Island
Studio Caruso St John Architects, Marcus Taylor.
Il British Council presenta Isola al Padiglione Britannico per la 16a Mostra Internazionale di Architettura - La Biennale di Venezia.
Il team di curatori, composto dallo studio Caruso St John Architects e dall’artista Marcus Taylor, ha risposto a Freespace, il tema della Biennale Architettura 2018 scelto dalle curatrici Yvonne Farrell e Shelley McNamara, con la costruzione di un nuovo spazio pubblico ai Giardini. Per la prima volta, arte e architettura collaborano a livello curatoriale nella commissione per il Padiglione Britannico.
I visitatori del Padiglione Britannico troveranno l’edificio coperto da impalcature che sostengono una piattaforma di legno a livello del tetto. Lungo un lato della costruzione, una scala conduce a una piazza sopraelevata, un luogo di incontro o di relax tra gli alberi dei Giardini, aperto verso il cielo e ad ampi scorci sulla laguna. Il tè sarà servito ogni giorno alle 16:00, con sedie e ombrelloni a offrire ombra e ristoro. Il vertice del tetto del Padiglione spunta dal pavimento al centro dello spazio, richiamando un’isola e un mondo sommerso.
Island, Padiglione della Gran Bretagna - La Biennale di Venezia 2018.
Q&A -
Adam Caruso, Peter St John, Marcus Taylor
D: Qual è il concetto che sta dietro al titolo Isola?
R: Il titolo si riferisce a molte cose, ma prima di tutto alla Tempesta di Shakespeare, dove i protagonisti sono naufraghi in una tempesta, e salvati dall'annegamento arenandosi sulla spiaggia di un'isola sconosciuta, che si rivela essere una sorta di paradiso.
Quindi si tratta di essere salvati e persi allo stesso tempo. Il titolo Isola ti fa pensare a Venezia, con il suo rapporto precario con il mare. E poi, naturalmente, essendo il Padiglione Britannico, ti fa pensare a Brexit e alla rinegoziazione in corso con tutte le sue domande e incertezze.
Infine, si riferisce allo spazio costruito che abbiamo fatto sul tetto del Padiglione, una sorta di zattera che avrà una propria indipendenza e serenità, sollevata sopra i Giardini, con una bellissima vista sulla laguna. Il Padiglione Britannico è, in un certo senso, già in posizione rialzata, in fondo ai Giardini, su una piccola collina che in realtà è il terreno naturale più alto di Venezia. Il design esagera con questo.
D: Hai trasformato l'edificio in un ampio spazio pubblico. Qual è stato il tuo approccio?
R: In passato, poche Biennali di Architettura hanno organizzato mostre su temi architettonici. Abbiamo quindi adottato un approccio diverso ai fini di un cambiamento. Qui non ci sono mostre; abbiamo invece fatto una costruzione che può essere vissuta come un edificio. La sua natura pubblica è molto importante, si è liberi di vagabondare, incontrare persone e condividere o meno. Ci sarà un programma di eventi e performances ma anche, come ogni spazio pubblico, non sai come verrà utilizzato. In ogni caso sarà come 'a dramatic space', sia che sia occupato o vuoto.
D: Hai ripensato il Padiglione Britannico come uno spazio pubblico aperto all'interno dei Giardini, cosa rappresenta il Padiglione stesso?
R: Lo spazio pubblico aperto è sia il nuovo spazio sopra che il padiglione vuoto di sotto. Gli edifici vuoti hanno una diversa scala, luminosa e acustica, e sono davvero molto atmosferici. Si può aver visitato l'edificio precedentemente e ricordarlo come era allora. Non è destinato a rappresentare direttamente nulla, ma conterrà ricordi di cose che vi sono successe, di cui si possono vedere tracce sulle pareti. Dovrebbe essere un posto tranquillo e fresco dove andare, per allontanarsi da tutte le altre mostre. E di tanto in tanto prenderà vita con gli incontri e le conferenze che stiamo pianificando.
D: Lei parla di cambiamento climatico, abbandono, colonialismo, Brexit, isolamento, ricostruzione e rifugio quando descrive il concetto che sta dietro Isola. Come vengono tradotti questi temi nel suo progetto per il Padiglione Britannico?
R: Il progetto ha diverse sfaccettature: la costruzione di spazi da visitare, le discussioni e le performance che vi si svolgeranno, la pubblicazione di testi, immagini e poesie, fotografie. Attraverso queste diverse impressioni tutti i temi saranno esposti. Speriamo che anche chi non riesce a visitarlo ma lo vede nei media ne discuta e abbia una propria idea di questa provocazione.
D: Qual è il significato dei suoi riferimenti sia alla Tempesta di Shakespeare che alla giovane artista Inglese Kate Tempest?
R: Ci sono aspetti di malinconia, contemplazione, anche di disperazione nei temi di questo progetto, ma anche di poesia e di festa. Il Padiglione sarà uno spazio di incontro nei Giardini in cui potranno accadere tante cose diverse. Speriamo che questi siano antichi e moderni, locali, nazionali e internazionali. Il Padiglione inaugura con una performance di Kate Tempest, e vi avranno luogo anche le rappresentazioni di The Tempest.
D: Cosa rappresenta l'immagine ‘Holy Rosary Church at Shettihalli’ nel contesto della sua proposta?
R: La Holy Rosary Church at Shettihalli è un'immagine bella, quasi antropomorfa. E’ orribile e divertente, ed ambiguo se si deve identificare con la terribilità delle sue circostanze o per il fatto di essere sommersa periodicamente. Certamente suggerisce una pausa, una rivalutazione, un diverso atteggiamento, un diverso modo di essere affrontata.
La proposta si relaziona con l'immagine del mare, del galleggiare e dell'affondare, realizzando una piattaforma al livello del tetto del Padiglione che sarà in legno e forse sarà un po' come una zattera. Quando sei lassù, solo il tetto del padiglione si staglia, una sorta di terrazzo con un frammento dell'edificio sottostante. E ciò rende la piattaforma imperfetta, unendo lo spazio superiore e quello inferiore.
D: Sulla base del precedente rapporto di lavoro tra Marcus Taylor e Caruso St John, su cosa si basa la sua proposta per il Padiglione Britannico e come si può mettere insieme i rispettivi background nell'arte e nell'architettura?
R: L'opera di Marcus ha sempre avuto una dimensione architettonica ed è interessato alla costruzione di edifici. Siamo sempre stati interessati all'arte e ci piace lavorare con gli artisti. Quindi è un buona collaborazione.
Gli artisti hanno un modo di lavorare più ampio e intuitivo rispetto agli architetti, che sono limitati da molte convenzioni. Quindi sarà una questione diversa dalla maggior parte delle biennali di architettura, e il suo effetto sarà più difficile da descrivere. L'arte non dovrebbe essere facile da capire, facile da descrivere, ma deve solo essere in qualche modo potente e qualcosa che colpisce. Ci auguriamo che tutti gli spazi del padiglione suscitino questa sensazione.
D: Perché hai deciso di proporre una struttura esterna come tuo intervento piuttosto che utilizzare gli spazi interni della galleria del Padiglione?
R: È un'idea che risponde al tema della Biennale di Freespace. La struttura esterna consiste nella realizzazione di uno spazio pubblico aperto sopra il padiglione. Non avremmo mai potuto raggiungere questa ampiezza di spazio lavorando all'interno del Padiglione.
D: Cosa significa il ponteggio, metaforicamente?
R: Questi sono tempi incerti per il Regno Unito e per il resto del mondo. Il progetto non riguarda specificamente questo aspetto, ma allude a un processo di cambiamento o riconfigurazione. Quando si vede per la prima volta il Padiglione coperto di impalcatura si potrebbe pensare che l'edificio è in fase di ristrutturazione, che è in corso di modifica in qualche modo. Questo è intenzionale. Coprire l'edificio con impalcature suggerisce che qualcosa di insolito, una sorta di interruzione, è in accadimento.
Island, Padiglione della Gran Bretagna - La Biennale di Venezia 2018.