Poems I Will Never Release comprende inoltre: I Did Not Say or Mean “Warning”, opera con cui Chiara Fumai vinse il Premio Furla nel 2013, in cui incarna lo spirito di una donna anonima che guida lo spettatore attraverso la storica collezione d'arte della Fondazione Querini Stampalia a Venezia; Chiara Fumai legge Valerie Solanas, finta propaganda del Manifesto S.C.U.M di Valerie Solanas, che riflette la prima campagna politica di Silvio Berlusconi; The Book of Evil Spirits, una video installazione prodotta per Contour 7– The Biennial of Moving Image in cui l'artista ha documentato una serie di sedute spiritiche tenute da Eusapia Palladino, riscrivendo retrospettivamente la storia della medium.
L'interesse dell’artista per le esperienze medianiche, la scrittura automatica e la magia nera sono testimoniati dai wall drawings, tra cui This Last Line Can Not Be Translated ideato dall'artista per il Premio New York – vinto nel 2017 – e presentato postumo alla 58° Biennale di Venezia nel 2019.
La mostra cerca di catturare ciò che Chiara Fumai amava definire il suo “slavoro”: una produzione decennale che va ben oltre le performance per le quali era più conosciuta.
Il titolo della mostra è tratto dall'ultimo autoritratto dell'artista: un burattino con una maglietta con il motto Poems I Will Never Release. Sebbene la frase possa suonare malinconica in relazione alla sua precoce scomparsa, in realtà afferma un dato di fatto: Chiara Fumai ha basato il suo lavoro sull'esecuzione di parole scritte da altri. Non ha mai composto poesie ma ha incanalato parole altrui, quelle di donne che avevano bisogno di riscatto e riconoscimento storico.
Chiara Fumai
Francesco Urbano Ragazzi
D - * Sei stato coinvolto nei lavori di catalogazione e archiviazione del Fondo Chiara Fumai in collaborazione con il Castello di Rivoli. Qual è stato il tuo approccio? Che ruolo hai interpretato?
Francesco Urbano Ragazzi - È stata un'operazione delicata che abbiamo iniziato subito dopo la morte di Chiara, nell'agosto 2017, e che in un certo senso è coincisa per noi con l'elaborazione del lutto. Già nel settembre 2017 Carolyn Christov-Bakargiev, direttrice del Castello Rivoli a cui si deve la partecipazione di Chiara a dOCUMENTA (13), ha espresso il desiderio di inserire l'archivio Fumai tra quelli conservati al CRRI, il centro di ricerca del museo. A quel tempo la situazione era molto confusa, per non dire tragica. Quello che oggi possiamo chiamare il fondo Chiara Fumai consisteva in una serie di materiali sparsi tra Bari, Bruxelles, Milano e Brescia, la città dove Chiara aveva vissuto negli ultimi anni. Fu proprio a Brescia che, insieme alla madre dell'artista, scoprimmo un mobile contenitore dove venivano custoditi gli oggetti che poi si sarebbero rivelati fondamentali,oggetti di ogni genere e tipologia raccolti più o meno alla rinfusa in una cinquantina di scatole: lampadari, gioielli, sgabelli, libri, armadi, bicchieri, parrucche, lenzuola, specchi, dischi, collage, documenti, LP, CD, DVD, corde, coperte , scarpe, vestiti e altri libri. Nel caos assoluto, ogni scatola aveva la sua coerenza, era come un microcosmo del cosmo di Fumai.
Le pistole e i passamontagna erano gli oggetti di scena di una performance intitolata
SCUM Elite che conoscevamo e a cui avevamo partecipato. La combinazione con la borsa, d'altra parte, era un evento nuovo. In mezzo a tutto questo trambusto, ci è balzata addosso come un segno del genio combinatorio di Chiara Fumai, in continuità con le altre sue opere.
Come avrai intuito, il nostro approccio in quella fase era tutt'altro che distaccato. Tra il 2017 e il 2018, però, abbiamo iniziato a mettere le cose in ordine e tutto il materiale recuperato è stato raccolto a Bari presso la casa della madre di Chiara. Solo a quel punto siamo riusciti a stabilire un criterio di archiviazione, escludendo quanto apparteneva alla sfera puramente personale e dividendo i materiali rimanenti in 7 categorie principali: abiti di scena, oggetti di scena, biblioteca letteraria e saggistica, biblioteca esoterica, dischi e vinili, rassegna stampa, archivio digitale. Con il team del museo si è poi lavorato per formalizzare una donazione e stabilire criteri e codici di catalogazione in base ai quali l'archivio è ora consultabile a Rivoli.
Pur escludendo oggetti strettamente personali, la selezione rivela come la ricerca artistica si intersechi con una dimensione esistenziale. L'archivio descrive così l'ambiente culturale in cui si collocano la vita e l'opera di Chiara Fumai.
Chiara Fumai, The Girl with the Blanket, 2008 (dettaglio). Foto © Ela Bialkowska.
D - Vuoi raccontarci qualcosa di più sulle collezioni di Chiara dedicate all'occultismo, al pensiero anarchico, al femminismo, ma anche sulla sua collezione di dischi?
Francesco Urbano Ragazzi - Il lavoro di Chiara è in gran parte basato sull'appropriazione e remix di testi scritti da altri autori: in questo senso, va pensato come la continuazione della sua carriera di DJ con altri mezzi. Diremmo quindi che la biblioteca è in assoluto il cuore dell'archivio. La consultazione dei volumi donati a Rivoli permette di ricostruire in modo abbastanza preciso tutte le fonti utilizzate per realizzare opere e performance. Da un lato, attraverso l'archivio è possibile risalire all'origine delle citazioni che Chiara ha celato in tutta la sua opera. Ad esempio, siamo stati in grado di risalire con precisione alla fonte del messaggio comunicato in linguaggio dei segni nello spettacolo
I Did Not Say or Mean “Warning” , che in realtà proveniva da una lettera di un anonimo militante delle Brigate Rosse trascritta nel libro
Mara e le altre: le donne e la lotta armata di Ida Faré e Franca Spirito. Oltre a questo, l'archivio ci racconta come Chiara ha studiato i suoi personaggi, o ci permette di capire l'unità della sua ricerca. Un singolo vettore lega insieme, ad esempio, la dialettica servo-padrone nelle teorie di Hegel e Marx,
The Sadeian Woman di Angela Carter e di Kathy O'Dell
Contract with the Skin: Masochism, Performance Art, and the 1970s.
Lo stesso si può dire della collezione di dischi, che rivela l'interesse di Chiara per Italo Disco, interesse che si è concentrato nella performance
Chiara Fumai Presents Nico Fumai. Ma c'è di più. Questa parte della collezione è divisa in due sezioni principali: i vinili o CD che abbiamo trovato nella borsa da viaggio di Chiara e quelli trovati altrove. Questa distinzione dà un'immagine della musica che Chiara ha suonato nelle sue ultime serate di DJ, da Nina Hagen a Telex a Trans-x, da Drexciya a Lory D, ma offre anche uno spaccato sulla sua cultura musicale.
La biblioteca esoterica, invece, contiene teosofi come Blavatsky, Besant e Fortune, a cui Chiara ha dedicato anche opere e collage, occultisti come Crowley, LaVey e Carroll, e ordini magici come Golden Dawn e Dragon Rouge. Ha ragione Marco Pasi quando nota che, con il passare del tempo, l'immaginario legato all'occultismo acquista sempre più peso nell'opera di Chiara. Tuttavia, resta da vedere fino a che punto la pratica artistica e spirituale vadano di pari passo o siano separate. Mentre Chiara era certamente interessata all'occultismo, il suo lavoro sembra avere più a che fare con operazioni di continuo occultamento.
Chiara Fumai, Nico Fumai: Being Remixed: Fumai Memorabilia Installazione, 2017, vedute dell'allestimento. Foto © Ela Bialkowska.
D - In che modo il tuo lavoro d'archivio ha influenzato la realizzazione della mostra?
Francesco Urbano Ragazzi - [..] C'è un elemento postumo che riflette profondamente il lavoro d'archivio e l'approccio adottato in questi anni sia da noi che da Milovan, co-curatore della retrospettiva. L'elemento in questione coincide con la prima sala della mostra, in cui è stata ricostruita una stanza del bilocale di Via Col di Lana 8 a Milano dove Chiara ha vissuto gli anni cruciali della sua vita e carriera. La ricostruzione della sala comprende una parte importante dell'archivio donato a Rivoli, alcune opere giovanili, insieme a diari e schizzi che in tempi diversi hanno costellato l'universo domestico e artistico di Chiara.
Già nel 2013 Chiara aveva espresso il desiderio di creare un'autocelebrazione umoristica sotto forma di una Casa Museo compressa in pochi metri quadrati. Il suo desiderio non era mai stato esaudito e Ginevra sembrava una buona opportunità per realizzarlo. Partendo dalla planimetria della casa, dalle foto in archivio e dall'inventario dei materiali in nostro possesso, l'ambiente è stato poi ricostruito e riadattato dialogando con l'équipe del Centro Pecci diretto da Cristiana Perrella. Il risultato è un ibrido tra un archivio e un'opera che esprime la dimensione transitoria e la ricombinazione potenziale infinita, tipica del lavoro di Chiara. C'è anche tutta l'ambiguità tra il reale e il falso, rigore scientifico e surrealismo, solennità e ironia.
Chiara Fumai, The Girl with the Blanket, 2008 (dettaglio). Foto © Ela Bialkowska.
*Da "neroeditions.com/loyalty-to-a-legacy"
Chiara Fumai, Roma 22 febbraio 1978, Bari
Tra le principali istituzioni che hanno esposto il lavoro di Fumai, si ricordano Fondazione Antonio Ratti (Como), Fondazione Sandretto Re Rebaudengo (Torino) Museo del Novecento (Milano), Museion (Bolzano), Muzeon Art Park (Mosca), Centro de Arte Dos de Mayo (Madrid), SongEun ArtSpace (Seul), Villa Medici, MAXXI, Museo Nazionale delle arti del XXI secolo, XVI Quadriennale d'Arte (Roma), Bozar (Bruxelles), De Appel ( Amsterdam), Whitechapel Gallery, David Roberts Art Foundation, Delfina Foundation (Londra), CONTOUR 7 - Biennal of Moving image (Mechelen), MACBA (Barcellona) Pivot ( Sao Paulo), National Gallery of Art (Vilnius).
Nel 2019 due anni dopo la sua morte, avvenuta il 16 agosto 2017 a Bari, il suo lavoro è stato incluso nel padiglione Italia della 58a Biennale di Venezia
La mostra è parte di un ampio progetto che mette insieme diverse istituzioni europee con lo scopo di rivisitare il lavoro dell’artista, preservarne il lascito e trasmetterlo a un vasto pubblico. Presentata alla fine del 2020 al Centre d’Art Contemporain Genève, la mostra – dopo il Centro Pecci- viaggerà per i prossimi due anni a La Loge di Brussels e alla Casa Encendida di Madrid, approfondendo l’indagine su una personalità creativa che ha lavorato in modo marcato sui linguaggi della performance e dell'estetica femminista del XXI secolo.