Louise Bourgeois
Do Not Abandon Me
A cura di Philip Larratt-Smith e Sergio Risaliti
Louise Bourgeois è cresciuta alle porte di Parigi, dove i genitori gestivano un laboratorio di restauro di arazzi. La sua infanzia è stata segnata da un rapporto complicato con la famiglia, che ha portato a esperienze traumatiche che sono state una delle principali fonti di ispirazione per la sua arte. Dai disegni intimi alle installazioni su larga scala, realizzate in una varietà di materiali, tra cui legno, marmo, bronzo e stoffa, Bourgeois ha espresso stati psicologici attraverso un vocabolario visivo di equivalenti formali e simbolici. La scala e i materiali delle sue opere variano tanto quanto le forme, che oscillano tra astrazione e figurazione. Emozioni come la solitudine, la gelosia, la rabbia e la paura sono i fili conduttori del suo lavoro. La sua scrittura quasi ossessiva, così come il disegno, rimasero forme di espressione centrali per tutta la sua vita.
Louise Bourgeois PREGNANT WOMAN, 2008 Gouache and colored pencil on paper.Photo Christopher Burke.
Attraverso la sua arte, Louise Bourgeois ha indagato le complesse dinamiche della psiche umana e ha spesso affermato che il processo creativo era una forma di esorcismo: un modo per ricostruire ricordi ed emozioni al fine di liberarsi dalla loro presa. Sebbene si sia dedicata ampiamente alla pittura e al disegno, nel corso degli anni sarà soprattutto la scultura a costituire una parte fondamentale del suo lavoro, tutto incentrato su elementi autobiografici, tensioni e traumi familiari, spesso rielaborati in chiave metaforica. Si ammanta di carattere fondativo soprattutto il complesso rapporto con i genitori: legami interrotti o mai recisi, trasposti da Louise Bourgeois in numerose opere che narrano l’esperienza sconvolgente dell’abbandono e il desiderio di connettersi con l’altro. Il suo mondo, fatto di intensità emotiva e ossessioni, trae ispirazione dall’inconscio, cercando di esprimere l’indicibile. Bourgeois si apre così a una poetica del perturbante, in grado di esorcizzare traumi e inibizioni. Straordinaria è la varietà dei mezzi e delle tecniche impiegate, una fertilità e curiosità nello sperimentare che la pone a fianco dei grandissimi artisti del secolo scorso. Fino agli ultimi giorni della sua lunghissima carriera, non è mai stata inattiva, né ha esaurito la sua curiosità intellettuale e la sua energia creativa in percorsi e obiettivi continui e ben definiti.
Louise Bourgeois THE FAMILY, 2007 Gouache and pencil on paper. Photo Christopher Burke.
Fin dalle sue prime opere, Louise Bourgeois ha posto al centro il rapporto con la madre come tema essenziale, associandolo a partire dagli anni Novanta all'immagine del ragno. E un ragno - in questo caso Spider Couple, una coppia di madre e figlio - sarà esposto nel chiostro del Museo Novecento, quale fulcro tematico dell’intero percorso espositivo.
Come è stato spesso sottolineato, il ragno rappresenta per Bourgeois un simbolo della figura materna e come tale è portatore di significati duplici e contrastanti. Può essere interpretato come l'incarnazione di un'intelligenza estrema, una figura protettiva che provvede ai suoi piccoli costruendo una casa e assicurando il cibo ma è anche la manifestazione di una presenza minacciosa e inquietante, espressione di un'ostilità e di un'aggressività di fondo che raccoglie e racchiude esperienze traumatiche provenienti dal profondo dell'inconscio. In effetti, la stessa Bourgeois si identificava con il ragno perché avvertiva che la scultura come un’ emanazione diretta dal suo corpo, proprio come il ragno tesse la sua tela. Diventa quindi emblematico l’allestimento dell’opera Spider Couple nel chiostro rinascimentale, realizzato su progetto di Michelozzo e tradizionalmente destinato alla meditazione e alla contemplazione. Il Museo Novecento è inoltre orgoglioso di presentare in anteprima Spider, una scultura da terra composta da un ragno in bronzo e da un uovo in marmo, mai esposta al pubblico prima d'ora.
Louise Bourgeois LES FLEURS, 2009, Gouache on paper. Photo Christopher Burke
Allo stesso modo, appare rivelatrice la scelta di esporre la grande installazione Peaux de lapins, chiffons ferrailles à vendre. Tra le ultime opere appartenenti alla serie Cells, presentata per la prima volta al pubblico nel 1991 al Carnegie Museum of Art di Pittsburgh, questa rimanda nel titolo a un ricordo di infanzia, quello delle grida dei raccoglitori di stracci impegnati a vendere merce per strada. All'interno della cella Bourgeois inserisce alcuni elementi scultorei che richiamano la sua storia personale e familiare, come sacchi di stoffa e pelli di coniglio: componenti riferibili, rispettivamente, al ventre vuoto (e, per estensione, al corpo femminile) e, più letteralmente, agli animali cacciati e allevati dai suoi familiari. Il nome della serie gioca sui molteplici significati della parola ‘cell’, traducibile in italiano sia come ‘cellula’, sia come ‘cella’. Essa rinvia quindi tanto all'unità elementare di tutti gli organismi viventi, quanto alla condizione di isolamento, separazione e reclusione che caratterizza la dimensione carceraria o monastica. Significati che assumo una speciale risonanza in un edificio che nel tempo è stato ospedale, luogo di ricovero, di educazione e reinserimento femminile, ma anche scuola e perfino prigione. La stessa Bourgeois, nell’introdurre le sue celle, affermava: “Le Cells rappresentano vari tipi di dolore: il dolore fisico, quello emotivo e psicologico, quello mentale e intellettuale. Quand’è che il dolore emotivo diventa fisico? E quello fisico, quando diventa emotivo? È un circolo senza fine. Il dolore può avere origine in qualsiasi punto e muoversi in un senso o nell’altro. Ogni Cell ha a che fare con la paura. La paura è dolore. Spesso non viene percepita come tale, perché si maschera sempre. Ogni Cell ha a che fare con il piacere del voyeur, il brivido di guardare e di essere guardati. Le celle ci attraggono o ci respingono. C’è questa urgenza di integrare, fondere o disintegrare”.
Louise Bourgeois MAMAN, 2009 Gouache and pencil on paper. Photo Christopher Burke
Grazie all’installazione all’interno di una sala al piano terra del Museo Novecento, l’opera Peaux de lapins si accenderà, come già sottolineato, di inediti riferimenti alla vita della comunità monastica che ha animato la storia delle Ex Leopoldine, complesso nato nel XIII secolo come ricovero per pellegrini e divenuto poi luogo di convalescenza. Fin dal XVI secolo, infatti, la sua gestione fu affidata alle Suore Terziarie Francescane. In seguito, per volere di Pietro Leopoldo di Lorena, la gestione fu affidata alle suore del Conservatorio delle Terziarie (detto anche delle Giovacchine) e del Conservatorio di Gesù Buon Pastore (detto anche delle Stabilite), quest'ultimo incaricato, tra l'altro, di avviare le ragazze povere al lavoro femminile (da cui il nome "Scuole Leopoldine"). A parziale testimonianza di questa lunga vicenda sopravvive ancora oggi una serie di affreschi, visibile nelle sale del piano terra del museo dove verrà presentata Peaux de lapins. In particolare, si fa notare un dipinto che raffigura una sorella che invita al silenzio: iconografia, spesso utilizzata negli ingressi di refettori e dormitori, che sembra agire come un monito nei confronti di chiunque attraversi questi spazi, rimandando alla necessità di raccoglimento e contemplazione anche negli ambienti destinati alla vita comunitaria. Ed è alla contemplazione, al silenzio, che sarà invitato il visitatore nel percorso della visita, ad una lettura approfondita dei temi e delle opere, perfino ad una personale de-costruzione ed elaborazione dei propri modelli e riferimenti sociali, dei propri traumi, dei propri fantasmi e desideri.
Installation view of "Louise Bourgeois, Do Not Abandon Me" Museo Novecento, 2024. Photo by Ela Bialkowska OKNO studio
Al raccoglimento e alla contemplazione di spazi in passato quotidianamente vissuti, invita anche Cell XVIII (Portrait) (2000), la “cella” presentata al Museo degli Innocenti, inserendosi all'interno del percorso Arte che unisce la galleria soprastante il loggiato brunelleschiano di facciata e gli ambienti del Coretto che si sporgono sull'antica Chiesa di Santa Maria degli Innocenti. Pur appartenendo allo stesso ciclo di Peaux de Lapins, il soggetto racchiuso in Cell XVIII (Portrait) sembra reinterpretare peculiarmente l’iconografia della Madonna della Misericordia, ricorrente in alcune opere tra le più emblematiche della collezione e fortemente rappresentative della vocazione di accoglienza dell’Istituzione. Nel celebrare il ruolo assolto dall'Ente nel corso dei secoli, tale immagine richiama alla memoria la numerosa comunità femminile composta sia dalle bambine qui accolte e cresciute, sia dalle figure che, svolgendo diverse mansioni, hanno contribuito a far sì che la condizione della donna, e delle madri in particolare, divenisse parte della mission istituzionale a fianco dell’attività di promozione sui diritti dei bambini e degli adolescenti oggi identificativa dell’Istituto degli Innocenti. Cell XVIII (Portrait) dialogherà dunque con tale missione, negli spazi dove riecheggiano storie diverse tra loro, intrise di desideri e paure espresse dalla stessa Bourgeois, che non escludono però, qui, il possibile realizzarsi di un'attesa.
Installation view of "Louise Bourgeois, Do Not Abandon Me" Museo Novecento, 2024. Photo by Ela Bialkowska OKNO studio
*CITAZIONI / QUOTATIONS
LOUISE BOURGEOIS
Le Cells rappresentano vari tipi di dolore: il dolore fisico, quello emotivo e psicologico, quello mentale e intellettuale. Quand'è che il dolore emotivo diventa fisico? E quello fisico, quando diventa emotivo? È un circolo senza fine. Il dolore può avere origine in qualsiasi punto e muoversi in un senso o nell'altro. Ogni Cell ha a che fare con la paura. La paura è dolore. Spesso non viene percepita come tale, perché si maschera sempre. Ogni Cell ha a che fare con il piacere del voyeur, il brivido di guardare e di essere guardati. Le celle ci attraggono o ci respingono. C'è questa urgenza di integrare, fondere o disintegrare.
stai per abbandonarmi? / e anche lui? / e lei? / e noi? / e voi? / e loro? / Mi manca disperatamente mia madre
Hai bisogno di una madre. Lo capisco, ma rifiuto di essere tua madre, poiché io stessa ho bisogno di una madre.
Non si può fermare il presente. Ogni giorno bisogna abbandonare il proprio passato. E accettarlo. E se non si riesce ad accettarlo, allora bisogna fare lo scultore!
In qualche modo bisogna provvedere. Se rifiutate di abbandonare il passato allora dovete ricrearlo.
È ciò che faccio da sempre.
La mia scultura mi permette di rivivere la paura, di darle un corpo, in modo da cancellarla a colpi di scalpello. Nella mia scultura dico oggi quello che non sono riuscita a dire in passato.
[...]
Poiché le paure del passato erano legate alle funzioni corporee, riaffiorano nel corpo. Per me la scultura è il corpo.
Il mio corpo è la mia scultura.
Faccio disegni per sopprimere l'indicibile. L'indicibile non è un problema per me. Anzi, è l'inizio del lavoro. E la ragione del lavoro; la motivazione del lavoro è distruggere l'indicibile.
Vestirsi è anche un esercizio della memoria. Mi fa esplorare il passato: come mi sentivo quando indossavo quel certo abito? I vestiti sono come segnali stradali, nella ricerca del passato.
Un feroce desiderio di indipendenza è presente in tutto il lavoro. È in tutte le figure... una determinazione a sopravvivere a qualsiasi livello di fragilità si riesca a raggiungere.
Le metafore in natura sono molto forti... la natura è una modalità di comunicazione
Tutto il mio lavoro è evocativo; non è esplicito. Le cose esplicite non sono interessanti perché sono troppo definitive e prive di mistero.
Io lavoro con tutti i miei fallimenti.
Quando parlo del trauma dell'abbandono, so di cosa parlo.
quando mia madre è morta nel 1932, per tenerla con me (rifiuto assoluto di lasciarla andare) mi sono fissata con Antony - Rifiutando di spostarmi + venerando quel "museo" in sua memoria, e poi odiando gli invasori (inquilini) per anni sono rimasta ad Antony, dal 1932 al 1937, riparando, migliorando, struggendomi
quando mio padre è morto ho costruito a New York un monumento in sua memoria ricordando il bel tempo passato e rifiutandomi di lasciarlo andare quando Robert è morto ho trasformato la casa in un museo rifiutandomi di far entrare chiunque.
la qualità dell'energia varia nel corso della giornata. non respingerla quando è al massimo, impara a usarla. Voglio assumere operai per imitare mia madre.
Voglio vendere arazzi per imitare mio padre. Voglio ricreare, ricreare il passato. Perché. per essere attiva anziché passiva, cercare per trovare è la mia ossessione.
nella vita reale mi identifico con la vittima, nella mia arte sono l'assassino.
Dovevo farmi perdonare per essere una donna. alla fine la crudeltà contro di sé sfocia nella crudeltà contro gli altri
Il desiderio di piacere è la motivazione non ci sono regole, è una roulette russa, Ho ereditato da mia madre la razionalità, ma da mio padre il cuore incosciente.
Installation view of "Louise Bourgeois, Do Not Abandon Me" Museo Novecento, 2024. Photo by Ela Bialkowska OKNO studio
Louise Bourgeois
Scultrice francese (Parigi 1911 - New York 2010). Artista tra le più interessanti del Novecento europeo, dopo una prima produzione pittorica in cui ha elaborato una propria figuratività simbolica di ispirazione surrealista, la sua ricerca si è focalizzata sull'esplorazione della psiche e della sessualità. Alla sua opera sono state dedicate importanti rassegne e retrospettive.
A Parigi ha studiato matematica alla Sorbona e quindi pittura, tra l'altro all'Académie des beaux-arts (1936-38) e con F. Léger; nel 1938, con il marito Robert Goldwater (1907-73), storico dell'arte, si è trasferita a New York dove è entrata in contatto con J. Miró, A. Masson, M. Duchamp e con gli espressionisti astratti. Nell'ambito delle arti plastiche, la sua ricerca ha indagato temi esistenziali e autobiografici: dalle prime strutture sottili in legno (Sleeping figure, 1950, New York, Museum of modern art) si è rivolta all'uso di materiali non tradizionali, accostando parti finemente rifinite a masse di materiali diversi non lavorati (Torso/Selfportrait, 1963-64, New York, Museum of modern art). A partire dagli anni Sessanta e Settanta ha elaborato opere e installazioni, spesso segnate da espliciti riferimenti alla sessualità, che esprimono le più profonde inquietudini dell'inconscio (Cumul I, 1969, Parigi, Musée national d'art moderne; The destruction of the father, 1974, New York, coll. Xavier Fourcade; serie delle Tane, 1965-70, e delle Celle, 1989-93; The nest, 1994, San Francisco, Museum of modern art). La sua opera, che ha avuto ampi riconoscimenti negli Stati Uniti e in Europa, è stata esposta in importanti personali e rassegne: Museum of modern art, New York (1982); Musée d'art moderne de la Ville de Paris (1995); Biennale di Venezia (1993, 1995 e 1999; in quest'ultima ha ricevuto il Leone d'oro alla carriera); Tate Modern, Londra (2007-08); Freud Museum, Londra (2012); The Jewish Museum, New York (2021); Hayward Gallery, Londra (2022). Importanti retrospettive italiane dell'artista sono state allestite presso il Museo di Capodimonte (2008) e alla Fondazione Vedova di Venezia (2010). L'artista ha raccolto articoli, scritti e carteggi nel testo autobiografico Destruction du père, reconstruction du père. Écrits et entretiens 1923-2000 (2000; trad. it. 2009), redatto in collaborazione con M.-L. Bernadac e H.-U. Obrist. Nel 2024 sono state allestite in Italia le importanti mostre dedicate all'artista Louise Bourgeois. L’inconscio della memoria (Roma, Galleria Borghese) e - come parte del progetto Louise Bourgeois in Florence - Do not abandon me e Cell XVIII (Portrait) (Firenze, Museo Novecento e Museo degli Innocenti).
Installation view of "Louise Bourgeois, Do Not Abandon Me" Museo Novecento, 2024. Photo by Ela Bialkowska OKNO studio
Museo Novecento Firenze. Museo degli Innocenti