Persona è il progetto dell’artista Gerardo Goldwasser nell’ambito del tema Il latte dei sogni proposto da Cecilia Alemani, curatrice Biennale Arte
2022, che l’Uruguay presenterà , con la curatela di Pablo Uribe e Laura Malosetti Costa.
Persona propone una riflessione critica che mette in scena un aspetto tanto essenziale
quanto complesso delle società umane: i modi di coprire ed esporre i corpi, di
disciplinarli e anche di distinguerli. La questione che solleva si riferisce alle forme con
cui ogni essere umano si percepisce come persona costruendo il suo aspetto, il suo
modo di entrare in scena ogni giorno della sua vita. L'etimologia del concetto si riferisce
al teatro classico: il suo primo significato è stato «maschera d’attore». Quella maschera
è all’origine della cultura del vestire.
Goldwasser propone, nelle sue opere, una tensione tra individuo e spersonalizzazione
normativa in una linea di riflessione legata alla sartoria: come mestiere, come disegno
soggetto a regole precise, come ripetizione e istituzione di norme, il tutto legato alla
memoria e al trauma della sua storia familiare. Il suo lavoro si sviluppa a partire da un
manuale di sartoria tedesco ereditato dal nonno, un sarto ebreo che grazie alla sua
professione, confezionando divise, riuscì a salvarsi dal campo di concentramento
nazista di Buchenwald, e arrivò così in Uruguay.
Un elemento chiave di questa proposta è la stordente presenza dell’assenza di colore.
Le tonnellate di stoffa nera nelle bobine da taglio, le file di maniche, gli strumenti di
misurazione, i cartamodelli che ordinano ogni spazio, appaiono come un nero incubo
che dialoga con Il latte dei sogni immaginato da Leonora Carrington, anch’essa
sottoposta a quella pressione intollerabile e standardizzante a metà del XX secolo, che
ha ispirato questa biennale.
La proposta comprende la storia culturale europea dell’ultimo secolo dall’Uruguay. La
storia personale dell'artista è il punto di partenza di una storia del mondo. È una storia
condivisa da molti ebrei emigrati in America.
Gerardo Goldwasser, Persona, 2022. Pavilion of Uruguay. 59th International Art Exhibition - La Biennale di Venezia. Photo Rafael Lejtreger
In un nuovo contesto di crisi mondiale post-pandemia, di pericolo d’estinzione della
nostra specie — che è l'unica in grado di estinguere tutte le altre, di estinguere tutto —,
questa mostra, dal forte carattere umanistico, ci confronta con progetti passati e
presenti che cercano di trasformare gli esseri umani in macchine infallibili, puntuali,
ordinate, obbedienti, costruttrici e allo stesso tempo distruttrici di tutto ciò che non è
utile o addomesticabile.
Lo scenario planetario è diventato ancora più complesso. I rifiuti dell'industria della moda inquinano i mari e milioni di lavoratori digitali e industriali non indossano più divise, sono disseminati in angoli lontani dalla cultura egemonica e vivono in condizioni che li condannano ad esistenze sempre più distanti dai prodotti che generano.
Persona di Gerardo Goldwasser ci invita a fare la storia. Invita a guardare con occhio critico il presente e a immaginare nuovi modi di essere persona in un futuro che percepiamo minacciato dalle nuove tecnologie omologanti e distruttive.
Invita inoltre a riflettere sull'aspetto più oscuro della cultura dell'abbigliamento e con lo stesso gesto a immaginare modi nuovi e creativi per inserirsi come persona in un contesto di crisi in cui la meccanizzazione e le nuove tecnologie diventano sempre più disumanizzanti, più omologanti sotto i presupposti di un uso "efficace" di tutto ciò che ci circonda e coinvolge. Invita infine a osservare e a pensare alla
rappresentazione dei corpi e alle loro metamorfosi, ai dubbi che permeano le scienze,
le arti e i miti del nostro tempo, ai legami distruttivi e instabili della specie umana con tutte le altre forme di vita, in bianco e nero come in quell’anonimo manuale di sartoria senza dati di edizione, che Goldwasser ha ereditato dal nonno e che al nonno salvò la vita nel campo di concentramento di Buchenwald.
Gerardo Goldwasser, Persona, 2022. Pavilion of Uruguay. 59th International Art Exhibition - La Biennale di Venezia. Photo Rafael Lejtreger
Materialità e storia
Pablo da Silveira
In un mondo sempre più incline al virtuale, Gerardo Goldwasser ci propone un ritorno
al cuore della materialità. Il suo è un universo di trame, di volumi che si impossessano dello
spazio, di tracce che si ritagliano sulla tela. Tutto è corporeo e allo stesso tempo sottile. Non
ci sono nemmeno colori violenti che dirottino la nostra attenzione. Quello che c’è è piuttosto
un invito ad ascoltare una materia che sussurra.
In un mondo che rende culto all’istante, Goldwasser dialoga con la sua storia personale, con
il passato della sua famiglia, con l’identità della società a cui appartiene. Nel suo lavoro c’è
introspezione e allo stesso tempo l’esplorazione di un’eredità che ci permette di capire.
La società̀ uruguaiana (la società̀ in cui è nato e che Goldwasser rappresenta)
è un esperimento radicale di immigrazione e convivenza. In questa terra relativamente
piccola e scarsamente popolata arrivarono, in epoche diverse, spagnoli che sognavano
di «fare l’America», comunità̀ guaranì̀ che circolavano nella regione, africani portati
come schiavi, portoghesi delle Azzorre, italiani sfuggiti alla povertà̀, discendenti degli
ugonotti, ebrei perseguitati, russi espulsi dagli zar, mennoniti che si rifiutavano di fare i
soldati, anarchici più̀ o meno violenti, armeni reduci dei massacri, miliziani sconfitti nella
guerra civile spagnola, sopravvissuti ai campi di concentramento e sterminio di tutta Europa.
Oggi arrivano cubani e venezuelani in fuga dalla paura e dalla fame, insieme ad altre persone
che si sentono attratte da una terra di tolleranza e libertà.
La società̀ uruguaiana contemporanea non può̀ essere capita senza considerare
il contributo di queste correnti migratorie, sommate ad altre che non ho nominato.
Ognuna ha portato le proprie convinzioni, i propri modi di vivere, la propria arte, le proprie
storie. Portarono anche il loro sapere, perché́ tra loro c’erano contadini, muratori, lavandaie,
fabbri, falegnami, mercanti, musicisti, parrucchieri, sarte e sarti.
Gerardo Goldwasser fa arte a partire da una specifica combinazione di questi antecedenti.
In essa si trovano l’ebraismo, l’arte della sartoria trasmessa di generazione
in generazione, i campi di concentramento, l’incorporamento in una società̀ che è riuscita
a costruire un modello particolare di convivenza nella diversità̀. L’opera di Goldwasser è
profondamente uruguaiana, e per questo profondamente cosmopolita. È anche un’opera
che si costruisce con i materiali e le tecniche di un sarto. Non solo ci invita a guardarla, ma
anche a percorrerla con la punta delle dita. In mezzo a tanto frastuono, è pura materialità̀ e storia.
Gerardo Goldwasser, Persona, 2022. Pavilion of Uruguay. 59th International Art Exhibition - La Biennale di Venezia. Photo Rafael Lejtreger
Gerardo Goldwasser (Montevideo, 1961)
Ha studiato presso il Centro d’Espressione Artistica diretto da Nelson Ramos; fabbricazione
della carta con Laurence Baker e incisione su metallo con David Finkbeiner. È professore
associato del Corso di Laurea in Comunicazione Visiva della Facoltà di Architettura, Design e
Urbanistica dell’Università della Repubblica, Uruguay. Ha ottenuto il Fondo per lo Stimolo
alla Formazione e alla Creazione Artistica (fefca) Justino Zavala Muníz e il Fondo
per Concorso per la Cultura, entrambi del Ministero dell’Istruzione e della Cultura (2014 e 2015).
Ha ricevuto la borsa di studio della Pollock-Krasner Foundation, New York (2001); il Secondo
Premio alla II Biennale di Incisione del Mercosur; il Fondo Nazionale per le Arti, Buenos Aires
(2000); il Premio Paul Cézanne (1997) e il Gran Premio Bienarte III, della Alianza Cultural
Uruguay-Estados Unidos (1990-1992).
Ha ricevuto il Primo Premio al 51. Salone Nazionale delle Arti Visive, Montevideo (2003); il
Primo Premio al 50. Salone Nazionale delle Arti Visive, Montevideo (2002); il Primo Premio al
51. Salone Municipale delle Arti Visive, Montevideo (1999); una menzione speciale
al Museo d’Arte Decorativa (Buenos Aires); il Primo Premio alla Quarta Mostra Nazionale di
Arti Plastiche Coca Cola-Pluna, Montevideo (1989) e il Primo Premio all’Incontro
Internazionale di Fumetti, Badalona (1989).
Ha partecipato a residenze nell’Atelier Internationale du Fond Regional d’Art Contemporain
(frac) des Pays de la Loire, Nantes (1996); a New York (Bienarte III Grant, 1992) e nel
workshop Ediciones Arte dos Gráfico, Bogotá (1999), nell’Associazione Venezuelano-
Israelita, Caracas per l’edizione del libro El viaje [il viaggio], 18 artisti e poeti ebrei
latinoamericani.
Ha rappresentato l’Uruguay in diverse biennali di arti visive, tra le quali spiccano:
I Biennale d’Arte Internazionale di Panama (2013); IX Biennale Internazionale di Cuenca
(2007); II Biennale di Incisione del Mercosur, Buenos Aires (2000); VI Biennale dell’Avana
(1997) e I Biennale di Arti Visive del Mercosur, Porto Alegre (1997).
Ha partecipato alle fiere Pinta, Miami (2018); ArteBA, Buenos Aires, Galería del Paseo, (2013,
2015); ArtBo, Bogotà, Colombia, Galleria Dabbah Torrejon (2008); Arteamericas, Miami,
Galleria Varelli (2007); Arco, Madrid, Galleria Sud, Cutting Edge Space (2000).
Dal 1985 espone individualmente e collettivamente in Uruguay, Argentina, Colombia, Brasile,
Cuba, Francia, Stati Uniti, Spagna, Panama ed Ecuador.
Padiglione dell'Uruguay alla 59. Esposizione Internazionale d’Arte - La Biennale di Venezia