Open Menu
Cristina Kristal Rizzo
Conversazione

 
Cristina Kristal RizzoCristina Kristal Rizzo, ikea SITE SPECIFIC, Pac Milano, 2018. Foto di Luca Del Pia


Artext - Dance N°3, Loveeee, BoleroEffect, Invisible Piece, Prélude, VN Serenade - da quale complessità deriva il titolo di una coreografia/performance?

CKR - Credo che un titolo possa e debba avere la stessa densità e intensità di un processo di ricerca che porta all’apparizione di una ‘ danza ‘. E’ una parola che si aggiunge, a volte alla fine, a volte appena prima, a volte nel corso della creazione, é un ulteriore pensiero/immagine che trova nel linguaggio una forma per articolarsi o declinarsi verso il fuori, verso lo sguardo. Può avere la capacità di condensare le immagini, le sensazioni, le pratiche, le letture e le vite vissute in un concetto, può essere come una chiave che apre alla visione di qualcosa. Deve suonare, dare il ritmo giusto, l’ accesso timbrico alla visione. Non é mai facile trovarla, si deve poterla ricordare in un attimo, deve configurare un senso ma permettere anche una possibilità d’interpretazione, far apparire l’immagine segreta che ha dato origine al tutto. Ultimamente, non intitolo più nessuna delle danze che sto creando, preferisco nominare il pensiero generativo di queste danze per collocarle nell’esistente, trovare un contenitore/titolo che le contenga e dunque le faccia riconoscere o conoscere. Ho cambiato anche il mio nome ultimamente, solo per ricordarmi che é il vuoto a cui tendo, la possibilità di non possedere.

Cristina Kristal RizzoCristina Kristal Rizzo, ikea SITE SPECIFIC, Pac Milano, 2018. Foto di Luca Del Pia


A - Come si genera una coreografia?

CKR - Ciò che posso far emergere é la danza ed un pensiero che ne determina la forma, che la fa apparire. E’ la mente che guida il corpo o é il corpo che guida la mente ? Non lo so. E’ un verso di Morrissey di una famosa canzone degli Smiths che da sempre attraversa e ritorna come domanda anche nei miei intimi processi, compresa la risposta. In questa fase in cui l’esperienza che ho accumulato lavora senza che me ne accorga, mi é possibile trovare quel punto d’incontro in cui la mente e il corpo o il corpo e la mente procedono insieme, nel presente del presente e dunque il corpo pensa mentre la mente danza e viceversa. La coreografia arriva quasi sempre dopo, dopo l’apparizione della danza, e forse é un sistema che organizza il tempo più che lo spazio, é un ritmo che organizza la visione, la scansione degli stati corporei che si trasformano. Non considero il mio lavoro come un ‘ lavoro coreografico ‘, non organizzo il tempo e lo spazio per produrre un’immagine che mi appartenga e mi definisca in quanto artista, mi interessano le alterazioni, le temperature che cambiano, gli sgambetti e le oscillazioni, la poesia e non il linguaggio. La generazione di una qualità specifica del tempo che attraverso la ‘ danza ‘ si produce in un’immagine del mondo, arriva per me con delle pratiche molto specifiche, una tecnologia del corpo da trovare ogni volta e questo richiede un tempo lungo di ricerca. La danza é materia vibrante, é un fenomeno sprovvisto d’intenzione che può permettere nuove percezioni, nuove connessioni o nuovi affetti. Cerco di trovare un luogo per questo fenomeno, questa diversa postura, il luogo dell’apparizione, che è la danza, che é la coreografia, che é un pensiero vivo.

Cristina Kristal RizzoCristina Kristal Rizzo, Riccardo Benassi. Techno Casa Plus.


A - Quali i processi e "le pratiche per trovare la danza"?

CKR - Si tratta sempre di sviluppare una tecnologia molto specifica, che significa trovare attraverso l’esperienza del corpo e attraverso il pensiero che questa esperienza fa emergere, delle tecniche, degli esercizi o pratiche che si possano ripetere. Si tratta di ritrovare ogni volta, giorno dopo giorno, uno specifico luogo corporeo che generi degli stati mentali, una qualità di sguardo, una conduzione energetica verso l’esterno, uno specifico andamento ritmico, dinamico, emotivo e psichico. Solitamente per arrivare a trovare le ‘pratiche’ ho bisogno di un periodo lungo di solitudine, di studio ed immersione nella vita, per sentire o forse intuire le istanze profonde che il corpo sente, potrei dire quelle contrazioni o stati d’animo che producono il movimento del pensiero e di una soggettività; dopo questa fase silenziosa, che lavora solitaria e intima, é importante spostare il piano sulla pratica corporea, la ricerca di movimento, cercando di far risuonare continuamente la postura delle articolazioni e la forma dei muscoli con la forma del pensiero. Ogni danza ha le sue necessità, ma anche si traccia a partire da quella precedente, a volte si tratta di approfondire qualcosa di già percorso o trovato, per renderlo ancora più semplice nella sua idea dinamica e trovare un luogo ideale e cristallino che permetta ai corpi di stare nella complessità senza sforzo.

Cristina Kristal Rizzo ULTRAS sleeping dances, 2018. Foto di Cristina Krystal Rizzo


A - Puoi raccontare di questo nuovo progetto artistico -ULTRAS sleeping dances, ospitato in anteprima allo spazioK ?

CKR - Come tu stesso dici é un progetto artistico, che si sviluppa in un tempo esteso, in questa prima fase sta emergendo un formato particolare, sono delle ‘danze ‘ create per gli spazi che le ospitano, come degli eventi che di volta in volta abiteranno luoghi diversi, magari in open air o spazi particolari, creando degli habitat irripetibili e ogni volta unici. Sono al tempo stesso danze compiute molto agili ma anche materiale di studio, percorso che oltrepassa l’idea di site-specific per configurare invece la possibilità che sia la danza ad accogliere lo spazio che attraversa e viceversa che uno spazio possa farsi abitare dall’attraversamento di una danza. Pensate come dei moduli adattabili a qualsiasi ambiente o paesaggio estetico, le ULTRAS sleeping dances tendono ad apparire come un’attività pura che si può considerare giocosa, dove la maestria non è semplicemente un’abilità fisica ma anche una sapienza, una grazia, un atto impersonale che prelude a una rigenerazione. Così da manifestarsi come uno stato interiore, una potenza immanente che si posa nel clima del mondo e attraverso di esso trova nel presente del proprio mostrarsi uno sguardo rilassato condiviso con il pubblico. In questo senso sono immaginate senza nessun apparato tecnico particolare, alla luce naturale o in una dimensione luminosa che faccia emergere la presenza, l’atmosfera , potenziando le qualità del luogo che le ospita. Questa ricerca prosegue un discorso iniziato con il precedente lavoro BoleroEffect del 2014 e poi con le produzioni successive ikea, Prélude e VN Serenade, che hanno aperto il mio fare all’idea della ‘ danza ‘ come campo di pura immanenza, in cui é l’intensità del desiderio a far apparire la forma, l’affezione come possibilità di coabitazione di uno spazio e di un tempo, la moltitudine come luogo di esistenza per la differenza, la postura del corpo come politica dell’esistente. Questa traccia di pensiero mi sta portando ad una trasmissione di pratiche molto aperta alla moltiplicazione del segno coreografico, sto dunque lavorando con diversi magnifici danzatori all’emersione di una ‘ danza sub personale’, un livello di qualità affettive non ancora organizzato che permetta nuove percezioni, nuove connessioni e nuovi rapporti tra diverse soggettività.

Cristina Kristal RizzoCristina Kristal Rizzo, ikea SITE SPECIFIC Centro Pecci 2016. Foto di Tiziano


A - Come si colloca nella tua esperienza artistica, rispetto ad un formato, di linguaggi e specifiche visive in attuazione dello spazio?

CKR - ULTRAS contiene nel titolo una tensione verso gli afflati, gli entusiasmi che connettono la realtà corporea del nostro esserci e le sensazioni incorporee dell’anima, parlo di tutto ciò che non é visibile ma é presente nel flusso energetico che trasmettiamo al mondo. Dove va a posarsi questa relazione immediata che conduciamo con l’esterno attraverso lo sguardo, il tatto, la percezione di un nostro tempo che si svolge e che riconosciamo come vita terrena ? Attuarsi in uno spazio vuol dire dunque considerarlo come un vuoto in cui nulla si condensa in una massiccia presenza ma tutto si attualizza attraverso una reciproca compenetrazione tra le cose, forma e vuoto stanno sullo stesso piano dell’essere e lo sguardo riflette senza brama un’immagine distaccata dal reale, un’immagine inedita che si genera con delle risposte immediate ai rapporti, le connessioni, le qualità spaziali di un luogo. Questo nuovo progetto dunque, sicuramente risponde ad una necessità oggettiva e molto pratica di formulare una produzione artistica leggera nelle sue strutture e nei suoi formati, ma soprattutto espande ciò che nella mia esperienza artistica si sta rivelando nodo centrale, considerare lo sguardo come una membrana, una superficie opalescente che traccia un passaggio tra l’intimo e l’ultra. Allora si tratta di considerare lo ‘spazio della visione ‘ come un luogo di metamorfosi, nessun eroismo geometrico interrompe la linea orizzontale della danza, il suo soggiornare volta per volta nel presente, fondersi con il paesaggio e divenire interamente tempo senza opporsi ad esso. La coda nel titolo sleeping dances , vuole semplicemente indicare questa possibilità data a tutti di incantarsi sulla soglia tra un dentro e un fuori, allentare lo sguardo, contemplare la figura particolare delle cose, distaccarsi dall’immagine e dai suoi effetti, abitare la sensazione. Per essere più espliciti e pragmatici é un metodo che genera una forma che é anche una micro politica.

Cristina Kristal RizzoCristina Kristal Rizzo, No tengo dinero. Foto di Ilaria Scarpa


A - Che attenzione rivolgi alla partitura?

CKR - La partitura o le partiture sono sempre molto importanti nel processo di emersione di una danza. Si tratta di trovare una logica della sensazione, non di organizzare organicamente un tempo e uno spazio già dato, ma di trovare quantità e intensità molto specifiche che rendano visibile lo spazio e diano qualità allo scorrere del tempo. Questa maniera affettiva di percorrere, attraversare, depositare un gesto, una linea, un’ampiezza ha bisogno di mostrarsi esatta e irriducibile, sono le superfici che contengono la profondità e l’espressione. La danza é sempre già presente, si tratta solo di farla apparire, lasciarla andare fuori senza trattenerla o tenerla, non ha bisogno di un soggetto per determinarsi o per comunicare. Il corpo del danzatore é un interstizio, una soglia in cui la forma attraverso la materia si produce. La danza non é mai solo nel corpo di chi sta danzando ma anzi appare solo quando le concedi l’abisso del vuoto. Questo discorso é facilmente frainteso o manomesso, poiché non si tratta di dare libero sfogo all’espressione libera di un esistente nel caos di un’improvvisazione permanente e diffusa o nel flusso continuo di una fluidità liquida, ma invece proprio di dare corpo/forma/tempo/spazio al dettaglio e alla specificità per accettare una volta per tutte l’autonomia espressiva di cui ogni singolarità ha bisogno per esistere.

Cristina Kristal RizzoCristina Kristal Rizzo, Prélude. Foto di Cristina Krystal Rizzo


A - La composizione coreografica, considerata "fra le più vicine alla vita e scevra da mediazioni linguistiche" ha come funzione estetica quella di sondare l'invisibile ai sensi?

CKR - Da qualche anno é emerso il concetto di ‘ coreografia espansa ‘, cioè dell’idea che in qualche modo é il mondo intero e sicuramente ogni possibile forma artistica che può essere considerata ‘ coreografia’ , un’organizzazione dello spazio e del tempo che produca una differenza estetica e dunque una diversa ‘ politica ‘ dello stare nel mondo. Questa riflessione estende il discorso fuori dallo specifico della danza, ampliando e moltiplicando le modalità performative di tutto ciò che ci circonda. Niente in contrario alla performance di per sé come forma artistica, ma credo che anche in questo caso il fraintendimento sul ‘ soggetto libero di auto esprimersi come identità ‘ sia molto forte; siamo nella performance ormai tutti continuamente, la parola stessa chiede efficienza e disponibilità all’esposizione di sé, siamo chiamati a dichiarare una identità presunta o virtuale, a moltiplicare e nutrire un’estetica dell’appagamento e della produzione continua di immaginari. E’ l’identità stessa che viene ormai stretta nelle maglie di qualsiasi idea di mondo. Allora forse comporre coreograficamente una vita nel mondo può essere una possibilità per sondare l’invisibile, trovare rapporti con il reale includendo tutto, non essere la performance ma essere una situazione abitativa, un habitat.

Cristina Kristal RizzoCristina Kristal Rizzo, Invisible Piece. Foto di Laura Arlotti


A - Una coreografia è come una meditazione? (seduta ed in movimento)

CKR - La meditazione é una pratica e come tutte le pratiche produce una trasformazione che si attua nel tempo, nella ripetizione di una condizione o stato e la ripetizione fa apparire sempre la differenza. In questo senso una danza é per me sempre una meditazione seduta/statica e in movimento/dinamica. Meditando si pratica la possibilità della mente di stare nel presente, di sentire il sottile e di fare esperienza della trasformazione di tutto nel tutto. La meditazione non é una pratica che ci distacca dal reale o ci trascende, é un esercizio per praticare l’uguaglianza ed io credo fermamente che la danza lo sia altrettanto rivelandoci il potenziale politico dei nostri corpi.

Cristina Kristal RizzoCristina Kristal Rizzo, La Sagra della Primavera Paura e Delirio a Las Vegas. Foto di Thibault Gregoire.


A - Che azione può svolgere la danza sui corpi... rimtica il sentire, purifica le affezioni, libera l'esterno?

CKR - La danza é un atto impersonale che ci libera dalla dittatura dell’io, del corpo organizzato ed efficiente, capitalista. Dunque é prima di tutto una fuoriuscita energetica che appartiene a tutti, tutti possono generarla in qualsiasi momento ed in qualsiasi luogo. Quando incontra la tecnologia del corpo, la danza ha la capacità di far emergere intensità o immagini fuori dal senso. Come la meditazione allena al lasciare andare, al non trattenere, ad una presa diversa sulle cose del mondo, a considerarsi cosa tra le cose e dunque in questo senso allena ad un’ altra idea di economia, che potremmo anche dire ad un’ ecologia dell’esperienza. Attraverso una tecnologia del corpo molto raffinata e super specifica, chi danza impara ad ascoltare lo spazio e a guardare il tempo, a dare direzione all’intensità, a condurre l’energia verso il tutto. E’ un’azione che emancipa il corpo, ma liberandolo dalla dittatura della libera espressione, rivelando la materia e la sua trasformazione come potenza o come gioia del divenire.

Cristina Kristal RizzoCristina Kristal Rizzo, VN Serenade.Foto di Luca Del Pia


A - Costante è la variabilità dei componenti di ogni spettacolo: gruppo o ensamble, si tratta sempre di soggettività che producono insieme - ciò che riverbera! Come accade... attraverso l'improvvisazione e la condivisione sul movimento e il pensiero?

CKR - La parola ‘ ensemble ‘ é quella che meglio esprime l’idea di comunità, nel senso proprio di messa in comune dell’esperienza. E’ un pensiero che ho attivato nei miei ultimi lavori con un’intenzione molto precisa e con una determinazione politica, sia rispetto al contesto in cui opero che non permette nei fatti di stabilire contatti e generare discorso comune, ma conduce sempre più ad una forma d’isolamento artistico e di competizione tra generazioni vecchie e nuove; ma anche come messa in atto dell’idea di una molteplicità in cui é la singolarità a emergere e a comporre la potenza dell’immagine, non attraverso la gerarchia del potere ( del genio del coreografo o della bravura dell’interprete ) ma attraverso una responsabilità , un’autorevolezza reciproca nella piena autonomia del singolo. Evidentemente questa modalità, questo movimento del pensiero, chiede una forte adesione, poiché ciò che mette in campo non é solo un’adesione estetica , ma anche e soprattutto una messa in gioco dei propri rapporti con l’esistenza tutta, allontanando qualsiasi dimensione psicologica o narrativa. Perciò é sempre molto delicato e prezioso per me il momento in cui si attiva un processo di creazione con altri corpi, cercare le parole e la modalità in grado di permettere la trasmissione di una pratica, di una prassi sul movimento del pensiero, e sul sentimento del movimento. Spesso si tratta di attraversare insieme luoghi sconosciuti, ma anche di far emergere uno spazio in cui guardarsi senza giudizio, o senza attese e questi luoghi sono sempre luoghi corporei che allenano anche la psiche e l’anima. L’improvvisazione é uno strumento per produrre forma e dunque ha sempre a che vedere con lo studiare e l’informare il corpo. Il mio lavoro si sviluppa e si trasmette solo ed esclusivamente attraverso l’invenzione di pratiche che sono dunque private, intime e misteriose, una volta trasmesse queste pratiche, diventano il corpus, il tracciato o la partitura condivisa in cui l’esperienza estetica può determinarsi.

Cristina Kristal RizzoCristina Kristal Rizzo, Prélude. Foto di Cristina Krystal Rizzo


A - Il corpo attraverso la danza esprime una tecnologia inesausta? L'immagine che la creazione coreografica a volte produce (consuma e restituisce) attraverso gli sguardi, ha come dinamica e processo l'informare il corpo di ciò che i nostri sensi affinano e riproducono?

CKR - Credo che la danza apra al corpo, sia di chi la fa che di chi la guarda, la possibilità di sentire senza volere, di rimanere nel tempo del preludio o dei preliminari. E’ un tempo in cui tutto accade senza mai compiersi e esaurirsi, in cui la produzione dell’eccitazione e dell’intensità non si da per appagarsi subito o tendere ad una fine. Non esiste movimento riproducibile, non esiste ripetizione possibile, nemmeno quando é la partitura coreografica a dominare piuttosto che la danza nella sua essenza primaria, cioè il suo essere senza linguaggio. Mi piace molto questa espressione ‘ tecnologia inesausta ‘, perché bene esprime il limite o il bilico in cui ogni corpo si trova quando la danza si produce, condurre i flussi di un’energia in constante trasformazione, aderire alla matematica invisibile degli stati d’animo ma fare tutto questo in completa dissipazione, lasciandolo allo sguardo dell’altro.




 

Cristina Rizzo
Conversazione
Site : Cristina Rizzo
@ 2018 Artext

Share