Calendrier Lun‐Air de Paris di Saraceno che rileva l’inquinamento dell’aria nelle diverse ore del giorno, collegato alle nostre abitudini e all’uso dei combustibili fossili. Galileo tradusse quelle osservazioni del cielo in affascinanti e dettagliate raffigurazioni, dove l’astro notturno non appare come un perfetto corpo aristotelico, ma bensì segnato da monti e valli, «disuguale, aspra, disseminata di cavità e di sporgenze, non diversamente dalla faccia della Terra». Legate a Firenze e al rapporto tra l’uomo e il cielo sono poi, ovviamente, le ricerche di Leonardo sul volo, i suoi disegni di macchine volanti, gli studi sul paracadute e sugli uccelli sono antenati delle sculture Aerosolar di Saraceno, più leggere dell’aria e in grado librarsi e muoversi in cielo senza uso di combustibili fossili. L’esperimento di volo più noto mai effettuato a Firenze è certamente quello legato al tentativo di Leonardo da Vinci (1452‐1519), assieme all’amico alchimista Zoroastro da Peretola (1462‐1520), nel 1506, di far funzionare una delle sue macchina volanti, «empiendo l’Universo di stupore». Nel 2009, sorprendendo gli scienziati della NASA, con una delle sue sculture volanti Tomás Saraceno fa alzare in volo nella Silicon Valley per la prima volta un uomo soltanto grazie al calore del sole…

Tomás SaracenoTomás Saraceno, Aria 2020, Palazzo Strozzi Firenze Photography by Studio Tomás Saraceno, 2020


Piglierà il primo volo il grande uccello sopra del dosso del suo magno Cecero, empiendo l’Universo di stupore, empiendo di sua fama tutte le scritture e gloria eterna al nido dove nacque.
(Leonardo da Vinci, Codice sul volo degli uccelli, 1505 circa)

Accanto agli elementi scientifici e tecnologici che caratterizzano il lavoro di Tomás Saraceno, coesistono suggestioni più esoteriche, evocanti quelle componenti alogiche, simboliche e inconsce che guidano il nostro destino. Sin dalla preistoria l’Uomo ha utilizzato pratiche divinatorie legate al mondo animale per conoscere il proprio futuro. L’artista, rievocando la divinazione ngámm, pratica in uso presso la popolazione Mambila in Camerun, decodifica i misteriosi messaggi dei ragni grazie alle Arachnomancy Cards, un mazzo di trentatré carte per consultare gli oracoli‐ragnatele.

Mi sono applicato soprattutto a guardare i tarocchi con attenzione, con l’occhio di chi non sa cosa siano, e a trarne suggestioni e associazioni, a interpretarli secondo un’iconologia immaginaria.
(Italo Calvino, Introduzione a Il castello dei destini incrociati, 1973)

Utilizzati come strumenti narrativi, come in un “Palazzo dei destini incrociati” ambientato in un universo parallelo, carte da aracnomanzia guidano il visitatore attraverso la mostra, svelando e velando al contempo i significati di ciascuna delle nove installazioni e creando inaspettate connessioni tra elementi apparentemente lontani. Araldi d’aracnomanzia, queste carte discendono dai tarocchi quattrocenteschi, gioco di società e repertorio simbolico in voga presso le corti del tempo, in bilico tra la filosofia neoplatonica di Marsilio Ficino e il mondo cavalleresco di Matteo Maria Boiardo, tra l’immaginario classico rinascimentale e i bagliori dorati del tardogotico di Michelino da Besozzo o Bonifacio Bembo. D’altronde, la storia stessa di Palazzo Strozzi è espressione della fiducia nel potere divinatorio degli astri nella Firenze del Rinascimento: il fondatore del palazzo, il ricchissimo mercante Filippo Strozzi (1428‐1491), infatti, si affidò all’astrologo Benedetto di Giannozzo Biliotti che, in seguito a complessi calcoli astrologici, scelse l’alba del 6 agosto 1489, sotto «il segnio del lione», come congiuntura astrale propizia per porre la prima pietra dell’edificio progettato da Giuliano da Sangallo (1445‐1516).

Saliva sopra l’orizonte horientale il segnio del lione che è per essere segnio fisso e reale significha l’edifizio perpetuamente durare e habitazione di huomini grandi, nobili et di buon stato…
(Libro di debitori e creditori e ricordi di Filippo Strozzi, 1484‐1491)

Tomás SaracenoTomás Saraceno, Stillness in Motion – Cloud Cities, 2016 Photography by Studio Tomás Saraceno, 2016


ARIA

Una nuova carta, Aria, dà nome e immagine alla mostra, ed è la copertina del catalogo. Questo titolo, oltre a riferirsi a temi ed elementi caratteristici del lavoro dell’artista, vuole essere un monito al rispetto del pianeta e della sua atmosfera ormai criticamente compromessa e prefigurare il passaggio dall’Antropocene all’Aerocene, una nuova era geologica sviluppata attorno a questo preziosissimo elemento in cui l’Homo sapiens si evolverà finalmente nell’Homo flotantis, imparando a vivere e viaggiare galleggiando nell’atmosfera, in un nomadismo aereo affrancato tanto dai combustibili fossili quanto dalle frontiere che ne limitano il pensiero e l’esistenza. L’aria è l’elemento in cui viviamo, una piattaforma condivisa con tutti gli altri esseri viventi, in cui si scandisce ogni momento della nostra vita. Ogni respiro è un universo complesso che contiene miliardi di molecole che volano più veloci del suono, scontrandosi tra loro milioni di volte al secondo. Parafrasando Evangelista Torricelli (1608‐1647), matematico e fisico, fiorentino di adozione e seguace galileiano, nuotiamo in un oceano d’aria. Oggi anche quest’oceano è inquinato, da diossido di carbonio e altri elementi tossici che limitano il nostro diritto a respirare. Sempre di più si impone un discorso politico intorno all’aria, colonizzata, stretta da confini territoriali, devastata da materie nocive e onde radio, trasformata in un bene per pochi. Intorno a questi temi e al semplice assunto che l’aria appartiene a tutti, ruota l’azione e il pensiero di Aerocene Foundation, una comunità internazionale e interdisciplinare che cerca di sviluppare una nuova ecologia di pratiche, sensibilizzare verso il rispetto dell’atmosfera e immaginare un futuro sostenibile attraverso l’utilizzo delle sculture volanti di Saraceno. Durante il periodo della mostra saranno organizzati sul territorio diversi workshop, diffondendo così a Firenze e in Toscana questi esperimenti di volo e di riappropriazione dell’aria. Nell’aria galleggiano le grandi sfere specchianti di Thermodynamic Constellation, ancorate e sospese nel cortile di Palazzo Strozzi, pronte per spiccare il volo verso mete lontanissime invitandoci a partire verso una nuova era di sintonia con l’atmosfera liberata dalle emissioni nocive; nell’aria si espande il concerto di Sounding the Air e si alza il pulviscolo che pervade la ragnatela amplificata di Passages of Time, facendoci entrare nell’Universo sensoriale di un ragno, con il nostro movimento nell’aria diventiamo comparse del teatro di ombre di A Thermodynamic Imaginary e tracciamo le rotte dei palloncini di Aereographies, cosi come nell’aria le Tillandsie dei Flying Gardens crescono trovando il loro nutrimento.

I ragni vivevano nella mia casa o ero io che vivevo nella casa dei ragni?
(Tomás Saraceno)

Tomás SaracenoArgyroneta aquatica 2017, Foto di Studio Tomás Saraceno, 2017


Nella carta Aria, una ragnatela richiama quelle che brillano come nebulose e galassie lontane nel buio di Webs of Attent(s)ion, frutto della collaborazione di ragni di specie diverse. Da centinaia di migliaia di anni questi invertebrati tessono sotto i nostri occhi architetture simili alla struttura dell’Universo: una ragnatela tridimensionale, come quella color rubino di How to Entangle the Universe in a Spider/Web?, dove le galassie sono situate lungo filamenti di gas caldo e materia oscura, distribuite lungo i fili di un’enorme ragnatela cosmica, mentre si avvicinano e si fondono in un’unica grande rete. Al centro dell’immagine, una comunità di Argyroneta aquatica, utilizza la propria seta per vivere e spostarsi sott’acqua, a bordo di una bolla d’aria. Questi aracnidi acquatici, come i ballooning spider – ragni volanti che in colonie lanciano in cielo lunghi fili per poi spiccare il volo e giungere ad altissima quota spinti dal vento come attaccati a un aquilone – hanno sviluppato incredibili doti nel corso della loro evoluzione diventando emblemi viventi di futuri alternativi. In basso, la visione apocalittica di Firenze allagata allude alla recente inondazione di Venezia causata dai cambiamenti climatici che continuiamo a non affrontare e ricorda l’alluvione fiorentina del 1966, catastrofe che ha segnato la storia della nostra città e non solo. Questa immagine distopica si riferisce inoltre agli architetti “Radicali”, movimento sorto a Firenze nella seconda metà degli anni Sessanta in reazione all’alluvione, che ha segnato un ripensamento dell’architettura in un connubio tra utopia, ricerca e tecnologia, nella direzione di figure come Frei Otto (1925‐2015), Yona Friedman (1923) e Richard Buckminster Fuller (1895‐1983), punti di riferimento per la riflessione di Saraceno.

Trovo calzante il paragone con Calvino. Ho amato Il barone rampante […]: un inno all’assenza di gravità, in un certosenso.
(Tomás Saraceno)

Tomás SaracenoTomás Saraceno, 32SW/Stay green/Flying Garden/Air‐Port‐City, 2007‐2009 Photography by Studio Tomás Saraceno, 2007


CITTÀ INVISIBILI

Le città invisibili sono un sogno che nasce dal cuore delle città invivibili.
(Italo Calvino, Introduzione a Le città invisibili, 1972).

Dalle ricerche di questi architetti, derivano le strutture di Saraceno che riprendono modelli modulari, biologici o molecolari, ripetibili all’infinito come Connectome, installazione ispirata alle strutture connettive neuronali del cervello, e Cloud Cities, città flottanti tra le nuvole, “appese a un filo”, visioni potenziali di uno sviluppo in antitesi ai confini orizzontali creati dall’uomo. Queste utopie architettoniche appaiono costruite, come «una città che s’allarga s’allarga e risulta costruita di tante città concentriche in espansione, una città ragnatela sospesa su un abisso», come ha scritto a proposito delle sue Città invisibili Italo Calvino (1923‐1985), autore che Saraceno conosce durante gli anni giovanili passati in Italia e nel quale trova diversi spunti poetici. Anche noi, come Kublai Khan di fronte a un impero insostenibile che sta schiacciando se stesso, sogniamo «città leggere come aquiloni, città traforate come pizzi, città trasparenti come zanzariere, città nervatura di foglia, città linea della mano, città filigrana», mentre Marco Polo ci racconta di Bauci, persa tra le nubi e sospesa su sottili trampoli, di Tamara, dove corrono nuvole in cui riconoscere figure note, di Anastasia, appesa ad aquiloni o di Lalage che dalla Luna ha ricevuto il privilegio di crescere in leggerezza… Incapace di parlare, o reso muto da un sortilegio, Marco potrebbe estrarre dal mazzo un’altra carta che raffigura Aria, città connessa alle stelle dove nei palazzi le ragnatele diventano porzioni di universi che predicono futuri radiosi, i ragni suonano la musica del cosmo e i cortili sono porti aperti verso il cielo da cui partire per le nuvole a galleggiare sulle cupole, i campanili e i colli.

Tomás SaracenoTomás Saraceno, A Thermodynamic Imaginary, 2018 Photography by Studio Tomás Saraceno, 2018


 

Tomás Saraceno. Aria
Testo di Arturo Galansino
Firenze Palazzo Strozzi - 20/02/2020 : 19/07/2020
Site Palazzo Strozzi Firenze
@ 2020 Artext

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