Pamela Gori Eva Sauer
Covo-Nius
Installazione sonora: Samantha Bertoldi
di Špela Zidar
Špela Zidar - Opera
Covo-Nius, learning to fly una scultura-architettura a misura d’uomo, in forma di nido rovesciato, costruita con rami di legno, fili di tessuto e altri elementi spuri presentata per la prima volta nel 2017 presso lo spazio Artforms di Prato. Un’opera realizzata durante un workshop che ha visto il contributo attivo di un pubblico vasto ed eterogeneo, disponibile a collaborare alle diverse fasi di lavorazione, portando anche il materiale proprio, e contribuire direttamente al processo creativo delle artiste, come coautori e osservatori allo stesso tempo, creando insieme un ambiente duplice, “che dall’esterno invita ad entrare stimolando riflessione, dialogo interiore e concentrazione, mentre dall’interno permette il contatto con le proprie insicurezze e inquietudini,” citando Erica Romano.
Potete descrivere come avete sviluppato l’idea del progetto, perché la forma di nido? Quali erano le necessità che vi hanno portato a lavorare insieme su queste tematiche e perché la scelta di far partecipare il pubblico alla creazione?
Questa è la prima volta che avete lavorato insieme?
Pamela Gori ed Eva Sauer - L’idea per questo progetto è nata dopo alcuni workshop che insieme abbiamo ideato e realizzato per i bambini delle scuole. Dopo una lunga serie di riflessioni sia personali che professionali emerse durante i nostri incontri, abbiamo sentito l’esigenza di raccontarci attraverso la realizzazione di un’opera che portasse in sé l’idea di un percorso di condivisione intrapreso insieme. Il Covo / Nido ci sembrava perfetto perché poteva fungere da contenitore e incubatore per tutte le nostre riflessioni. Da qui l’idea di ricreare a dimensione d’uomo, un nido-scultura, traendo ispirazione da ciò che esiste e viene creato costantemente in natura.
Di fatto i bimbi attraverso il gioco, tendono a costruire dei ripari propri all’interno della casa, rifugi segreti, tane e nascondigli: si tratta di mondi singolari ed esclusivi, a cui hanno accesso persone scelte da loro e, a differenza dell’adulto, attraverso questa modalità di gioco, entrano in contatto, senza alcun sforzo, con la propria dimensione interiore e con il proprio mondo immaginario. Un gioco che solo in apparenza può sembrare banale, ma è qualcosa che arriva da molto lontano e risponde a dei bisogni primari.
Costruire nascondigli oltre che ad essere una necessità degli animali, lo è anche dell’uomo: trovare un riparo, un giaciglio che dia “l'illusione” di sentirsi protetti. Dunque, per noi è stato interessante collaborare con un pubblico, nel nostro caso il più eterogeneo possibile, affinché il “mondo costruito”, quello del nido, potesse diventare più inclusivo, rispondendo alle esigenze di molti, e di conseguenza arricchirsi di significati.
Pamela Gori e Eva Sauer, Covo-Nius, Artforms, Prato, 2017, Ph. Pamela Gori
Špela Zidar - Il
Covo/Nido è in primis metafora di rifugio primordiale che dona calore, accudisce e nutre. Richiama un nostro naturale istinto primigenio-archetipico di sentirci protetti, di sentirci a casa. Questa è sicuramente una tematica molto attuale soprattutto nel tempo del recente lockdown a causa dell'ancora attuale emergenza sanitaria.
La casa che ad un certo punto rimane la nostra unica sicurezza, un fortino da preservare intatto dalle minacce del mondo esterno, un posto che esclude piuttosto che include. In relazione al vostro lavoro
Covo-Nius, come era cambiato il concetto di casa come luogo di protezione, ma anche di identità ed interazione? Ha acquisito aspetti legati alla reclusione, incarcerazione?
Pamela Gori ed Eva Sauer - Come scelta sia strutturale che estetica, l’opera porta in sé aspetti di ambivalenza: da una parte l’immagine chiusa oscura e concava del covo e dall’altra quella avvolgente e protettiva del nido.
Premesso che
Covo-Nius è si metafora di accudimento e protezione, al contempo apre la porta verso la nostra parte interiore, dove ognuno è libero trovarci quel che vuole. Per noi ha sempre avuto vari livelli di lettura, preferiamo considerarlo una tela bianca sulla quale proiettare le proprie visioni e percezioni.
Oggi più che mai, quello che sta accadendo nel mondo esterno, sta provocando nelle persone un distacco dalle relazioni sociali ed una espressione delle emozioni ridotta. L’atto di ritrarsi, con la speranza di trovare protezione e riparo nelle proprie “case”, può stimolare ancor di più l’incontro con le proprie inquietudini, paure e insicurezze, evidenziando la natura duale dell’esistenza umana. Tuttavia, il covo, essendo anche incubatore-trasformatore, ad un livello più profondo ci mette nella condizione di poter scegliere se vivere, in questo momento storico, la propria interiorità come un luogo di reclusione forzata, oppure come opportunità di trasformazione; e in questo secondo caso, ci permette di avviare un processo creativo/alternativo, fungendo da stimolo per nuove idee che prendono forma una volta portate all'esterno.
Pamela Gori e Eva Sauer, Covo-Nius, collezione permanente di Ferruccio Ferragamo presso la galleria Il Borro, Ph. Pamela Gori
ŠZ - La nuova attualità del progetto vi ha recentemente offerto la possibilità di ripresentare il progetto in una mostra “Murmuration, animalitè sociale et umanitè sauvage”, a Niort , Francia. Come è avvenuta la progettazione e la collaborazione nella fase del lockdown e del post-lockdown? La possibilità di replicare/adattare il progetto era contemplata già all’inizio della creazione?
Pamela Gori ed Eva Sauer - Il
Covo-Nius nasce come un progetto aperto, quest’ultima versione del nido in realtà è la terza, la seconda volta è stata realizzata su commissione da Ferruccio Ferragamo tramite la curatrice Martina Becattini, della Galleria Arte e Vino, presso il Borro.
Essendo stata concepita come opera relazionale, site - specific, in tutte e tre le versioni, è stata quasi una conseguenza naturale quella di usare gli elementi vegetali presenti nei luoghi ospitanti, così per Il Borro, mediante l’utilizzo delle potature dei tralci di vite, edera e rami recuperati in loco, si è simbolicamente instaurato un rapporto con la realtà della tenuta. La stessa cosa abbiamo fatto per l’Ilot Sauvage in Francia, per la mostra “Murmuration, animalitè sociale et umanitè sauvage”, utilizzando i materiali vegetali presenti nel territorio all’interno del parco fluviale, in prossimità della città di Niort. Così facendo è come se ogni volta andassimo a rievocare in parte la memoria di certi luoghi: il "Genius loci” di territori differenti tra loro, ma con precise identità culturali e paesaggistiche, che tramite l’opera
Covo-Nius, interpretiamo, restituendone ogni volta un'estetica che cambia e si adatta allo spazio in cui si trova.
La progettazione è avvenuta in due fasi, abbiamo ideato e realizzato qui in Italia la struttura portante in bambù, che è stata poi smontata, spedita in Francia e rimontata successivamente al nostro arrivo a Niort.
Pamela Gori e Eva Sauer, Covo-Nius, collezione permanente di Ferruccio Ferragamo presso la galleria Il Borro, Ph. Pamela Gori
ŠZ - La piena crisi sanitaria sicuramente non ha favorito la componente partecipativa ed interattiva del vostro progetto primario. Perché avete deciso di portare comunque in Francia quest’opera? Come avete gestito l’adattamento del progetto, soprattutto la mancanza dell’interazione fisica e la possibilità che i partecipanti contribuiscono alla costruzione portando i materiali propri?
Come questa nuova edizione si discosta dall’idea originale e/o come la sviluppa?
Pamela Gori ed Eva Sauer - Inizialmente l’opera doveva essere portata in Francia per una collettiva insieme agli artisti, Rachel Morellet, Clément Cogitore, Xavi Bou a maggio, ma a causa del primo lockdown di marzo, fu deciso di fermare tutto in vista di tempi migliori. Quando in estate l’emergenza sanitaria sembrava esser diminuita, siamo stati contattati nuovamente dal curatore Vincent Le Pichon, per riprendere il progetto della mostra da dove lo avevamo lasciato, spostando la data di inaugurazione al 2 ottobre.
Il Covid è stato una sfida, perché ci ha messo nella condizione di rivedere in parte il processo di realizzazione dell’installazione soprattutto per l’ impossibilità di rivolgerci al pubblico ed aprirci ad un processo di co-creazione. Così abbiamo deciso di usare solo ed esclusivamente materiali vegetali, e di renderlo esteticamente più trasparente, meno chiuso rispetto ai due precedenti, per non “togliere ulteriormente il respiro” ai fruitori (visto l’obbligo della mascherina).
Questa è stata, dopo tanto tempo, anche un’opportunità per rivolgere e focalizzare l’attenzione a noi, trasformando il processo di lavoro durante la realizzazione, in un'esperienza performativa di co-creazione a due, dove abbiamo lavorato e vissuto per 15 giorni a stretto contatto, creando di fatto una dimensione solo nostra e che inevitabilmente si è aperta a nuove letture rispetto a quelle precedenti.
Anche la fruizione stessa dell’opera da parte del pubblico è cambiata, se nelle due versioni precedenti, all’interno dell’installazione, si formavano spontaneamente gruppi di 5/6 persone talvolta composti da individui estranei tra loro, oggi abbiamo potuto osservare che gli eventi esterni, hanno necessariamente trasformato l'esperienza tra pubblico e opera in qualcosa di esclusivamente intimo e personale, ad eccezione delle famiglie.
ŠZ - Questo adattamento è stato una sfida, un’opportunità per trovare almeno qualche risposta alla situazione assurda del lockdown nella quale ci trovavamo e che purtroppo non è del tutto finta? Avendo dovuto ripensare drasticamente il concetto del progetto primario avete avuto la possibilità di scoprire modi diversi di interpretazione e anche soluzioni alternative di implementazione? Questo vi ha dato idee e condizioni per ulteriori sviluppi del progetto in futuro?
Pamela Gori ed Eva Sauer - Il progetto, come abbiamo già detto, rimane aperto e vorremmo farci sorprendere da ciò che il futuro ci porta; ci faremo guidare nuovamente dai materiali che troveremo nei luoghi in cui andremo, dalle esperienze passate, e dal momento storico/attuale. Consideriamo Covo-Nius un essere “vivente”, e come tale si trasforma, si adatta e si evolve entrando in dialogo il luoghi ospitanti.
Pamela Gori e Eva Sauer, Covo-Nius, Murmuration, animalitè sociale et umanitè sauvage”, a Niort, Francia 2020, Ph. Frederic Pierre Covo-Nius è un’opera che ci permette la lettura tramite i nostri cinque sensi. Infatti, l’installazione viene completata con il sonoro fatto in collaborazione con Samatha Bertoldi. Quanto è importante la dimensione sonora dell’installazione? Visto che alcuni nostri sensi, come olfatto o tatto, vengono spesso limitati in questo momento storico, vi sembra che la componente sonora abbia acquisito più peso nell’insieme dell’installazione?
Pamela Gori ed Eva Sauer - La performance sonora di Samantha Bertoldi è sempre stata parte integrante del progetto: melodie accennate, il rumore dell’ intreccio dei rami, suoni e vibrazioni, cadenzati dai nostri respiri e parole appena sussurrate quasi impercettibili, che stimolano una modalità altra di ascolto; così come, l’odore del legno, che ricorda il bosco o le foglie di alloro che emanano un profumo invitante e tranquillizzante. Elementi che stimolano e invitano il fruitore a vivere un'esperienza che coinvolge tutti i sensi, e che marcano ulteriormente il confine tra dentro e fuori, con l’intento di guidare le persone in una dimensione più intima e selvaggia allo stesso tempo, ma ricordandoci forse che le relazioni profonde, hanno accesso ad una comunicazione che non necessita necessariamente del linguaggio verbale: i corpi “entrano in risonanza” e lasciano spazio alla serendipità. Il sonoro oltretutto ci ricorda che
Covo-Nius non si limita ad essere mera architettura, ma è un’esperienza ad ampio respiro.
Pamela Gori e Eva Sauer, Covo-Nius, Murmuration, animalitè sociale et umanitè sauvage”, a Niort, Francia 2020, Ph. Frederic Pierre
Pamela Gori nata a Prato il 10/06/71 a Prato. È un’artista che vive e lavora in Italia. Si laurea contemporaneamente in storia del costume presso la facoltà di storia dell’arte di Firenze, e in cultura e stilismo della moda presso il Polimoda di Firenze.
È co-fondatrice dell’associazione Artforms, attraverso la quale riveste il ruolo di curatrice e organizzatrice. Il suo percorso e la sua ricerca la porta sovente a creare dispostivi relazionali di co-creazione tali da coinvolgere il fruitore trasformando l’opera d’arte in un luogo di dialogo e confronto.
Il suo lavoro è stato esposto in vari spazi espositivi no-profit gallerie, musei e festival, tra cui:
Nesxt Festival, Torino; Davide Paduletto Arte Contemporanea Torino; Villa Romana, Firenze; Artforms, Prato; Galleria Il Borro di Ferruccio Ferragamo, Firenze; Museo del Tessuto, Prato; Contemporanea Festival, Prato; Accademia delle Belle Arti di Iasi, Romania; Dimora Oz, Palermo; L’Ilot Sauvage, Niort - Francia.
Eva Sauer nata il 15/07/73 a Firenze, si trasferisce in Germania nel 1985 (Düsseldorf). Studia presso la HfbK, Hochschule für bildende Künste di Amburgo.
Nel suo lavoro combina il linguaggio fotografico con parole e oggetti/sculture. Il tema principale sono le diverse, talvolta sottili forme di violenza e le paure collettive esistenziali.
Il suo lavoro è stato esposto in vari spazi no-profit, gallerie e musei, tra cui:
BBB, Tolosa; Museum für Kunst und Gewerbe, Amburgo; Galerie L'Entrepot, Monaco; DavidePaludettoArteContemporanea, Torino; Galerie Gedock, Monaco di Baviera, Galleria "st", Roma; Galleria Tethys, Firenze; Museo Marini Marini, Firenze; Galleria Alexander Alvarez, Alessandria; Galleria Bruening, Düsseldorf; Centro di arti visive di Pietrasanta; Mac 'n Monsummano; Villa Romana, Firenze; Palazzo delle Esposizioni, Roma; Palazzo Valentini, Roma; Museum Kunstpalast, Düsseldorf, Padiglione Toscana, Expo 2015; e ha partecipato alla ULUS Triennale of Extended Media di Belgrado, alla Biennale di Tashkent e alla Biennale di Architettura, Venezia, nel 2008 in collaborazione con Avatar Architettura.
L’opera Covo-Nius è esposta nella collezione permanente di Ferruccio Ferragamo presso la galleria Il Borro.