Loredana Longo
Crossing The Line
Villa Rospigliosi
A cura di Irene Biolchini
Artext
Il Messaggero di Diana
La costruzione del setting è perfetta: un'architettura che sembra un'opera la cui ricezione avviene nella distrazione, attorno fari a vista per delimitare uno spazio continuamente attraversato, in alto quasi una volta di lucernari, funzionale e insieme decorativa, ma oscurati : come un’attualizzata scena della cinetica moderna, tutto è a vista, ma nulla è lì per creare illusione, perché tutto è Reale. È già la chimica restituita dalle forze materiali di azioni performanti.
Il lavoro di Loredana Longo, Crossing The Line, 2024 ispirato ai suoi temi ricorrenti spesso lavori per serie è in mostra a Villa Rospigliosi, spazio nobiliare per residenze e visioni.
È un lavoro molto ben scandito in tre ambienti che impaginano la visione: il percorso è lineare (stupore, seduzione, distruzione e congedo), ma la potenza dell’immaginario all’opera allaga la vista e le menti. L’avvio, ha una forza vitale importante per qualunque tentativo di comprendere il rapporto tra spettatore e l'opera d'arte. Stairway to Heaven, struttura di ferro, 800 colli di bottiglia, 2024 "vi accoglierà manifestando l’inutilità di una scala che non si può risalire, che non collega a niente, che non porta a nulla".
A terra e sollevato dal suolo illuminato al suo perimetro un pavimento sconnesso e appoggiato su schegge di vetro taglienti.
Floor#8 what we walk on, 2024, 84 mattonelle di cemento e colli di bottiglia rotti, cm 25x25x 10 circa.
Da subito inconciliabili, non funzionali nel loro uso: da un lato, l’impossibile attrazione di una forza compulsiva e ascendente, vitale, amore della divinità che alterna desiderio e assenza (già condizioni della perdita) di ogni cosa che può essere messa in immagine su una proiezione che si costruisce dimensionalmente (Idolo). Dall’altro, il piano mortale che insegue il miraggio di una esistenza di un corpo potente e sprezzante (il culto muscolare, la "caccia", la violenza umana).
La più vera risposta a tanta lacerazione perturbante è la conduzione all’eccesso di una tale incompatibilità. Fino all’esperienza della morte controllata, retrograda, esplosa come spazio non del rifiuto e del cordoglio, ma del selvaggio ritrovato che ha incendiato la casa (del Padre/Patriarca/Padrone) e libera forze indomabili. Inevitabile l'apparizione del fantasma o dello spettro che si è incerti se interpretare come fenomeno sovranaturale o come un evento che ha una spiegazione razionale.
Una lingua prende corpo, per sussurrare all’ignoto, per desiderarlo e violarlo ancora - in una nicchia, "come due esequie, troverete due mani che sorreggono colli di bottiglia, inneggiando alla battaglia o celebrandone la conclusione"
(Nessuno vincerà ma tutti ci feriremo, 2023).
In mezzo a tanta invenzione, si accompagna benissimo lo straordinario recupero di tutta una attrezzeria scenica, lo schermo a misura cinetica ed un prato calligrafato nella natura di Joseph Kosuth.
Il finale sarà inatteso, la performance di una ragazza (cheerleader?) incerta nei suoi movimenti ed è imperdibile.
Loredana Longo ha vissuto per molti anni all'ombra di un Vulcano (Catania 1967) ancora attivo e innevato. Fonti Esiodo, Omero, Apollodoro, narrano di Efesto precipitato da Zeus sul monte Etna dove in una grotta costruisce la sua fucina per sculture e armi.
Sposo di Afrodite per breve tempo fu abbandonato per Ares.
Degli episodi traumatici sono narrati da Loredana Longo: degli incidenti di percorso che hanno segnato anche il suo corpo, che ne conserva le tracce. Da queste stasi in rifrazioni temporali, "Sincronicità" che si basano sulla simultaneità di due diversi stati mentali spesso riaffiorano tracce mnesiche e proiezioni mitologemiche.
Forse è da queste inferenze e discronie che nascono molte delle opere di Loredana Longo.
Non si tratta di semiotica generativa piuttosto di termini del mentale, la pura forma delle figure, ben distinta dalla 'picture' attraverso cui si rivela.
Negli anni 2000 si trasferisce a Milano zona Via Adriano sulla strada che conduce alle acciaerie Falck, ancora una volta il fondere, ma questa volta è la performance, il video, il confine come esercizio delle variabili. I temi permangono, Explosion Floor Victory Carpet.
Mentre il ruolo dello spettatore-testimone è spinto ulteriormente dall’artista come in questa mostra che apre con "una performance in cui calpesta, ossessivamente e senza tregua, la parola VICTORY scavata sul prato per poi lasciare “l’arma” del reato, cioè le scarpe chiodate, a fianco dell’installazione (Rugby high heels, 2024)".
In un video VICTORY / quel che resta della vittoria è solo la sua forma sbiadita, 2024, due squadre di giovani ragazzi calpestano la scritta-feticcio dell’artista ritagliata nel prato: VICTORY.
Una mostra ricca di incursioni nella storia dell'arte, nel cinema, nella fotografia, ma anche nella politica e nella biocibernetica, dove forse è possibile tracciare il visuale quando diventa nesso imprescindibile tra regimi scopici e scienze empiriche.
Ma sfuggire alla dimostrazione o al ri-trarsi è un esercizio che richiede abilità ed una certa fierezza.
Loredana Longo, Stairway to Heaven, struttura di ferro, 800 colli di bottiglia, 2024, Villa Rospigliosi, Prato
Loredana Longo
Stupore Seduzione
Artext - Titolo di questa recente mostra, Crossing the line, 2024, Villa Rospigliosi Prato.
Pensi che un titolo debba produrre senso, indurre ad una progressione infinita nella sua risoluzione. Risolvere un ammontare affettivo, come una formula linguistica?
Loredana Longo - I titoli, talvolta sono così poetici, visionari, si possono fare anche delle speculazioni sul perché quel titolo, e se conosci l’artista immagini come e cosa possano essere le opere.
I titoli alcune volte superano le aspettative, promesse infrante, poi guardi l’opera e non vedi nulla, delusione.
Io raramente metto dei titoli alle opere, spesso descrivono in una parola esattamente ciò che sono, senza compromessi di senso. Un esempio? Il mio lavoro sulle esplosioni si chiama Explosion, quello sui tappeti, Carpet.
Poi semplicemente li numero, titolo# numero sequenziale.
Il senso lo deve dare l’opera non il titolo.
Loredana Longo, Floor#8 what we walk on, 2024, 84 mattonelle di cemento e colli di bottiglia rotti, cm 25x25x 10 circa, Villa Rospigliosi, Prato
AT - Fai corrispondere i tuoi lavori ricorrenti ad alcune topologie qualitative per lo psichico (Esplosioni, Victory, Carpet) sempre più astratte ed ampie nella risposta. E' forse possibile che tu tenti di individuare lo spazio originario, dividerlo, frammentarlo per moltiplicarlo nel Tempo, le Esposizioni?
LL - Lo spazio è solo un luogo, le opere sono e restano le stesse opere in ogni spazio. Ogni luogo poi ha delle peculiarità e le opere si immergono in quel luogo e risuonano in modo diverso rispetto a come si percepisce quello spazio, ma l’opera di per sé è sempre fedele a se stessa.
I miei lavori sono netti, lasciano poco spazio alle interpretazioni, non perché siano semplici ma perché sono diretti, non vogliono alludere ad altro, possono come tutto richiamare delle voci che ognuno ha dentro e ognuno diversa, solo per questo motivo possono risuonare altri motivi.
Loredana Longo, How to make my victory, 2024, 920x 200 cm, prato, scarpe di ferro, Villa Rospigliosi, Prato
AT - L'intuizione nei tuoi lavori che si genera e rigenera ha un punto di partenza? un corpo di relazione che si percepisce come Mentale Coscienza nel visibile e nell’Eterico in-visibile.
LL - Non so cosa rispondere, forse questa è la risposta.
AT - Che motivi imprimi alle tue opere? Quando è la ceramica si tratta di “intrappolare in un istante e al tempo stesso per sempre, la forza che si esercita”. In una esplosione, la sua possibile ricomposizione pur sempre imperfetta.
C'è un 'Principio di Realtà' che tu differisci? Ed ha uno scopo, quello di suscitare piacere estetico al di là della sua negazione?
LL - Tutti gli oggetti hanno una forma, precisa o molto contorta ma in principio hanno una forma.
Poi succede qualcosa, il tempo, l’aria, l’acqua, un improvviso incidente.
Le cose mutano irrimediabilmente tutte. Io agisco sull’oggetto per dargli una nuova forma, ma in fondo rimane lo stesso oggetto con un aspetto diverso. Nel caso delle Creative Executions, dei banali vasi cilindrici in argilla fresca esplodono e la materia si sfrangia e sapere che quel momento si ferma nell’oggetto come una condizione perenne di passaggio fra il prima e il dopo che però diventa per sempre, questa cosa ti avvicina a qualcosa di divino. Presunzione dell’artista.
Loredana Longo, How to make my victory, 2024, 920x 200 cm, prato, scarpe di ferro, veduta d'insieme della mostra, Villa Rospigliosi, Prato
AT - Hanno indicazioni le tue opere? a dare risposte, ampliare interrogativi, come un mantra-mandala che crea stabilità dal perturbante, che sia linguistico, di senso o di una visione intrappolata emotivamente e statica?
LL - Più che interrogativi, io direi risposte.
Nel video in mostra VICTORY quel che resta della vittoria è solo la sua forma sbiadita, un’enorme scritta VICTORY composta da un prato più alto, trionfa sulla superfice di un campo da rugby, due squadre composte da giovani atleti giocano una partita calpestando la scritta. Succede solo questo, la scritta viene calpestata, l’erba si stacca dal suolo, ma non è evidente alcuna VITORIA, solo un passaggio dal colore al bianco e nero che toglie saturazione ai colori e a ciò che accade trasformando tutto in una marcia quasi militare. La VITTORIA non esiste. Forse per qualcuno esiste, ma è sempre momentanea, poi passa.
AT - Il tuo lavoro è un luogo dove attingere energia nella proiezione dello sguardo, dell'osservare e conseguente riflessione, attraverso e in punti che segnalano la variazione di conduzione; l'opera diviene la "porta di uscita"?
LL - Nella mia pratica artistica spesso lavoro per serie. Sono onesta in questo, pratico piccoli cambiamenti, ma sono tutti casuali. Avrò distrutto migliaia di bottiglie per ricavare un semplice collo rotto, ma sono certa nessuno sia uguale ad un altro e nel mio modo di costruire le opere con essi mai li accosterò nello stesso modo, quindi la serie infinita di colli sarà sempre diversa. In Starway to the heaven, centinaia di colli di bottiglia sono impilati a formare una lunga scala che congiunge il tetto al pavimento, una scala leggera e trasparente, tagliente, di improbaile utilità come tutta l’arte dovrebbe essere. L’arte è la porta di uscita per entrare in qualcosa che può costruire il nuovo edificio dove si può vivere in una condizione diversa. L’altro giorno ho letto questa frase di Glenn Gould: Lo scopo dell’arte non è procurare una momentanea scarica di adrenalina ma è piuttosto la costruzione graduale di uno stato di meraviglia e serenità che dura tutta la vita.
Loredana Longo, How to make my victory, 2024, 920x 200 cm, prato, scarpe di ferro, Villa Rospigliosi, Prato
AT - C’è una resistenza nelle tue opere che genera una conduzione più o meno superficiale o profonda in aree e superfici della psiche: una fenomenologia della fine - che attivo il sublime e il corticale sappiamo di trovarci da qualche parte in quel territorio di soglie e ibridazioni...
LL - C’è la resistenza della materia, ma tutto è materia anche noi. Qui potrebbe entrare in ballo anche lo spirituale, non il religioso, perché non credo in un Dio definito ma in un universo in continuo movimento e mutazione.
L’unica cosa in cui credo è la precarietà del tutto, quel pavimento instabile che si sorregge su colli di bottiglia rotti, armi povere forti e fragili, il Floor#8 what we walk on, come tutto può essere il suo opposto o solo contenerlo.
Credo nello spazio del precario in questo spazio dove tutto può succedere.
Loredana Longo, Rugby high heels, 25x12x13 cm, ferro, lacci, Villa Rospigliosi, Prato
Irene Biolchini
Tratto Ritratto
AT - Insegni Fenomenologia delle arti contemporanee; forme di costruzione dove non è mai possibile sapere con certezza in quale punto del continuum tra reale e finzione della realtà ci troviamo in quel momento.
Intendo il gioco della performance come lavoro, come rapporto tra la scena e l’osceno, tra la vita personale e la cittadinanza, la questione del ‘fingere veramente’, l’aspetto performativo della vita. Cosa si nasconde in un corpo performante? Un modo per decifrare e comprendere il presente? A quale costo?
Irene Biolchini - Nulla si comprende, tutto si esperisce. Esserci, sentire, generare testimonianza. Testimonianza come sola forma di resistenza, presenza come unica forma di sopravvivenza. Senza necessari orizzonti teorici, impossibilitati alla costruzione. Osserviamo la distruzione di cose, simboli, luoghi. Troviamo in quella distruzione la sola forma di costruzione contemporanea. Affidiamo un sentire alla performer. Accettiamo il vuoto dell’azione, senza aggiungere senso al senso.
AT - L’osservazione del cielo, nel tentativo di riprendere l’estroflessione semplice che oggi abbiamo smarrito, il roteare di assi ed orizzonti, ha prodotto la scultura, sia pure una diffusa incertezza in merito alla sua origine accidentale o causale (totemica o plastica nella stratificazione millenaria che la caratterizza). Dovremmo cercare un evento che ne segni l’avvio - i tropi della ripetizione e del ritorno, ma anche quel "costruirsi da sé" in una storiografia della mutazione...
IB - Ritornando a Mircea Eliade vediamo l’Eterno Ritorno come il continuo ripetersi della lotta tra Cosmos e Caos, tra Ordine e Distruzione. Accettiamo le due parti in una ritualità che si ripete.
Loredana Longo, VICTORY / quel che resta della vittoria è solo la sua forma sbiadita, 2024, minuti 4, Villa Rospigliosi, Prato
AT - La fantasmagoria è il medium del perturbante, speculare per eccellenza al confine tra transfert e scienza. Ma pure il perturbante nella figura del doppio (virus-linguaggio), forma di vita indefinitamente duplicata che trova il dominio dello spettacolo pubblico e della cultura visuale. Nella storia della tecnologia dei media il fenomeno che ha una corrispondenza con il perturbante è la fantasmagoria nell’uso di dispositivi di proiezione ottica, per la produzione di spettacoli che prevedono simulacri ed apparizioni.
Un pensiero magico che ne assicura l'immortalità. Ma per l’eterno presente dello spettacolo-opera è letale.
IB - Spettri di giovani combattono una lotta-partita in video, al loro fianco rimangono i resti di un corpo-a-corpo con la terra. Non c’è più corpo, solo proiezione. Non c’è più corpo, solo scarpe di ferro al limite di un prato. Non c’è più prato, solo zolle sollevate. Il fantasma è la ferita.
AT - Come raggiungere la pubblica felicità partendo da sé? Come realizzare un’eudemonia?
La bellezza non può essere armonia rasserenante, anche se incidentalmente.
IR - Diceva Matisse che la pittura può essere come una poltrona, dove ci si può riposare senza turbamenti. Matisse scelse di custodire per sé dolori e tormenti mentre dipingeva. Si può così generare armonia, senza possederla.
Loredana Longo, VICTORY / quel che resta della vittoria è solo la sua forma sbiadita, 2024, minuti 4, Villa Rospigliosi, Prato
Loredana Longo
Crossing The Line
a cura di Irene Biolchini
Villa Rospigliosi 15 settembre – 10 novembre 2024 -
@ 2024 Artext