Massimo Bartolini
Hagoromo
In mostra con
Hagoromo a cura di Luca Cerizza con Elena Magini, Massimo Bartolini presenta una nuova installazione, la più grande mai realizzata, concepita per gli spazi del Centro Pecci, una sorta di spina dorsale, che consiste in una parete continua di tubi innocenti che si snoda attraverso sette delle dieci sale, trasformandola in uno strumento musicale in cui i tubi diventano delle canne d’organo.
In Dialogo
Artext - Puoi dire del titolo della mostra '
Hagoromo' al Centro Luigi Pecci di Prato e a cosa riconduce?
È un viaggio, una narrazione cartografica, un diario di bordo.
Massimo Bartolini -
Hagoromo è un classico del teato No Giapponese. È la storia di un Tennin che si toglie le ali per fare un bagno, un pescatore Hakuryo le prende e per restituirle chiede al Tennin di fare una danza.
A - Quale visione prende spazio da questa esposizione?
MB - Spero che non sia solo una visione ma che sia una esperienza che attivi più sensi, il suono che colpisce il corpo come una specie di massaggio, piccole storie che zampillano dai muri.
A - Quali gli elementi costitutivi - le attitudini, gli ipertesti - gli strumenti che servono alla tua narrazione?
MB - Generalmente sono storie sia trovate nei libri che nel narrato, fuor d’arte o esperienze dirette, che col tempo, per rimanere in memoria, diventano immagini e spesso poi si trasferiscono nel lavoro.
Massimo Bartolini, In là 2022, Centro per l'arte contemporanea Luigi Pecci ph. OKNO Studio
A - Alcuni lavori del decennio passato utilizzavano la luce come medium per le installazioni. (Casa Masaccio, 1998, la facciata del Maxxi di Roma, 2008, Rotonda della Besana, Milano, 2000)
Cosa ti spingeva a utilizzarla in questi interventi ambientali?
MB - La luce attrae la luce, è un fenomeno che è anche un mito. La luce non la stacchi mai dal suo mondo di narrazioni. Sono le storie della luce che mi avvincono. E anche contingenze, che per me sono importanti: al Maxxi lo sponsor tecnico era Zumtobel…. Luce è quella del sole e quella della lampadina, la luce unisce cielo e terra, la luce naturale è sempre luce aliena, ma non per questo si chiama diversamente da quella del fuoco o della lampada.
A - Altre opere tra la fine degli anni ’90 e la fine del decennio successivo stimolavano un ampio registro sensorio, ricorrevano a forme di alterazione della fruizione del luogo abitato, attuando una messa in crisi delle prospettive abituali con cui siamo soliti rapportarci agli spazi del quotidiano, agli spazi vissuti.
(Mostra presso la casa di Francesca Sorace, Firenze, 1993,
Artra, Milano 1993,
Casa di Giò Marconi, Milano 1994,
Pavimento a occhi chiusi (Massimo De Carlo, Milano, 1997,
Casa Masaccio, San Giovanni Valdarno 1998)
Si trattava di sollecitare lo spettatore, coinvolgerlo in una trama partecipativa?
MB - Il tentativo era quello di narrare una storia anche al corpo. Certe sollecitazioni polisensoriali hanno anche lo scopo di rapire una persona al suo mondo per fargli sentire con altri occhi.
Massimo Bartolini, Extra Distance 1997, Centro per l'arte contemporanea Luigi Pecci ph. OKNO Studio
A - Adesso il Suono, come la Luce - è anche questo un mezzo per visualizzare astrazione, per far accadere un'esperienza? Un sentimento... l’essere invisibile per natura della musica?
MB - Si vero. Invisibile ma percepibile, anche se in questo caso lo strumento in un certo senso disegna e oggettifica, il suono. Il suono è un corpo di storie. Fisicità e racconto. Il suono si trasmette attraverso l’aria, aria che preme contro l’architettura, la tasta e la stressa e in un certo modo la comprime, la mette in vibrazione, l'aria trasmetta il suono ai muri e lo spazio stesso diventa strumento che contiene lo strumento.
A - Quali i meccanismi produttivi - alle possibili declinazioni del rapporto tra arte e sensi - propri delle relazioni che instauri con i luoghi ed i contesti operativi - che sono al centro della dimensione esperienziale?
MB - Io sono molto attento a concepire una mostra come un unico lavoro. Un'orchestrazione tra le diverse opere e lo spazio è cruciale. La spazio deve essere capito e trattato come un'opera. Nel caso di questa mostra ad esempio ho deciso di lavorare sull’elemento più contraddittorio dello spazio, una ben presente struttura per appendere luci al soffitto e integrarla nel lavoro, non occultarla, occultare uno spazio è sempre una sconfitta del progettista, in un lavoro.
Massimo Bartolini, In là 2022, Centro per l'arte contemporanea Luigi Pecci ph. OKNO Studio
A -
Revolutionary Monk, (2005) è una statuetta in bronzo che raffigura la posizione seduta in meditazione del Bodhisattwa.
Il moto circolare e perpetuo della statuetta ripropone forse in dialogo un pensiero antico e contemporaneo, un'energia che sempre si rinnova a contatto con l'osservatore?
MB -
Revolutionary monk è un monaco birmano in preghiera che assume una posizione asimmetrica, lontana dalla simmetrica compostezza del buddha. È uno strumento di devozione privata. È una immagine per indicare un Bodhisattva, una persona che rinuncia volontariamente alla Buddità per restare ad insegnare agli altri la via verso la realizzazione. Quello che mi interessava oltre a tutti i riferimenti che gli si possono attribuire è rendere pericolosa una preghiera. Spargerla e tenere lontano le persone. Un monaco birmano rotante come un derviscio.
A - Oggetto votivo o un’opera d’arte?
MB - Riportare nell’arte il sentimento devozione sarebbe per me il più grande raggiungimento. Ci ho provato nella performance che feci alla Galleria dell'Accademia dove Arianna portava tutti i giorni un mazzo di fiori freschi ad un dipinto con fondo oro di un San Giovanni solitario fatto da Lorenzo Monaco.
Massimo Bartolini, Conveyance 2003, Centro per l'arte contemporanea Luigi Pecci ph. OKNO Studio
A - L’idea di scala ti permette piuttosto di riflettere sul sistema di rapporti matematici tra un oggetto e le sue rappresentazioni?
MB - L'idea di scala mette in relazione contesto e soggetto. È un piano comune, una traduzione e un legame.
A -
Conveyance 2003 quasi una scultura meditativa in argilla - utilizzi come in
Untitled (Onda) 2012 un meccanismo studiato della fisica - in quel caso un solitone - un'onda ricreata dentro un contenitore e tutto matematicamente descrivibile.
Ne puoi dire la genesi e la procedura?
MB - È uno strumento di autoipnosi e contemplazione da fare in gruppo. Un convogliamento di sguardi e corpi di persone verso un unico punto. È un contesto, (la vasca e la seduta) moderno e minimale che ospita un movimento primordiale di acqua fangosa - Lo spigolo mediato dalla forma circolare che si avvicina al mutevole e fluttuante e curvo. La rivincita della curva sulla retta. Tecnicamente si tratta di un piccolo solitone prodotto artificialmente attraverso l'oscillazione del fondo secondo una detta lunghezza d’onda e frequenza. Un pò il funzionamento degli tsunami in cui un onda si forma per l’abbassamento repentino del fondo e accumula un'energia che si disperde molto lentamente.
Massimo Bartolini, Rugiada 2022, Centro per l'arte contemporanea Luigi Pecci ph. OKNO Studio
A -
Cera persa (2007-2022) consiste in una serie di 60 candeline di compleanno che registrano la tue età. Forse intendevi di-mostrare uno spazio come un'entità, una realtà ambientale in cui spazio e tempo ne sono costituenti?
MB - In questa mostra
Cera Persa è l‘esoscheletro, qualcosa che avvolge e numera uno spazio, un perimetro di anni e luoghi, luoghi con numeri civici, come se si potesse abitare delle età.. Mi piace che la tecnica di produzione sia anche il titolo. Si scambiano poesie, la realizzazione e l’opera realizzata attraverso questo titolo, amaro e liberatorio.
A - Stai sperimentato alternative al rito espositivo? Al modello storico occidentale che ruota attorno alla modalità di incontro soggetto/oggetto?
MB - Sto sognando alternative. Ma le pratico sono quando non lavoro. L‘alternativa è quella: fare le cose senza lavorare, l'alternative sono possibili anche se mi rimane difficile perché a me piace lavorare. La comunicazione è sempre direzionale e parte da qualche parte e arriva in qualche posto. Per superare questo paradigma servirebbe un empatia totale.
Massimo Bartolini, My Second Homage: to Cristina Campo 2001 Centro per l'arte contemporanea Luigi Pecci ph. OKNO Studio
A - Esiste un alternativa... Che l'esistenza di un'opera non dipende dallo sguardo di qualcuno?
MB - Su questo sono certo, magari non si chiama “opera” anzi magari non si può dire ma esiste. L'universo è una unica poesia, l‘immaginazione è sempre stata al potere.
A -
Dust Chaser (2016-2022) un'installazione a parete che riproduce a matita piccoli segni di polvere, residui e scorie del corpo che si danno come narrazioni sintetiche di un soggetto d’indagine.
Puoi raccontare di questa esplosione 'visivamente elusiva'?
MB - Lasciando da parte la ricca letteratura sulla polvere,
Dust Chaser parte dai peli e la polvere che rimane attaccata al retro del foglio di carta umido quando si passa al torchio per stampare un'acquaforte. È un disegno trovato del quale io faccio un disegno con lapis di diverse grammature. In questa occasione, l’ho fatto direttamente sul muro. Il lavoro così attraversa diverse fasi di esistenza a seconda della distanza del pubblico dal muro e in definitiva della sua attenzione. È un lavoro che si rilascia molto lentamente all’inizio, ma una volta che è stato percepito esplode nello spazio che ti circonda, questo aspetto dell’apparire nel tempo mi interessa molto.
Massimo Bartolini, In là 2022, Centro per l'arte contemporanea Luigi Pecci ph. OKNO Studio
A -
In là (2022) è un'opera monumentale che attraversa l'intera mostra. Opera sonora in cui i tubi innocenti sono trasformati in canne d'organo e quindi in strumenti musicali.
Come è nata questa integrazione tra tecnologie diverse e musica?
MB - Innanzitutto non è un opera monumentale, del monumento non ha la compattezza né l’iconicità né soprattutto la percezione immediata dell’insieme, qui la percezione è continuamente differita e soprattutto incompleta, quindi vaga….Cosa che un monumento non può sopportare.
Ci sono poi vari elementi. Uno di ordine biografico, essendo figlio di impresario edile sono vissuto molto sui ponteggi. Per quanto riguarda la musica invece l'ho scoperta tardi ma non appena ne ho fatto esperienza mi è sembrata una rivelazione, una magia.
In Là è una crasi fra due strumenti per colmare una distanza, il ponteggio attraverso modularita’ e costruzione e progressione, la musica invece attraverso modularità e costruzione e progressione. Si è vero sono le stesse modalità solo il loro corpo differisce: il ponteggio più solido, la musica di una solidità attenuata, (ma ci dovrebbe essere una parola migliore). Uno copre distanze sommandosi fra sè come una infiorescenza in continua crescita, l’altro, la musica, si arrampica nell’aria propagandosi per risonanza. Infine si vengono incontro, la musica facendo vedere da dove parte, l'inequivocabile solidità dello strumento, ed il ponteggio facendo finta di volare….
A - Come si è sviluppato il lavoro di ricerca con gli organi?
MB - Sono partito da una piccola visione, poi piano piano ho trovato persone storie e una cultura sconfinata, occulta ed incredibile nella maestria necessaria a fare un organo, dove un millimetro in più o in meno fa o non fa uscire un suono…. I mastri organari Samuele Maffucci e Massimo Drovandi ed Yari Mazza, ormai sodali da decenni, praticano un'arte antica, con mezzi modernissimi si fa e si sà molto: orologeria, falegnameria, oreficeria, carpenteria metallica… sono creatori di automi che cantano, la macchina che parla e che suona usando la stessa cosa che usa l’uomo: l’aria…. In effetti, quando siamo vicino ad
In Là per esempio, parafrasando il meraviglioso libro di Coccia
La vita delle Piante, noi respiriamo l’aria di una nota che ha emesso l’organo e viceversa, l’organo emetterà una nota con l’aria che abbiamo espirato noi.
Massimo Bartolini, Rugiada Rosa 2022, Centro per l'arte contemporanea Luigi Pecci ph. OKNO Studio
A - A cosa si è ispirato il noto musicista Gavin Bryars a cui è stata affidata la composizione?
MB - Gavin Bryars si è ispirato soprattutto alla disseminazione dello strumento, al fatto che è una musica che non si sentirà mai tutta insieme, che è fatta per essere ascoltata mentre si cammina. Ha concepito ogni stanza come uno strumentista e il pezzo come un susseguirsi di voci che si intrecciano l‘un l’altra.
A - Parlando della tua ricerca... hai definito la possibilità di inter-venire in un contesto specifico come «la variabile che permette di mo-strare un’attitudine piuttosto che un manufatto, è come l’improvvisazione su un tema musicale per il musicista... È ancora così?
MB - Si. Nella tua domanda citi la risposta che avrei voluto dare, che posso dire dunque, posso dire con meno eleganza rispetto alla citazione che hai fatto, che l'improvvisazione richiede molta preparazione prima. Richiede di Vivere molta vita prima.. Si immagazzina tanta energia potenziale pronta a liberarsi quando è il momento. Il lavoro è anche un modo per accorgersi delle cose, di vedere che hai vissuto. C’è una risposta memorabile che Steve Lacy deve dare in 15 secondi a Derek Bailey sulla differenza tra composizione e Improvvisazione, la riporto di seguito: “ (…)”
In 15 secondi la differenza tra improvvisazione e composizione è che nella composizione hai tutto il tempo che vuoi per decidere che cosa dire in 15 secondi, mentre nella improvvisazione hai 15 secondi”. La sua risposta era durata esattamente 15 secondi…
Massimo Bartolini, Untitled (And the Penny Drop) 1999–2022, Centro per l'arte contemporanea Luigi Pecci ph. OKNO Studio
A - Puoi raccontare della performance-concerto che ha chiuso l'inaugurazione alla tua mostra al Centro Luigi Pecci?
MB - Quella performance si chiama
Primo Movimento e fu realizzata per la prima volta nel 2016 per
There is no place like home, all’approdo fluviale a Ponte Marconi, Lungotevere San Paolo. Si tratta di uno stage per un concerto di musica elettronica alimentato completamente da un gruppo elettrogeno con una quantità limitata di benzina. Pietro Riparbelli mio amico e sodale da tanto tempo, campiona in diretta il rumore del gruppo elettrogeno e lo risuona in diretta. A un certo punto finisce la benzina, e le luci del palco si spengono in singulti, cosi come il potente ritmo sonoro si frammenta e poi tace. È un lavoro molto ricco di figure anche abbastanza palesi che non sto a spiegarle. Questo lavoro è un proseguio di
Ouverture per Pietro fatto 15 anni fà dove, con la stessa modalità una lampada esplodeva e dava inizio al concerto di Pietro…. Uno spettacolo che realizza un tempo ogni 10 anni…
A - Considerando l’attuale studio e dibattito sulla storia delle mostre, c’è un’esposizione del passato che avresti voluto realizzare o esserne parte? oppure quello che avresti voluto fare di diverso nelle tue…
MB - Se vale lo stesso: avrei voluto vedere John Coltrane e Thelonious Monk, non necessariamente insieme, in concerto.
Massimo Bartolini, Dark Dark Eyes 2014, Centro per l'arte contemporanea Luigi Pecci ph. OKNO Studio.
A - Quale la tua idea di futuro, è solo un'altra finzione? Una simulazione?
Un veicolo per accedere a possibilità, ad altri mondi possibili?
MB - Il futuro non è necessariamente dopo di noi, come il passato non è per forza prima di noi. Ci sono molti tempi nello stesso momento…. Figurarsi il tempo futuro è come disegnare i marziani con le antenne…. Il tempo è una cosa che si capisce solo intuitivamente come forse voleva far intendere Sant'Agostino. Solo momenti di grande poesia possono dare immagini del tempo in tutte le sue articolazioni.
A - Credi che la permeabilità tra il mondo virtuale e il mondo fisico, tra tecnologia e umanità continuerà ad intensificarsi? In quali forme?
MB - Quanto meno corpo c’è nel mondo quanto più controllo ci sarà. La vera sfida sta in questo punto. Incorporare il virtuale…. Forse.
Massimo Bartolini, Primo Movimento 2016, Performance Audio Con Pietro Riparbelli Centro per l'arte contemporanea Luigi Pecci ph. OKNO Studio
Massimo Bartolini è nato vive e lavora a Cecina.
Ha studiato all'Istituto Tecnico per Geometri B.Buontalenti di Livorno e all'Accademia BB. AA. di Firenze.
È docente di arti visive presso NABA Milano e Accademia di Belle Arti Bologna.
Dal 1993 espone in numerose mostre, tra le collettive si ricordano: Biennale di Venezia del 1999, 2001 (evento collaterale), 2009, 2013 (I). Biennale di Valencia (E) 2001. “Stanze e Segreti”, Milano, 2000. Manifesta 4, Frankurt, (D), 2002. "Ecstasy, in and about altered states" Moca Los Angeles, (USA), 2005. Biennale di Shangai 2006 e 2012 (CHN); International Triennale of Contemporary Art, Yokohama (J) 2011; Biennale di San Paolo 2004 (BR); Biennale di Pontevedera 2004 (E); Documenta 13 Kassel, 2012 (D); Etchigo Tsumari Tiennal, Tokamachi, (J) 2012; Track, Ghent (B) 2012. One on One, Kunstwerke, Berlino (D),2012. The City, My Studio/The City,My Life”, Kathmandu Triennale, (Nepal),2017 “Habit Co-Habit”, Pune Biennale, Pune, (India), 2017. Starting from the desert…Yinchuam Biennal, Yinchuan (CHN) 2018. “Escape Routes”. Bangkok Biennal (TH) 2020 Triennale di Setouchi (JPN) 2022.
Fra i solo show : On Identikit Csac Parma, 2020. Manifesta 12 (collateral event) "Caudu e Fridu”, Palazzo Oneto, Palermo (I), 2018. "4 organs" Fondazione Merz, Torino, (I). 2017. "Studio Matters+1" Fruitmarket Gallery Edimburgo (SC) e SMAK Ghent (B),2013. “Serce na Dloni”, Centre of Contemporary Art "Znaki Czasu", Torun, (PL), 2013. Hum Auditorium Arte, Roma (I) / MARCO, Vigo, (E); 2012. Museu Serralves Porto (P), Ikon Gallery Birmingham (GB), 2007. GAM di Torino (I), 2005. Museum Abteiberg, Mönchengladbach (D), 2002, “La California frazione di Cecina, 2002, e Paesaggi” Galleria Massimo De Carlo 2016. “Afterheart” Frith Street Gallery London 2012. “Three Quarter tone Piece”, Magazzino Roma, 2010.