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Lo Schermo dell'Arte
Silvia Lucchesi
Conversation Piece

 
Lo Schermo dell'ArtePubblico al Cinema La Compagnia, Lo Schermo dell'Arte Firenze. Ph. Gianmarco Rescigno



Lo Schermo dell’Arte
Festival di cinema e arte contemporanea

diretto da Silvia Lucchesi

Il programma del Festival prevede presentazioni di film d’artista, documentari sull’arte contemporanea e video installazioni.
Il festival ospita VISIO, ideato e curato da Leonardo Bigazzi con una sezione dedicata ai giovani artisti che lavorano con le immagini in movimento.

Conversation Piece

Artext - Quali temi e le scelte in questa 15° edizione dello Schermo dell'Arte? Quali indagini intorno la complessità alla recente produzione cinematografica? Come avviene la selezione dei film nello specifico tra cinema ed arte?

Silvia Lucchesi - Ripensare di volta in volta la modalità con cui selezionare i film questa è una costante del nostro approccio. Non siamo un Festival del Cinema nè abbiamo quel modello tradizionale con la calls, competitions and prizes a cui si iscrivono i film o le produzioni inviano le pellicole. E quindi le selezioni, il concorso e le sezioni collaterali. Noi non lavoriamo così, invitiamo i film che pensiamo siano importanti per noi. Più di un centinaio di film ogni anno. Li chiediamo in visione e scegliamo quelli che riteniamo interessanti - che ci piacciono, perché la contingenza de - Lo Schermo dell'Arte è molto precisa e con un'identità. Avere in programma sia documentari sull'Arte Contemporanea che film realizzati dagli artisti. Questa è la nostrra particolarità.

Attiviamo una selezione diretta come un programma curato da una Istituzione dell'Arte Contemporanea, il nostro è un programma curatoriale. E questo si riflette sul reprimento delle risorse. Non parteciamo ai bandi dei Festival del Cinema perché non rispondiamo ai criteri per cui questi vengono finanziati, un certo numero opere di paesi e aree differenti di provenienza...
Siamo fuori da queste logiche.

AT - Individuate dei temi nelle sezioni per le scelte al programma annuale?

SL - Certo ma non di ordine tematico o in senso così stretto. Piuttosto cerchiamo di mettere insieme un programma in cui i film risuonano l'un l'altro, sia i documentari che i film realizzati dagli artisti. E benché le impostazioni nelle scelte siano ormai guidate da criteri consolidati nel tempo ci sorprendiamo noi stessi che nella "realtà" certi temi poi risuonano.
E questo anche il pubblico lo percepisce.

Lo Schermo dell'ArteYaara Bou Melhem, Unseen Skies (Stati Uniti, Australia, 2021, 98’) Still dal film

AT - Abitare il film. Il cinema e le XR immersive, una conversazione con Paola Velentini e Andrea Pinotti al Cinema La Compagnia per riflettere sulla realtà virtuale ed i meccanismi di alterazione sensoriale. Come sta cambiando la relazione regista spettatore nella costrizione allo sguardo, forse lo spettatore potrà decidere cosa osservare in tutta autonomia?

SL - Sono venuta a conoscenza del progetto An-icon con sede alla Statale di Milano, il cui leader è Andrea Pinotti da un bando europeo per questo loro progetto di ricerca - 'An-iconology: History, Theory, and Practices of Environmental Images'. Dalla loro presentzione si può comprendere l'ambito teorico, tra il mondo dell'immagine e il mondo reale di cui si occupano...
"Gli ambienti virtuali (VE) immersivi e interattivi hanno consentito la produzione di immagini che suscitano un effetto di realtà senza precedenti, creando nel percettore una forte sensazione di "essere lì", vale a dire di essere incorporati in un mondo quasi reale. Così facendo, nascondono la loro materialità mediata, simulando l'immediatezza, la loro separatezza ( ) e la loro referenzialità ( ), sfidando paradossalmente il loro status di immagini, cioè di icone."

Rimasi molto colpita al loro convegno, la scorsa primavera da questa ricerca a cui partecipano storici del cinema e dell'arte contemporanea. Andrea Pinotti ordinario di Estetica alla Statale di Milano, in un gruppo di lavoro con figure autorevoli del mondo accademico e scientifico ed un approccio molto ampio sul fenomeno della immersività, della visione dell'opera filmica, del visibile e le pratiche dello sguardo in forme culturalmente organizzate.

Abbiamo colto l'occasione per inviatarli a presentare il progetto An-Icon a Firenze. E' stato il nostro primo avvicinamento ad un centro di studi su questo fenomeno e sui recenti sviluppi nelle tecniche di creazione di ambienti ed immagini virtuali. Tra l'altro, una curiosa coincidenza - l'invito a due artisti a parlare del loro lavoro, Rosa Barba e Giorgio Andreotta Calò che noi avevamo già selezionato per il festival.
Abbiamo molti intenti comuni. An-Icon è un progetto che si sviluppa anche con la produzione di opere immersive realizzare dagli artisti di Cultura Visuale.

AT - Cultura visuale ed immersività in qualche modo temi che si riccollegano all'area accademica dei nuovi Visual Studies. In che modo il Cinema d'Arte ne è parte attiva e sperimentale?

SL - Ho trovato interessante il modo in cui viene presentato An-Icon. Noi parliamo di immagine in movimento, di Moving Image loro di Environmental Images, le immagini che vengono a comprendere un'esperienza dello spazio:
"I soggetti relativi alle an-icone non sono più osservatori visivi di immagini isolate dal mondo reale da un dispositivo di inquadratura (sia esso il piedistallo di una statua, la cornice di un quadro, o lo schermo cinematografico); sono esperienti che vivono in uno spazio-tempo quasi reale che offre stimoli multisensoriali e sinestetici e consente concessioni sensomotorie interattive, favorendo un'ambientalizzazione dell'immagine."

Non so ancora in che modo riusciremo a collaborare ma sicuramente continueremo a confrontarci sulla parte più riflessiva e teorica delle immagini in movimento.

Lo Schermo dell'ArtePro-Trump protesters gather in front of the U.S. Capitol before the attack in Washington on Jan. 6, 2021

AT - Il ruolo delle immagini nella nostra esistenza, come le viviamo e le attualizziamo sembra essere la costante di alcuni film dello Schermo dell'Arte, in particolare il film di esordio cinematografico di Andres Serrano, Insurrection - una ricostruzione dell’assalto a Capitol Hill ad opera dei sostenitori di Trump.
Puoi dire del coinvolgimento che questo film di 'cinema verità' ha suscitato e della nostra assiduità quotidiana con dispositivi e schermi che segnano e registrano il nostrio tempo e condizionano sensi e attività decisionale?

SL - Andres Serrano lo abbiamo incontrato nel gennaio del 2022. Avevamo capito l'aderenza straordinaria all'attualità ed alla cronaca politica del suo recente film - Insurrection, 2022. Parla di un evento drammatico, quello dell'assalto a Capitol Hill, uno sgomento che ha colpito il mondo intero. Un film da presentare a Novembre quando in America si svolgono le elezioni, le Midterm Elections, con tutta la polemica sulla figura di Trump e sul tentato golpe.

Questa aderenza al tempo contemporaneo è l'elemento che riunisce tutti i film dello Schermo dell'Arte. In quel caso si è manifestato in maniera incredibile.

E' un film di montaggio, un lavoro di ricerca e accumulo di materiali girati dagli stessi manifestanti, tracce di un tentato golpe lasciate sui telefonini, riprese dalle telecamere dei cronisti, di video amatoriali sulle piattaforme dei social. Non si trattava di un documentario ma di un’esperienza immersiva su ciò che accadde.. Questa la caratteristica che ci ha sorpreso di più.

Andres Serrano in settantacinque minuti ha raccontato un evento. Non c'è una voce fuori campo che commenta. Ha deciso di presentare ed utilizzare i materiali filmati dai manifestanti come se fosse una sorta di gigantesca soggettiva.
Montati con quel ritmo e una intensità che crea una sorta di claustrofobia, girando per gli stretti corridoi dove la folla è schiacciata contro gli scudi della polizia. Fino al momento estremo in cui viene sparato il colpo e viene uccisa Ashli Babbit.

C'è poi un legame al Cinema con un found footage di immagini di storia americana passata e recente, immagini di impiccagioni dei Neri, le lotte di liberazione, Malcom X.
Lo ha accennato Andres Serrano in sala - che l'America è costruita su questo doppio binario, di violenza e di entusiasmo nella nascita della nuova nazione. Ed è stato sempre così fin dalle sue origini, esattamente come si è ripetuto nel Gennaio del 2020.

E' la testimonianza di un evento che coinvolge non solo la politica ma raggiunge le radici dell’immaginario, raccontando la genesi di un golpe attraverso un flusso di immagini che squarciano il velo della realtà e ci immerge nella sete di violenza da guerra civile.

Lo Schermo dell'ArteLeft: Two armed men walk away from burning buildings during the June 1, 1921, Tulsa Race Massacre in Tulsa, Okla. Right: Insurrectionists attempt to breach the Capitol after storming the building in Washington, D.C., on Jan. 6, 2021


AT - E' sorprendente l'utilizzo ormai massiccio dei nuovi dispositivi portatili e la sensazione che creano come 'di occhi ovunque'..

SL - Certo i nuovi dispositivi come cellulari e smarthhone sono fondamentali e sembrano cogliere una visione in diretta, immediata, della realtà stessa, in tutte le manifestazioni. Ma è la condivisione di questi materiali attraverso la rete, ciò che li rende importanti. Non solo la registrazione come di appunti visivi.
Se si pensa al movimento delle Primavere Arabe e l'uso del dispositivo smartphone diventato uno strumento al servizio della libertà. Non si può più prescindere dal mostro cellulare.

E sono ormai molti gli artisti che lavorano a queste immagini che producono un aumento di realtà, non solo Serrano ma tanti giovani artisti che Lo Schermo dell'Arte ha presentato in molte edizioni di VISIO. Interi film vengono girati con i cellulari, dispositivi che tengono insieme materiali eterogenei ma conniventi. E non c'è quindi bisogno di tutto quell'apparato del cinema di un tempo, ingombrante..

Lo Schermo dell'ArteSilvia Lucchesi, Talk, XIII edizione dello Schermo dell'arte


AT - Come è mutato negli ultimi decenni il Cinema d'Artista? Partendo da quel testo, Cinema d’artista in Toscana 1964-1980 a tua cura pubblicato nel 2005.

SL - Si è un libro finaziato dalla Regione Toscana. E' nata prima l'idea del libro che la mostra. In quegli anni Daniel Soutif direttore del Cento Pecci a conoscenza di questa mia ricerca mi propose di farla diventare una mostra con la proiezione dei film girati dagli artisti.

Il Cinema di Artista in Toscana non era mai stato studiato. Quando iniziai questa ricerca si scoprirono moltissime opere che gli artisti avevano realizzato utilizzando il Super 8 - dimenticate nei loro archivi. Moltissime di quelle opere non erano mai state visionate se non all'epoca della loro produzione. Si è stata una esperienza molto bella.

Il Cinema d’Artista in Toscana negli anni settanta era legato ad un contesto specifico. Si trattava perlopiù di produzioni sperimentali. Ma gli artisti hanno sempre fatto cinema a cominciare dalla sua nascita. Futurismo, Dada e i Surrealisti. E' stato utilizzato fin dall'inizio come medium di ricerca visuale.

La designazione "Cinema di Artista", che si realizza nei primi anni settanta, corrisponde a un momento di radicali riformulazioni in cui nell'area artistica è forte l'urgenza comunicativa prima che politica di "uscire dal campo del quadro".
Quindi è chiaro il Cinema di Artista è legato alle urgenze del proprio tempo e alle tecnologie che il tempo offre.

Dopo il 1970, con la diffusione anche in Italia dei primi portapack - videocamera e registratore portatile, il medium elettronico si affianca o sostituisce quello filmico nella pratica di molti artisti.

Altrimenti pur con una pellicola leggera come il Super 8, erano necessari i laboratori di sviluppo e poi predisporre il supporto al montaggio. Se pensi che con il Video portatile tutto questo veniva realizzato con grande facilità da una telecamera e un registratore a nastro magnetico... Si la tecnologica ha aumentato le possibilità da parte di chiunque di poter realizzare dei lavori artistici. Oggi virtualmente chiunque con cellulare e smarthone può fare un film. Poi è chiaro che lo sguardo dell'artista è quello autoriale e non è più questione di facilità o utilizzo di uno strumento.

E' difficile dire come è cambiato il Cinema d'Artista se pensi all'autore, perché allora la questione è - come è cambiata l'opera d'arte nel tempo?

In questo senso l'esempio più eclatante e di radicale cambiamento che riguarda la Toscana è l'esperienza di Art/tapes/22 e del progetto di Maria Gloria Bicocchi uno dei primi studi di produzione di video arte. Un'avventura d'avanguardia nella produzione Video che ha coinvolto un grand numero di artisti emergenti che iniziarono a lavorare con i mezzi messi loro a disposizione dallo studio. Gino De Dominicis, Vito Acconci, Joseph Beuys per citarne solo alcuni.


Lo Schermo dell'ArteGiorgio Andreotta Calò, Icarus (Paesi Bassi, Italia, 2021, 30’ 23”) Still dal film Courtesy dell’artista e ZERO…


AT - Alcuni film presentati in questa edizione - Icarus, 2021 di Giorgio Andreotta Calò, e Rosa Barba, Inside the Outset: Evoking a Space of Passage,2021, evidenziano lo stretto legame tra cinema e arte contemporanea.

SL - A noi interessano le Movie-Images, le opere realizzate dagli artisti per i circuiti alternativi. Ma è la visione che proponiamo - semmai tale da produrre un livello di attenzione differente.

Ad una Biennale, all'interno di una mostra collettiva e tematica, l'opera viene mostrata spesso in una black box, una stanza buia costruita nel percorso - in cui entri, il film gira in loop e non sai mai il momento preciso nella maggior parte dei casi quando il film è iniziato. La tua visione resta parziale, e non è facile rimanere per tutta la durata del video quando hai un'intera mostra da vedere..

Ma se quel film lo porti in un altro contesto e lo mostri come può vederlo uno spettatore del cinema, con un orario di inizio e di fine, una postazione in cui stare comodi, questo influisce moltissimo sul livello di attenzione in cui viene gauardata la stessa opera. Semplicemente perché il video è stato decontestualizzato e messo in un ambiente diverso. Questa è l'operazione che ha fatto lo Schermo dell'Arte. E' la sua caratteristica.

Ed anche la ragione per cui gli artisti sono felicissimi di venire a vedere proiettati i loro lavori su grande schermo. Giorgio Andreotta Calò lo ha accennato nel suo intervento in sala, del suo lavoro, Icarus, 2021 prodotto per una Biennale, presentato in una mostra alla Galleria Zero a Milano. Ma era la prima volta che veniva proiettato su grande schermo. Non è solo una questione di dimensioni, ma di livello di attenzione. Le opere di Rosa Barba, sempre girate in pellicola, indagano il confne sottile che separa il documentario dalla finzione e compongono universi distopici senza precise coordinate temporali, in cui utilizza un'ampia gamma di materiali, testi e immagini, riprese documentarie, ma anche performance, e musiche da lei composte.

Il Cinema ha sempre evidenziano il suo stretto legame con l'Arte Contemporanea, ad esempio documentando le performance. In certi casi l'azione si svolge a beneficio esclusivo della cinepresa oppure all'interno di una mostra.

Nei primi anni dello Schermo dell'Arte al cinema Odeon abbiamo presentato un film diretto da Babette Mangolte dal titolo Seven Easy Pieces, 2007 in cui filma le performance di Marina Abramovic al Guggenheim di NY.

In questo film l'artista ha ricostruito opere di performance seminali degli anni '70, interpretandole come si farebbe con una partitura musicale. Le performance delle quali non esistevano materiali filmati, ma solo documenti come fotografie o notazioni, che lei reinterpreta nell'ambito di una mostra, dal vivo, con degli spettatori, in un’esperienza di contatto e visione priva di mediazioni.

Questo è un altro modo di intendere il medium che viene utilizzato come registrazione del lavoro.

Lo Schermo dell'ArteKasper Bech Dyg, Marina Abramović & Ulay. No Predicted End (Danimarca, 2022, 95’) Still dal film


AT - Alcuni film documentari suscitano e ricreano una dimensione cinematografica di intensità empatica attorno ad alcuni personaggi leggendari dell'arte contemporanea. L’incontro tra Marina Abramović & Ulay in - No Predicted End, la narrazione intensa ed eroica in Back to Basquiat di Pierre-Paul Puljiz. Sono forse la realtà immersiva e l'empatia i nostri attuali confini alla soggettività, le serie del tempo all'alterità, le rivolte del pensiero alla sintesi disgiuntiva?

SL - Il film su Basquiat è un documentario tradizionale realizzato con interviste e brani di archivio in cui parla lo stesso artista. Il film è un viaggio alla ricerca dell'identità del più famoso artista afroamericano contemporaneo e delle proprie radici haitiane e portoricane. Nel documentario vengono intervistati artisti e musicisti afroamericani degli anni Settanta e Ottanta come Alvin Fields e Michael Holman che raccontano il loro ruolo nell’arte americana del tempo. Basquiat è uno di quei personaggi su cui sono stati realizzati un gran numero di film. E su questo è necessaria una riflessione su come il cinema racconta l'artista ed in qualche caso è in grado di attivare una “fusione empatica” con il punto di vista del personaggio rappresentato. Un effetto di embodiment che si ritrova anche nel first-person-shot delle riprese in soggettiva, che innescano implicazioni motorie, psichiche e affettive che sia un documentario o finzione.

Il cinema si è sempre nutrito delle figure degli artisti interpretati da celebri attori. Dai numerosi film su Van Gog a cominciare Lust for Life, un film del 1956 diretto da Vincente Minnelli a partire dall'omonimo romanzo di Irving Stone. Artisti letti cone degli incompresi, Amedeo Modigliani o Toulouse-Lautrec, Camille Claudel, artisti misconosciuti o in preda ad un furor creativo.

Il cinema come l'arte sono esperienze della visione, -embodied simulation, attingono all’originario sentire che precede le opposizioni come mente/corpo, interno/esterno etc...

E nel tempo sono state messe a frutto molte ricerche che includono le estetiche dell’empatia. Inoltre c'è una sorta di mitologia che il film contribuisce a creare, il mito dell'artista, non solo visivo. Su Marina Abramovic o su Basquiat c'é una quantità incredibile di film, sia di documentazione che di finzione come quello del regista Schnabel. Schnabel ha raccontato attraverso un film tradizionale con una sceneggatura, un cast, un sistema produttivo di cinema autoriale, ha raccontato la vita di un artista di NY, come lui ma di una generazione precedente.

Certo la realtà immersiva è arrivata a noi dopo aver attraversando una vasta costellazione di casi che dalla cultura visuale antica arriva ai contemporanei dispositivi immersivi di realtà virtuale.

Pinotti nel suo intervento ha proposto un’analisi critica di quelle immagini che si caratterizzano per il fatto di negare il loro stesso statuto iconico... un’an-iconologia, dunque, che intrecciandosi con l’archeologia dei media si pone il problema di quale sia l’effetto di questo duplice movimento del nostro ingresso nel mondo virtuale dell’immagine e di esondazione di elementi del mondo iconico in quello reale. Nel presente e sul futuro di un cinema che si “riposiziona” sulle nuove piattaforme e sui nuovi dispositivi portatili, e si confronta con tecnologie che implementano la manipolabilità, l’immersività e l’interattività dei fruitori, sfidando quell’immobilità e inibizione dell’azione che erano proprie della tradizionale esperienza filmica nella sala cinematografica.

Lo Schermo dell'ArteAssaf Gruber, Transient Witness (Germania, 2021, 47’) Still dal film


AT - La virtualità, l'attualizzarsi della visione da una medianità, in relazioni in cui cose e incontri avvengono fuggevoli e per magia - sembra questo l'accadere nel film di Eric Baudelaire, A Flower in the Mouth o in Transient Witness di Assaf Gruber. Forse che la migrazione dei linguaggi e dei formati proposti da uno sguardo autoriale attiva ancora una sensibilià fuori dal tempo sempre più necessaria da realizzare...

SL - Ogni spettatore riflette la sua esperienza in quello che vede. E' il processo di Transfert che ogni spettatore attiva al cinema e nelle molteplici forme della rappresentazione. Nella pratica psioanalitica si tratta di far emergere il rimosso e questo, ovvero rendere consapevole l’inconscio, lo avrebbe guarito. Per quel che riguarda Éric Baudelaire ed il suo film in due parti, tratto da una piece di Luigi PIrandello, L'uomo del fiore in bocca, parla della fine dell'esistenza, sul tempo che sta per scadere e su come vivere i giorni che restano.

Girato come documentario di osservazione nel più grande mercato di fiori del mondo, il primo atto segue milioni di mazzi di fiori che transitano attraverso un hangar refrigerato per essere venduti all'asta. Il film passa alla finzione in un secondo atto liberamente tratto dall'opera di Pirandello. Un uomo con un tumore a forma di fiore sul labbro si avvicina a un viaggiatore in un caffè aperto tutta la notte. La loro conversazione apparentemente banale diventa un monologo metafisico mentre l'uomo, sentendo la morte su di sé, si aggrappa alla vita osservando scrupolosamente la sua attività, tracciando la realtà in ogni dettaglio, come per colmare il divario tra sé e il resto del mondo. Di fatto si tratta di libertà autoriale ed espressiva da parte dell'artista nel trattare un testo di teatro.

Assaf Gruber ha tenuto una lecture il lunedi successivo alla chiusura del festival alla Fototeca del Kunsthistorisches Institut di Firenze dove ha raccontato dei materiali che gli sono serviti da ispirazione al film. Ha raccontato di lunghe conversazioni con artisti e storici dell'arte per narrare una storia immaginaria in cui le azioni di raccolta e furto funzionano come sinonimi e i concetti di eredità e perdita diventano intercambiabili.

Assad Gruber ed Éric Baudelaire sono persone molto colte. Certo se parli di Serrano è difficile trovare dei punti di contatto. Ma se penso ai film di Shirin Neshiat che abbiamo proiettato negli anni scorsi, Women without men, 2010, Looking for Oum Kulthum, 2017, Land Of Dreams, 2021, è evidente uno sguardo lirico, pieno di pathos, la cifra che più colpisce nei suoi lavori.

Nei suoi film è fortissimo il tema dell'identità femminile nel mondo islamico. Iraniana che vive a NY Shirin Neshat ha mantenuto una dimensione culturale orientale profondamente propria, offrendo uno sguardo meno razionale sulle cose.

Gli artisti parlano non solo delle esperienze più intime ma della capacità di rappresentare il mondo esterno e la coscienza fenomenica in genere, che sono legate al tempo in cui, loro e noi viviamo.

E' per questo che ci piace l'arte contemporanea perché fornisce le chiavi di lettura delle visioni sul proprio tempo. Filtrate dal processo creativo possono raggiungere livelli di poesia straordinarie, oppure delle provocazioni come le fotografie di Serrano o Insurrection, un film che prova la resistenza dello spettatore.

Lo Schermo dell'ArteWilliam Kentridge, Self-Portrait as A Coffee Pot (Sudafrica, USA, 2022, 3 episodi, 110’) Still dal film Courtesy dell’artista


AT - Un pubblico parteciapativo molto giovane proveniente dalle Accademie, grazie alla sponsorizzazione di Gucci, ha riempito letteralmente la sala del cinema. Quali le responsabilità per le nuove generazione, nel proporre temi e linguaggi e del fare esperienza con i nostri occhi, il nostro corpo?

SL - La tendenza che le sale del cinema siano ormai disertate dal pubblico è evidente e già in atto da alcuni anni. La pandemia ha dato un colpo definitivo al settore più che nelle altre discipline dello spettacolo. Il cinema si può vedere facilmente su altri dispositivi, mentre per la performance dal vivo, la musica, la danza, si va ancora volentieri a teatro. Ciò significa il rischio che sparisca una di quelle produzioni culturali che hanno caraterizzato la nostra esistenza. Certo è drammatico dirlo ma senza le nuove generazioni come si fa...

Questo aspetto di coinvolgimento dei giovani per noi è fondamentale e il progetto VISIO rivolto ad artisti under 35 nasce da questa riflessione. VISIO è un programma di scouting che propone uno sguardo sulla produzione di film e video di una nuova generazione di artisti in Europa. E' una sezione parallela che intende restituire la molteplicità di codici e tematiche di questi giovani artisti che si muovono tra realtà e finzione affrontando questioni socio-politiche, lavorando sulla natura delle immagini digitali o arrivando a rimettere in discussione la struttura stessa del linguaggio cinematografico.

Allo stesso tempo questa rappresenta un’occasione per riflettere sulle modalità di fruizione delle diverse tipologie di opere video nello spazio espositivo, ed il pubblico di riferimento per noi è costituito da giovani e giovanissimi che dobbiamo assolutamente coltivare. Abbiamo contattato i docenti dei corsi delle accademie, che possono essere interessati alla nostra proposta culturale, corsi di arte contemporanea, di fotografia, di cinema di visual studies, sia dell'università, dall'accademia a Firenze, sia a tutti quei corsi privati delle università americane o le scuole private come Marangoni, Naba. Tutte queste scuole sono state coinvolte nei mesi precedenti da contatti con i docenti e direttori di dipartimento.

Questo è un lavoro che facciamo tutti gli anni, ma in effetti con la gratuità si è rivelato vincente. Grazie ad un contributo - e bisogna ricordarlo, questa opportunità della gratuità è grazie a Gucci. E' stata una grande cosa anche per noi.

Lo Schermo dell'ArteMaurizio Sazio, Ogni mattina si nasce di nuovo. Vedute poetiche tratte dall'Anonimo del XX secolo di Leonardo Ricci (Italia, 2021, 37’) Still dal film

 

Silvia Lucchesi
Lo schermo dell’arte Festival di Cinema e Arte Contemporanea 15ª Edizione Firenze
Site Lo schermo dell'arte Firenze
@ 2023 Artext

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