Artext incontra Laura Pugno
Artext - Puoi raccontare del tuo modo, la tua necessità di intervenire sull'immagine fotografica con abrasioni, sovrapposizioni - e che nella circostanza di questa esposizione da Srisa Gallery, curata da Pietro Gaglianò sembra aver raggiunto una modalità esemplare, una qualità performativa a definizione e traccia di una personale dimensione estetica nell’arte.
Laura Pugno - La fotografia è molto spesso il medium usato per i miei lavori: scatti che richiamano luoghi ‘classici’ del paesaggio, ossia di qualcosa che ha particolarmente subito un condizionamento culturale. Nei lavori del passato il mio intervento consisteva in una abrasione ‘selettiva’ della foto, diretta a liberare l’immagine da uno almeno di tali condizionamenti, quello che induce a leggere il paesaggio come un tutto organico, come un sistema (per questo ne ho sempre parlato come di esperimenti di ‘liberazione delle parti’). I lavori presentati per la mostra a Srisa curata da Pietro Gaglianò (il titolo è “Moto per luogo”) sono il risultato di un esperimento diverso, in cui l’abrasione è ottenuta attraverso il peso del corpo, usando la foto (stampata su alluminio) come una sorta di slitta. Ho scattato una serie di foto in stazioni turistiche alpine, cioè in luoghi così perfettamente costruiti, così ‘istituzionalizzati’, insomma, che mi sembrava che un’abrasione controllata, come facevo prima, non potesse essere efficace. Sono allora tornata negli stessi luoghi con le foto e ho cercato una forma di abrasione che riducesse al minimo la volontarietà, a favore del caso e della ‘violenza’.
Laura Pugno, Travel notebook, 2013. Abrasione su fotografia e Braille.
A - La costante attenzione al paesaggio, oggetto sensibile spesso del tuo lavoro sembra ripercorrere il modello creativo legato alla visione che può essere tattico, estetico e materialista. Forse che lo slittamento di senso e di sensi che attui nelle tue opere sta a segnalare e segnalarci la presenza di un fantasma che è l'invisibile del visto...
LP - Nel corso del mio lavoro diretto a criticare/contrastare la visione tradizionale, da un lato mi sono ovviamente accorta dell’enorme supremazia che nella nostra cultura la visione ha rispetto agli altri sensi; dall’altro, mi è venuto da appoggiarmi, quasi di ‘solidarizzare’ con un senso secondario alla visione, - il tatto. Un senso poco significativo nell’esperienza cognitivo-intellettuale, enormemente importante nell’esperienza emozionale e affettiva. La riflessione sulla invisibilità del freddo, dell’inverno, muove appunto dall’esigenza di percorrere vie percettive che utilizzano direttamente non un organo sovrano, ma l’intera superficie corporea. In diversi lavori precedenti, come “Form in progress”, avevo già cercato di riprodurre oggetti sulla base del tatto, rendendo esplicito l’antagonismo della percezione tattile rispetto a quella visiva.
Laura Pugno, The shape of sound, 2016 video HD, 16:9, colore 4'45''
A - Puoi dire del tuo pensiero nella narrazione video, tra induzione sinestesica e intento evocativo, come The shape of sound, 2016 e poi di queso video in mostra, Glance, 2017.
LP - Nel video “The shape of sound” il protagonista, in un certo senso, potrebbe essere il tatto, il ‘tatto’ della pioggia, o della vegetazione. Una pioggia artificiale di intensità costante, sempre uguale, che tuttavia, colpendo le differenti piante del giardino restituisce un suono sempre diverso.
La superficie delle piante toccata dalla pioggia, è in grado di creare dei volumi sonori che raccontano le diversità interne di questo paesaggio quasi prima della vista, una vista la cui ‘facoltatività’ è segnalata anche dalla presenza di momenti di totale buio.
Il video “Glance", presentato nella mostra richiama i quattro elementi primordiali sui quali insiste tutto il pensiero greco: fuoco, aria, acqua, terra. Elementi da cui trae origine ogni sostanza di cui è composta la materia inerte e vivente, tanto che le stesse divinità creatrici, per creare il mondo, devono fare i conti con essi. Essi sono presenti, in misura e posizione diversa, in ogni parte del corpo. L’occhio ad esempio, secondo molti filosofi greci, contiene il fuoco che grazie alla luce emanata può vedere le cose del mondo. Ogni raggio di luce, e anche un semplice luccichio, è un’azione visiva; dunque anche il mare, essendo luccicante, era in grado di vedere.
Laura Pugno, A Futura memoria 2018. Jesmonite cm 21,5x17x17,5
A - Spesso la necessità critica della visione trova nella dimensione tridimensionale un buon terreno per esercitarsi. Puoi raccontarmi della tua esperienza con la scultura, la modellazione, le lavorazioni inconsuete come l'opera in mostra, A futura memoria, 2018 e della tua personale relazione, natura-artificio..
LP - Non mi penso come una scultrice, anzi credo di avere un approccio estetico che guarda più la pittura. Il fatto di aver scelto il mezzo scultoreo risponde solo a un’esigenza legata alla ricerca che sto svolgendo. Volevo realizzare un calco di neve, per conservare la sua ‘forma’: una forma sui generis, visto che si compone di particelle intervallate da spazi d’aria. Qualcosa di molto semplice dunque, ma infinitamente diverso da un caso all’altro. Tanto che sto creando “A futura memoria”, appunto, un ‘archivio’ di neve, raccolta a diverse altitudini, temperatura, ecc. Un’operazione resa possibile catturando queste forme mediante calchi realizzati in loco. Le sculture che ne risultano mettono in evidenza il vuoto presente nella neve, ossia l’aria ospitata tra le sue particelle. La scultura è esposta appoggiata ad una superficie cangiante dai colori accesi, riverberi di colore, che impressionano le nostre retine accecate dal sole. Mi rendo anche conto del fatto che, pur avendo svolto queste operazioni senza alcun artificio, ed anzi nel modo più ‘filologico’ possibile, le sculture sono difficilmente riconoscibili come
neve.
Laura Pugno Hesitating, 2011. Abrasions on digital prints cm 80 x 100.
Guardare le cose invisibili
testo di Pietro Gagliano’
Il mondo è fatto per lo più di cose invisibili, come quelle che non sono avvertibili dall’occhio umano (gli odori, i suoni, la temperatura) o come quelle che si celano immediatamente sotto la pellicola esterna delle cose. Questa semplice considerazione contrasta con la supremazia della vista come senso di cui ci serviamo per agire, per fare delle scelte, per esprimere delle opinioni. L’inverno ad alta quota in cui si è addentrata Laura Pugno, in più occasioni, per ben più di un progetto, diventa così un concetto un po’ eversivo: l’invisibilità dell’inverno è un’estensione della facoltà immaginativa della quale l’artista si serve (e di cui tutti dovrebbero servirsi) per riflettere sulla propria posizione nel mondo. Più in generale, nella ricerca di Pugno emerge con insistenza un interrogativo rispetto alla percezione e alla rappresentazione della realtà, consapevole di quanto ogni scenario rechi già impresso il passo, fisico e culturale, di chi lo ha percorso o anche soltanto pensato. È questo un atteggiamento che riflette il più avanzato dibattito sulla pretesa neutralità dell’universo e su quanto sia accessibile un punto di vista che lo contempli in uno stato di quiete, non alterato dall’azione o dalla semplice presenza dell’essere umano.
In una serie di opere annodate attorno al comune riferimento alla neve, alla montagna e alla rarefazione dello scenario invernale, Laura Pugno indaga l’orizzonte della sensorialità, la sua ambiguità e le possibili contraddizioni che vi si annidano, la dimensione del paesaggio come estensione del conoscibile o come suo limite. Le narrazioni scaturite da questa immersione nel bianco innevato e abbagliante creano un ponte tra la dimensione interiore (esattamente il modo in cui il paesaggio prende forma attraverso i sensi nella nostra esperienza soggettiva) e il sistema delle cose, gli equilibri del pianeta, la sua fragilità.
Laura Pugno, Moto per luogo, 2018. Stampa fotografica abrasa su alluminio.
La serie
Moto per luogo si compone di fotografie di grande formato stampate su alluminio. Le immagini raffigurano paesaggi di montagna, quasi classici come rappresentazione di genere, e sono state tutte scattate dall’artista in diverse località del Piemonte. In questi stessi luoghi Pugno è tornata portando con sé le foto per utilizzarle come slittini, facendo aderire lo spazio fisico alla sua immagine. La superficie stampata è stata abrasa dal peso del corpo sulla lastra, producendo un’impronta che contiene la memoria fisica di questo attraversamento e anche un’indicazione sull’inevitabile alterazione che ogni ecosistema subisce al nostro passaggio. L’esperienza dello spazio naturale implica una sua dissipazione, e qui è reso evidente come sia lo stesso corpo che abita lo spazio a contribuire alla sua cancellazione. In seguito questo passaggio, le opere di
Moto per luogo vengono esposte come cronaca di una stratificazione in cui precipitano l’individualità dell’artista, il suo spostarsi sul pianeta, le relazioni intercorse tra la sua specificità fisica, la sua visione e il territorio, e una dolente consapevolezza delle crisi ecologiche globali.
Al riscaldamento del pianeta e alla futura, non lontanissima, scomparsa della neve, Laura dedica
A futura memoria un lavoro di scultura realizzato versando della jesmonite (una resina acrilica a base acquosa) che attraversa gli strati superficiali e si solidifica nell’aria contenuta sotto la neve. Il calco che rimane dopo lo scioglimento ha l’aspetto di un fossile o di un prezioso cristallo minerale che parla di sottrazione e di altre cose invisibili.
Laura Pugno, Breath 2017, photography cm 70x100
La lettura dell’universo sensibile, sottratta al predominio della vista, all’ossessione del visibile, ispira altri lavori di Laura Pugno che esaltano le capacità interpretative del tatto o dell’udito e che assumono la cancellazione come processo creativo. In
Travel Notebook immagini di altri scenari rupestri sono state sovrapposte su fogli Braille e poi strofinate con cartavetro. Si tratta ancora una volta di un’erosione, una cancellazione che lascia affiorare una scrittura alternativa e che si apre come ripensamento sulla decifrazione del mondo. Esistono codici negletti, e infinite varietà di lettura che potrebbero schiudere mondi interi. Non a caso il titolo di questa serie, taccuino di viaggio, allude al reportage di un’esplorazione, alla necessità di un déplacement fisico e cognitivo. La linea di questo straniamento può partire dalla scelta di guardare con le mani e sfruttare fino in fondo il paradosso che sfida il regime dell’apparenza, chiudendo gli occhi per vedere. Al tempo stesso, Pugno sembra riconoscere una dimensione tattile allo sguardo, spingendosi a sperimentare se è addirittura possibile toccare con gli occhi le cose visibili e quelle invisibili.
Laura Pugno, Dis-clusure, 2013 spray Braille 73,5 x 63 Installazion view.
Laura Pugno. L’invisibilità dell’inverno