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Arte o Terra?
The International Celebration of Blasphemy and the Sacred
Written by Hicham Khalidi CATPC Amanda Sarroff Renzo Martens
Un uccello si posa nel Padiglione Olandese. Siede davanti al doppio
occhio di una telecamera, che oscilla tra Lusanga e Venezia, mentre
divora piccoli cubi bianchi. Intitolata Mvuyu Libérateur (Mvuyu
il Liberatore, 2024), la scultura raffigura, secondo le parole del
collaboratore del CATPC Blaise Mandefu, “l’uccello virile che apre i
cubi bianchi. Questo uccello è sensibile al dolore dei suoi simili, gli
altri animali. Quando trova un altro uccello o animale intrappolato dai
cacciatori, interviene per aiutarlo a liberarsi”. Ora è venuto a liberare
tutti coloro che sono tenuti prigionieri dall’insaziabile appetito dei musei
sui profitti delle piantagioni. Usa il suo becco per aprire con forza queste
istituzioni culturali. Sotto di lui, le foreste cominciano a fiorire al loro
posto. Radici di alberi, animali, pesci, fiumi e corpi umani circondano
questi cubi rotti. Mvuyu porta con sé un ammonimento: si deve agire
con più attenzione su questa terra sacra.
Il Cercle d’Art des Travailleurs de Plantation Congolaise (Lega
d’Arte dei Lavoratori delle Piantagioni Congolesi, o CATPC) definisce
l’arte come una forza viva nata da una Terra sacra e il fare arte come
un’impresa sacra. Creano oggetti pieni di propositi come contenitori di
memoria culturale e di protezione della comunità. Come spiega Ced’art
Tamasala, rappresentante del CATPC, “se la Terra sacra è la fonte di
vita di tutte le cose, l’arte appartiene alla Terra. In questo modo, anche
le pratiche artistiche diventano uno sforzo sacro e vivificante”.1 Le
circostanze in cui si svolgono queste pratiche e l’intenzionalità che le
sottende conferiscono loro un potere di rinnovamento.
Dal 2014, il CATPC lavora costantemente per acquistare le terre
ancestrali confiscate nel 1911 dalla multinazionale britannico-olandese
Unilever e dalle sue filiali. Attraverso un processo creativo collettivo che
prevede la creazione di opere d’arte e la loro vendita all’estero, gli abitanti
di Lusanga hanno guadagnato abbastanza denaro per riacquistare
appezzamenti delle piantagioni di olio di palma esaurite dove un tempo
lavoravano loro e le loro famiglie. Ad oggi, 200 ettari di terreno sono stati
recuperati e ricoltivati per fornire sostentamento alla comunità. Questo
impegno – rigenerare le foreste sacre e creare un’economia sostenibile
che permetta a loro e ad altri di prosperare – prende il nome di
postpiantagione.
Il sogno di una post-piantagione è nato dalla collaborazione tra gli
abitanti di Lusanga e l’ex direttore di Greenpeace per il Congo, René
Ngongo. Insieme, con l’aiuto di Renzo Martens, hanno costruito un
quadro economico in cui le comunità indigene possono scegliere di
prosperare attraverso l’acquisto e la ricostituzione di terreni coltivabili.
Il CATPC produce opere d’arte in argilla dalle foreste secolari rimaste nei
dintorni di Lusanga. Queste vengono fuse con cacao e olio di palma ad
Amsterdam, quindi esposte a livello globale e talvolta vendute sul
mercato internazionale dell’arte. Secondo le parole del collettivo, “non
c’è funzione più sacra per il cacao e l’olio di palma che quella di
rappresentare i sacrifici del passato e del presente e di generare il futuro e
riportare in vita la foresta”. Il CATPC utilizza queste materie prime per
dimostrare la continua complicità del mondo dell’arte nell’orribile
economia delle piantagioni.
Le sculture create per la 60a Biennale di Venezia funzionano
come oggetti contemporanei di potere. Ma raccontano anche storie.
Raccontano storie di storie, animate da scene multiple, come fotogrammi
di film, in cui foreste, fiumi, animali, spiriti, antenati e bambini si
intrecciano tra allegorie e narrazioni. Alcune opere parlano dell’impatto
devastante dell’Occidente sul Sud globale e danno voce agli antenati
delle piantagioni che sono morti come persone schiavizzate. Altre
raccontano di un futuro più luminoso in cui è la comunità a decidere
il proprio destino, guidata dai valori che ha scelto. In un concerto,
riflettono sul passato e predicono ciò che potrebbe accadere in futuro.
In tal senso, sono anche formatori di futuro.
A Lusanga, ogni scultura in argilla contiene semi e terra della
piantagione liberata. Quelli riprodotti in cacao, zucchero o olio di palma
nel Padiglione Rietveld sono i loro cloni magici. Una volta che le sculture
saranno esposte o acquistate da collezionisti e musei all’estero, il CATPC
spera che le storie trasmesse germoglino cambiamenti in tutto il mondo.
Nelle parole del collettivo, “ogni scultura segnerà il passaggio da un
passato doloroso e buio a un futuro ecologico, un futuro in cui la foresta
sacra passerà attraverso il padiglione”. 2
The International Celebration of Blasphemy and the Sacred, CATPC, Renzo Martens, Hicham Khalidi, 2024. Photo by Peter Tijhuis.
Dalle Piantagioni ai Musei
I musei, dalla Tate Modern di Londra allo Stedelijk Museum di
Amsterdam, dal Van Abbe Museum di Eindhoven al Museum Ludwig di
Colonia, sono stati fondati, almeno in parte, sui profitti delle piantagioni.
In un esempio tra i tanti, una recente ricerca fa risalire la ricchezza dietro
la costruzione dello Stedelijk nel 1895 alle importazioni coloniali, tra cui
cacao, caffè e tabacco, coltivati quasi esclusivamente nelle piantagioni. 3
La titolarità delle piantagioni fu anche convertita in prodotti finanziari e
venduta sotto forma di azioni. 4
Ancora oggi, un mercato speculativo si regge sulla promessa di
estrazione e sulla perpetuità dell’economia delle piantagioni. Non è un
caso che il porto di Amsterdam, il più grande hub di importazione di
semi di cacao al mondo e il più grande deposito di manodopera delle
piantagioni, si trovi a soli 15 km di distanza dallo Stedelijk Museum.
Sebbene Unilever abbia presumibilmente venduto le sue rimanenti
proprietà congolesi nel 2009, molti dei suoi ex lavoratori ora lavorano
per aziende che forniscono le materie prime tuttora utilizzate nella
produzione dei suoi prodotti. Fino al 2019, queste aziende, finanziate
in parte da banche di sviluppo belghe, britanniche, tedesche e olandesi,
pagavano i lavoratori a giornata anche solo 1,20 dollari al giorno per un
lavoro a tempo pieno in condizioni di pericolo di vita. 5
La ricchezza derivante dall’estrazione delle piantagioni continua
a scorrere verso i musei sotto la veste di sponsorizzazioni aziendali, a
volte in nome dell’assistenza o della giustizia sociale. Tuttavia, se coloro
che lavorano ancora nelle piantagioni si trovano oggi a essere soggetti
di discorsi critici o di mostre di tendenza, raramente, se non mai,
hanno l’opportunità di esserne gli autori o i diretti beneficiari. Come ha
affermato la studiosa, curatrice e documentarista Ariella Aïsha Azoulay,
“è impossibile decolonizzare il museo senza decolonizzare il mondo”. 6
The International Celebration of Blasphemy and the Sacred, CATPC, Renzo Martens, Hicham Khalidi, 2024. Photo by Peter Tijhuis.
Il Cubo Bianco: La resa dei conti
Le gallerie di cubi bianchi e le loro architetture moderniste, volutamente
atemporali e astoriche, sono intrise di ideologie di dominio. All’inizio
della sua collaborazione con il CATPC, Martens sperava di creare
una forte critica alla complicità del mondo dell’arte nella devastante
economia delle piantagioni del Congo. Si è sforzato di stimolare quello
che ha definito un “programma di gentrificazione inverso”, fondato
sull’idea che non solo gli artisti affermati e le istituzioni culturali in cui
espongono o il pubblico a cui si rivolgono dovrebbero trarre beneficio
dalla critica sulla disuguaglianza, ma anche le comunità di piantagione
diseredate da cui traggono profitto dal punto di vista finanziario e
intellettuale.
Nel 2017, Lusanga ha posato la prima pietra del proprio “cubo
bianco”. Concepito come un’iniziativa condivisa con Martens e
progettato dallo studio di architettura olandese OMA con il contributo
di Arsene Ijambo, segretario generale dell’Associazione degli architetti
del Congo (SAC), il Cubo Bianco di Lusanga intendeva “rimpatriare”
parte del capitale sociale, economico e culturale di cui la comunità e
altre simili erano debitrici. Sebbene sia stato un risultato straordinario,
la collaborazione ha destato anche delle preoccupazioni.
Come ha scritto nel 2017 la storica e critica d’arte Claire Bishop a proposito
del legame tra Martens e il CATPC, “Può un’eccessiva identificazione
eticamente preoccupante con il capitalismo aziendale neocoloniale
operare produttivamente in tandem con un impegno sociale eticamente
rassicurante, o questi due impulsi contraddittori si neutralizzano a
vicenda?” 7
Quando il Fondo Mondriaan ha invitato Martens a rappresentare
i Paesi Bassi alla 60a Biennale di Venezia, lui e il CATPC hanno deciso
di riconsiderare la loro collaborazione. Dopo una lunga riflessione,
insieme al collettivo e al curatore del Padiglione olandese Hicham
Khalidi, Martens ha deciso di definire più esplicitamente il suo ruolo
al servizio del CATPC e dei suoi obiettivi. Il 7 febbraio 2023 il CATPC
ha eseguito il
Mosi, un rituale sacro per ridefinire formalmente il loro
rapporto. Martens, come parte del team artistico, e Khalidi, come
curatore, si vedono soprattutto come mediatori e traduttori della visione
in evoluzione del CATPC. Per la prima volta nella storia della Biennale
di Venezia, una comunità che vive e lavora in un’ex piantagione parla in
prima persona dal palcoscenico internazionale del Padiglione olandese.
Nel 2023, il CATPC ha sottoposto il Cubo Bianco di Lusanga a
un processo di fronte all’intera comunità. È stato dichiarato colpevole
e condannato a restituire le terre e le opere d’arte rubate. D’ora in poi
tutte le energie saranno concentrate sulla post-piantagione. Per il CATPC,
il Cubo Bianco di Lusanga rappresenta tutti i cubi bianchi del mondo.
Sperano che il percorso di riconciliazione iniziato in patria si propaghi
in tutto il mondo, a partire dal Padiglione Rietveld. Il
gemellaggio tra
il Cubo Bianco di Lusanga e il Padiglione Rietveld crea un canale per
questa trasmissione. Attraverso un livestream tra i due spazi, il pubblico
di Lusanga è in grado di connettersi con il Padiglione olandese e i
visitatori di Venezia diventano ospiti invitati di Lusanga. Il livestream
svolge un ruolo particolarmente significativo per la più ampia comunità
della piantagione, che non ha il tempo e le risorse per recarsi a Venezia.
Offre uno sguardo reciproco dove un tempo si chiudeva un occhio.
The International Celebration of Blasphemy and the Sacred, CATPC, Renzo Martens, Hicham Khalidi, 2024. Photo by Peter Tijhuis.
Di fronte al Padiglione Belga, a confronto con la storia
Non è un caso che chi guarda il livestream da Lusanga, all’interno del
Padiglione Rietveld, si trovi di fronte anche al padiglione belga. È da
tempo che il CATPC desidera parlare con le persone al potere in Belgio
riguardo alle atrocità commesse in Congo. In seguito all’annessione
privata di quello che il re Leopoldo II chiamò Stato Libero del Congo,
vaste porzioni di terra che egli chiamò ingannevolmente
terres vacantes
furono date in concessione alle imprese private per essere sfruttate.
Quando il Parlamento belga assunse il controllo di questo vasto territorio
nel 1908, concesse ai Lever Brothers (con il nome di Huileries du Congo
Belge) il libero dominio. Aziende come Unilever spogliarono la terra della
sua biodiversità. Privando la terra anche dei suoi abitanti.
Quando divenne sempre più difficile reclutare manovalanza per
lavorare nelle condizioni estenuanti e spesso mortali della piantagione,
uomini e donne vennero prelevati con la forza da diversi villaggi,
separando famiglie e lignaggi ancestrali. La piantagione divenne una
tabula rasa, svuotata di storia e umanità, e Lusanga fu uno dei tanti
luoghi a subire questa catastrofe. La maggior parte dei membri del
CATPC sono figli di queste popolazioni sfollate. Separati dalle loro culture
e comunità, oggi cercano i resti del loro passato.
The International Celebration of Blasphemy and the Sacred, CATPC, Renzo Martens, Hicham Khalidi, 2024. Photo by Peter Tijhuis
Il ritorno di Balot
Un frammento di questa storia è stato finalmente recuperato,
anche se temporaneamente. Per tutta la durata della Biennale di
Venezia, il Cubo Bianco di Lusanga è stato trasformato in un santuario
per un’unica figura del potere di Kwilu Pende, nota all’estero come
Figura del Capo o del Divinatore, che rappresenta l’ufficiale coloniale
belga Maximilien Balot (in breve
Balot). Maximilien Balot (1890–1931)
era un agente coloniale inviato a reclutare con la forza braccianti per
le piantagioni dei Lever Brothers. Nel 1931, stufo degli abusi e per
vendicare un’aggressione a Kafutshi e ad altre donne da parte di agenti
territoriali, Balot fu decapitato e smembrato. La rappresaglia omicida
della forza belga alimentò quella che divenne una potente rivolta di
Pende. Balot, realizzato in quell’anno, fu scolpito in un atto di resistenza
per usare lo spirito maligno dell’agente al servizio del popolo Pende.
Rimase nascosto fino al 1972, quando fu acquistato da uno studioso
americano che poi lo vendette al Virginia Museum of Fine Arts (VMFA)
di Richmond, dove risiede oggi.8 Per la prima volta dopo mezzo secolo,
la scultura torna a casa. 9
The International Celebration of Blasphemy and the Sacred, CATPC, Renzo Martens, Hicham Khalidi, 2024. Photo by Peter Tijhuis.
Luyalu, ovvero la Forza
Per il CATPC, esibirsi nel Padiglione Rietveld rappresenta un doppio
vincolo. Questa ambivalenza è espressa nel titolo della mostra,
La
Celebrazione Internazionale del Blasfemo e del Sacro. Non solo devono
affrontare l’ambivalenza di partecipare a un evento elitario del mondo
dell’arte a cui hanno scarso accesso e per un pubblico con cui hanno un
rapporto conflittuale, ma sentono di doversi assumere la responsabilità
dei privilegi che questa opportunità offre, mentre altri all’interno della
loro comunità lottano per sopravvivere, per non parlare di rendere
visibile il proprio lavoro. Nelle parole di Tamasala, “non siamo sicuri
che le buone intenzioni avranno il risultato desiderato o che le buone
intenzioni porteranno davvero a foreste sacre…in realtà, siamo solo
all’inizio. E, anche se funzionasse, sarebbe un piccolo passo sulla via della
rigenerazione di quelle foreste [ai quattro angoli del Congo]”. Il CATPC è
guidato invece da un’etica di
luyalu.
Luyalu è la forza vitale delle nostre vite, della natura e del nostro
rapporto con la Terra, che esprimiamo attraverso l’arte. Questa
forza si intreccia con la realtà della nostra vita nelle rovine della
piantagione di Lusanga. La sua forza alimenta la vita e ci permette
di ritrovare la nostra forza attraverso anni di pratica e generazioni e
generazioni di esperienza nella spiritualità, nell’arte e nella connessione
con la Terra tramandata dai nostri antenati.
Questo è il “Muzindu” (profondità) che ha permesso al nostro
gruppo di entrare in contatto con i nostri alleati, i nostri antenati,
e di trarne ispirazione per creare la “kikungika ya mbasi” (la
composizione del futuro), basata sull’ispirazione rivelata dalle
profondità insospettate sepolte in ognuno di noi, riuniti per
condividere la vita.
Siamo “Mosi” (uno, in kikongo) e insieme formiamo il “Luyalu
ya Mosi” (la forza dell’intero come uno, in kikongo). Questo è il
Luyalu: il nostro metodo collettivo di pensare, agire, lavorare e
condividere tutto, dall’arte alla terra, in connessione con i nostri
antenati”.
Il CATPC è una pratica nata dalla nostra Terra condivisa. È un contesto
attivo ed etico per rivedere la nostra responsabilità verso l’altro. Per ogni
bambino che nasce a Lusanga, viene piantato un albero a suo nome,
affinché possano crescere insieme. Nelle parole della curatrice Ruba
Katrib, “il progetto artistico del CATPC... comprende l’umanità in modo
diverso. È un’agenzia e una voce allo stesso tempo”. 10 Queste vite, nel
loro svolgersi davanti a noi, enunciano e mettono in atto nuove possibilità
di giustizia e guarigione attraverso la differenza coloniale.
The International Celebration of Blasphemy and the Sacred, Renzo Martens, CATPC, Hicham Khalidi, 2024. Photo by Matteo de Mayda
* La celebrazione internazionale del blasfemo e del sacro (Padiglione olandese) è una presentazione del collettivo di artisti congolesi Cercle d’Art des Travailleurs de Plantation Congolaise (CATPC) per la 60a Esposizione Internazionale d’Arte - La Biennale di Venezia. Creata in collaborazione con l’artista Renzo Martens e il curatore Hicham Khalidi, l’opera mette in evidenza lo sforzo del CATPC nel tentativo di recuperare le terre di piantagione esaurite e nel ripristinare la Foresta Sacra, insieme alla loro più ampia missione di revisione spirituale, etica ed economica. La mostra è stata commissionata dal Fondo olandese Mondriaan.
Note
1 Dal novembre 2022, Hicham Khalidi
ha condotto interviste registrate con
i membri del CATPC, Renzo Martens
e altri collaboratori e alleati (vedi
pubblicazione). A volte Ced’art Tamasala,
a nome del CATPC, rispondeva con lettere
scritte. Questa citazione è un estratto di
una lettera del 3 febbraio 2023.
2 Idem.
3 Cfr. Laura van Hasselt, “Denaro, fede e
buoni amici: Piet van Eeghen e la metamorfosi
di Amsterdam, 1816–1889”, tesi
di dottorato (Università di Amsterdam,
2022).
4 Cfr. Renzo Martens, “Riconoscere che
i lavoratori sfruttati delle piantagioni sono
coautori dello Stedelijk Museum”, www.
nrc.nl, 7 giugno 2023, https://www.nrc.nl/
nieuws/2023/06/07/erken-dat-uitgebuiteplantagearbeiders-
co-auteurs-van-hetstedelijk-
museum-zijn-a4166578.
5 Human Rights Watch (2019), “Un
investimento sporco: il legame delle
banche europee di sviluppo con gli abusi
nell’industria dell’olio di palma della
Repubblica Democratica del Congo”,
https://www.hrw.org/report/2019/11/25/
dirty-investment/european-developmentbanks-
link-abuses-democratic-republic,
recuperato il 28 gennaio 2023.
6 Sabrina Ali, “Ariella Aïsha Azoulay:
“Non è possibile decolonizzare il museo
senza decolonizzare il mondo”, www.
guernicamag.com, 12 marzo 2020, https://
www.guernicamag.com/miscellaneousfiles-
ariella-aisha-azoulay/
7 Claire Bishop, «Cercle d’Art des
Travailleurs de Plantation Congolaise:
SculptureCenter», Artforum 55, n. 9
(maggio 2017), https://www.artforum.
com/events/cercle-dart-des-travailleursde-
plantation-congolaise-2-230139/.
8 Per saperne di più sulla figura del
potere Balot si legga: Herbert F. Weiss,
Richard B. Woodward e Z.S. Strother con
un contributo di Christophe Gudijiga
e Sindani Kiangu, “ Arte con la lotta
dentro. Alla scoperta che la statua di un
ufficiale coloniale è un oggetto di potere
della rivolta di Pende del 1931”, African
Arts, Primavera 2016 Volume 49:1.
9 Nel marzo 2024 si è tenuta a Lusanga
una cerimonia con la partecipazione di
notabili della regione, capi locali, lavoratori
della piantagione presenti e passati e
la comunità di Lusanga. In questa cerimonia,
Balot è stato riportato al posto che
gli spetta. Questo momento di trionfo si
ripercuoterà nella mostra di Venezia.
10 Dall’intervista registrata da Hicham
Khalidi con Ruba Katrib, Renzo Martens,
Amanda Sarroff, 8 ottobre 2023.
CATPC Renzo Martens
The International Celebration of Blasphemy and The Sacred
Curatore: Hicham Khalidi
Padiglione Olanda alla 60. Esposizione Internazionale d’Arte - La Biennale di Venezia
@ 2024 Artext