Špela Volčič
Et fiat lux
A cura di Špela Zidar
SACI Gallery Firenze
La ricerca di Volčič si concentra sulla tensione tra realtà e finzione, visibile e invisibile, vero e falso. Formatasi come fotografa, la sua ricerca si sviluppa fino a includere diversi media, che vanno dal video all'oggetto, disegni, sculture e installazioni. Volčič spesso indaga la pratica scultorea nella sua forma installativa, trasformando i materiali attraverso gli atti di piegatura (fiori) e cottura (pane). In questi processi, la fotografia diventa uno strumento e il lavoro finale.
La serie in tre parti
Et fiat lux, che l’artista presenta alla SACI Gallery, è una riflessione meticolosa, concettuale sul medium di fotografia e la sua relazione con fare arte. L’artista moderno, spiazzato e disorientato dai relativismi del nostro tempo, cerca di creare un’estetica privata, basata sull’esperienza intima. Questo racconto personale contrasta con il medium di fotografia, il quale dovrebbe essere il riflesso esatto della realtà, così l’artista decide di mettere sotto osservazione proprio la sua in/capacità di rappresentare il reale.
Le immagini del progetto Et Fiat Lux presentano simulacri, perfette imitazioni di fiori veri. Il progetto prevede la produzione di
ikebane dai fiori finti. Le composizioni meticolose riecheggiano anche l'estetica delle nature morte barocche olandesi del seicento, producendo un'immagine inizialmente familiare per lo spettatore, che in realtà deriva da una configurazione trans-storica e transculturale costruita con cura. Un soggetto così classico come la natura morta con i fiori, che sembra interpretato nella maniera tradizionale, si scontra con il contesto sia fisico (la galleria d’arte contemporanea) che temporale.
La prima parte del progetto (
Et Fiat Lux) è composta da 9 fotografie ispirate a nature morte barocche. La seconda parte del progetto (
Untitled, Tesla) è un'installazione e rappresenta il processo di creazione di bouquet nello studio dell'artista, lo svelamento del processo artistico. La terza parte (
After Et Fiat Lux) è una serie fotografica che include le foto fatte con il film al tungsteno, qui le ikebane sono composte solo da cespugli vegetali (senza fiori) e sono animate dai bagliori di luce di colori diversi, creando così l'illusione dei fiori.
L’artista quindi crea delle fotografie dei fiori colorati che brillano sullo sfondo nero e che incuriosiscono su più livelli. Tutto questo rende l’opera enigmatica e lo spettatore si sente in dovere di risolvere quest’enigma. La perfezione dell’esecuzione delle opere, le fa sembrare troppo reali per essere vere, mentre la carica simbolica e storico-artistica del soggetto presentato sembra contrastare questa perfezione al limite del kitsch. Il soggetto e il risultato del lavoro si basano sull’ambiguità: i bouquet a prima vista sembrano composti da veri fiori freschi, e solo avvicinandosi è possibile notare che sono falsi. La luce diventa la fonte d'azione nell'opera di Volčič: in grado di svelare l’inganno di un archetipo di bellezza costruito con dei materiali plastici, o di far apparire l’immagine dove in realtà non esiste.
Špela Volčič, personal studio with darkroom. Miren - Nova Gorica, Slovenia.
Intervista di Špela Zidar a Špela Volčič
Špela Zidar - Alla SACI gallery a Firenze esponi opere dalla serie
ET FIAT LUX, una ricerca sulla rappresentazione e riproduzione, su vero e falso, da quando ci lavori e come si è sviluppato il lavoro?
Špela Volčič - Il punto di partenza del progetto è un ciclo di fotografie intitolato
Fuscum subnigrum (2011), in cui utilizzo per la prima volta la natura morta floreale come soggetto del mio lavoro. L'idea iniziale era riprodurre i dipinti fiamminghi utilizzando fiori finti di plastica. La serie è dedicata ai pittori barocchi olandesi: Jan van Huysum, Jan Davidsz de Heem, Rachel Ruysch, Jan Frans van Dael e altri. Il progetto è costruito in serie, e ho ereditato come spunto teorico un pensiero espresso dal filosofo francese Gilles Deleuze nel testo La piega (1988), una perfetta analogia al fare pratico in una riflessione attorno alla nozione di piega. A partire dalla teoria delle monadi leibniziane, Deleuze sostiene che il gesto barocco fondamentale è piegare, ripiegare e dispiegare all'infinito la materia:
‹‹il Barocco non rimanda a un’essenza, ma piuttosto a una funzione, a un tratto. Non smette mai di fare pieghe. […] Il Barocco avvolge e riavvolge le pieghe, le spinge all’infinito, piega su piega, piega secondo piega›› Ogni fiore viene piegato e ripiegato, fino al punto della sua perfezione. Il gesto, fortemente scultoreo che viene dalla piegatura del ferro, ricoperto di plastica e fogliame, quasi al limite prima di distruggersi, mi accompagna fin dall'inizio della mia pratica, mentre la fotografia arriva solo alla fine, come “documentazione” di un processo pratico.
Quello di cui Deleuze parla rispetto alla creatività all’interno della teoria leibniziana è di un infinito ciclico, continuo e non lineare, paradossalmente chiuso (ripetiamo lo stesso gesto) ma aperto (il gesto anche se lo stesso non sarà mai uguale). Ciò che si ripete è il diverso. Questo è l'aspetto che mi interessa nella costruzione dei miei progetti. Si tratta di partire dal passato per immaginare il futuro. Partire da qualcosa, per inaugurare qualcos'altro, cambiando funzione, come se ci dovesse essere una base fortemente storica alla quale aggrapparmi per poi arrivare ad un’immagine nella quale in questo caso il referente scompare, per farsi strada ad una pura immagine “spettrale”.
Si tratta di un continuo ritorno ai diversi progetti che faccio, come la pratica del fare il pane, che periodicamente riprendo e cambia funzione o linguaggio. Questo metodo fa rivivere un continuo ciclico che non si esaurisce ma riprende forma nuovamente, con distanza.
Nel 2016 grazie alla collaborazione del Museo delle Essenze – Muses a Savignano - mi sono state commissionate delle fotografie in cui ho utilizzato fiori che ricordano quelli utilizzati per estrarre i profumi e le assenze. In questa occasione il progetto ha preso una nuova piega, rispetto alla serie precedente
Fuscum subnigrum, che in termini formali era una variante della classica natura morta barocca. I fiori della serie
Et fiat lux sono mostrati in primo piano, in forma ravvicinata allo spettatore, per invitarlo ad un'attenta osservazione della materia, che può ingannare, e inganna, richiamando lo spettatore ad una lettura ravvicinata. Da qui, il progetto si ripiega di nuovo in altre sezioni e ingloba diversi media, trattando e dialogando sempre con il linguaggio fotografico. Si è aggiunta la foto installazione con il generatore Tesla nel (2017-2018), è una parte del progetto più ludica che ho realizzato utilizzando stampa lenticolare e animando i fiori di plastica. La terza parte del progetto ritorna ad una rappresentazione più scultorea del bouquet; in questa serie il gioco di luci agisce direttamente sulla pellicola, simulando i fiori veri. Con delle macchie di luce tento di articolare il tema di una “presenza dell'assenza” e di renderla percepibile allo sguardo dell'osservatore.
Špela Volčič, MùSES, Palazzo Taffini d’Acceglio, Savignano - Cuneo, (Italy). Installation view (permanent).
SZ - Nella serie Et Fiat Lux produci le ikebane con i fiori finti e dopo le fotografi. Il fiore finto riproduce la natura mentre la fotografia riproduce la realtà, tutto questo condensato in un lavoro rende le tue fotografie molto attrattive nel senso che lo spettatore in qualche modo percepisce che dietro ci sia qualcosa da scoprire e infatti avvicinandosi scopre che i fiori riprodotti non sono veri. Quanto è per te importante nascondere o rivelare questa cosa?
SV - Lo sguardo ravvicinato della composizione floreale fa sì che lo spettatore possa in modo chiaro sentirne la consistenza artificiale. Con ciò l'opera stimola alla riflessione nel senso più profondo di come l'immagine crea e va oltre i limiti della sua apparenza. In questo caso le fotografie non vogliono nascondere niente, ma piuttosto svelare la vera natura del soggetto.
Il formato di stampa che ho scelto per le immagini della serie
Et fiat lux (30x42cm), in cui il fiore riprodotto in fotografia è in scala originale, mette in dubbio la sua natura, e dunque l'intento è quello di svelare e non nascondere. Dietro a ogni immagine non c'è alcun trucco o falsificazione, se non quella della materia del fiore finto di plastica.
Špela Volčič, Untitled (TESLA) From the series Et fiat lux, Installation view, SACI Gallery Firenze 2019
SZ - Per questo hai deciso di creare anche l’installazione Untitled (Tesla) dove lo spettatore può vedere direttamente cosa succede nello studio. C’e sicuramente una conferma, l’artificialità dei fiori, ma anche numerose scoperte. La pittoricità ispirata alle nature morte seicentesche con i loro chiaro scuri si rivela scultorea, le tue fotografie prima di tutto sono le sculture?
SV - L'installazione
Untitled (Tesla), essa stessa una composizione, rappresenta il set fotografico nello studio, dove l'immagine nell'installazione svela il processo della creazione, fornisce al pubblico uno spazio per l’analisi intellettuale, degli eventi sul palcoscenico. Proprio questa rappresentazione costruita esiste in opposizione alle forme di rappresentazione lisce e consumabili associate allo spettacolo, al loro eccesso. Il set per me è un mondo, dove mi abbandono, costruisco e gioco. Ogni fotografia dunque è prima di tutto una scultura, che viene costruita, catturata e poi distrutta. C’è qualcosa di fortemente fisico in tutto ciò, che per me assume una valenza molto importante. Non mi basta fotografare, documentare, scattare un’immagine: è un processo che trovo riduttivo. Definisco piuttosto la mia pratica un creare delle immagini e momenti di messa in scena, che poi vengono illuminati e documentati. In questo caso la fotografia riprende ciò che in quel momento esiste e che dopo lo scatto non esisterà mai più, lasciando solamente l’immagine. Nella mia pratica cerco incessantemente un equilibrio in come vedo le cose. Da un lato ho una forte necessità di classificare dettagli e oggetti, di mostrarli in una serialità, (come è successo anche in altri progetti, ad esempio quelli con il pane: dove le sculture di pane sono il risultato della sperimentazione e delle reazioni chimiche tra diversi ingredienti poi esposti in serie e numerati). Da un altro lato invece cerco di essere più intuitiva possibile, il che rende il mio lavoro fortemente sperimentale e creativo. E' da qui che nascono nuove “invenzioni” pratiche, che mi incuriosiscono e mi permettono di uscire dalla classica serialità. La sperimentazione, sia chimica che fisica, in fotografia, mi porta a riflettere anche sul linguaggio stesso dell'immagine.
L'installazione
Untitled TESLA, oltre che svelare il processo creativo in studio, trova il suo fondamento concettuale nella riflessione sulla fotografia come scultura e allo stesso tempo collega le due serie del progetto
Et fiat lux e
After et fiat lux.
L’immagine che mostra lo studio è montata su cavalletti, ed è stampata su una stampa perforata di plastica che si estende nello spazio espositivo. Il generatore trasforma l'energia tramite un campo magnetico che in questo caso viene trasmessa tramite i cavi alle lampade neon e questo mi permette di ottenere la costante lampeggiatura (intermittenza di luce) solo fino alla metà della lampada. La visione trasfigurata dell'immagine perforata, mantiene l'ambiguità fra lo svelare e il nascondere, fra luce e ombra, come anche i due neon collegati alla bobina del generatore Tesla. Allo stesso tempo l'installazione conduce alla terza parte del progetto
After et fiat lux, dove immagini e bagliori di luce non sono più fisicamente presenti, ma sono simulacri, vere e proprie apparizioni, senza referente alcuno ma semplicemente luce.
Špela Volčič, After Et fiat lux, 2017-18 / 100x80 cm, Archival inkjet print on 310gr baryta paper, framed
3+2AP Direct impression on diapositive film 10x12 cm
SZ - Un’altra scelta è il banco ottico, ci puoi spiegare questa scelta?
SV - L'obiettivo del mio lavoro è mettere in discussione lo stato della fotografia come oggetto materiale in un'epoca di sorprendente produzione e consumo di immagini. Nel contesto contemporaneo, il mio lavoro mira a essere una costante reazione al linguaggio, alla sua riproduzione e digitalizzazione. La natura del progetto oscilla fra il concetto della riproduzione tecnica (che è la natura della fotografia) e quello dell'unicità ed irripetibilità dell'opera d'arte, nel suo esistere.
Utilizzo la fotografia analogica per la percezione della sua fisicità e materialità oggi. Il banco (pellicola di grande formato) mi permette di avvicinarmi alla realtà della materia stessa del soggetto floreale, alla ricerca della perfezione e per la sua contemplazione. Inoltre, la fotografia analogica mi ha permesso di creare i bagliori di luce nell'ultima parte del progetto
After et fiat lux e dunque per avere maggiore controllo sulla materia fotografica.
Il mio percorso di studio della fotografia è iniziato all’età di 14 anni, un momento in cui la pratica fotografica era ancora del tutto analogica, materiale e pragmatica. Mi sono formata in diverse scuole, sia al liceo artistico a Ljubljana – reparto di fotografia (SSOF) che alla C.F.P. Riccardo Bauer a Milano per poi arrivare in Scozia svolgendo un percorso sull'immagine e il linguaggio digitale. Lo studio di arti visive all Università IUAV a Venezia invece mi ha portato a inglobare diversi media visivi, affianco alla fotografia, oltre a darmi una preparazione teorico – filosofica.
Tutti i percorsi mi hanno influenzato, anche se in modo diverso, ma la passione per l’analogico è rimasta fin dall'inizio per il motivo fortemente fisico e chimico che è legato alla mia pratica e per ragioni processuali e sperimentali del medium stesso. Nonostante ciò non prediligo un mezzo all'altro, uso sia digitale che analogico, dipende dal messaggio in quanto legato all'idea
Špela Volčič, After Et fiat lux, 2017-18 / 100x80 cm, Archival inkjet print on 310gr baryta paper, framed 3+2AP Direct impression on diapositive film 10x12 cm
SZ - La serie di fotografie After Et Fiat Lux è forse quella più sperimentale dove il fiore viene sostituito dalle diverse tonalità di luce colorata, il fiore diventa luce, immateriale, finzione?
Come riesci ad ottenere questo effetto di luce? Come si producono le diverse tonalità?
SV - A partire dal titolo, è proprio la luce che diventa il soggetto di
After et fiat lux. I bouquet in questa serie sono fatti e costruiti soltanto con cespugli e con vari tipi di foglie, mentre i fiori sono sostituiti da macchie di luce, che donano alle immagini un effetto di figure astratte.(1)
La simulazione del fiore viene creata con bagliori di luce che ottengo tramite l’esposizione della pellicola fotografica nella fase di produzione: dopo lo scatto del bouquet la pellicola piana 10x12cm viene inserita in una busta impermeabile, che viene perforata in alcuni punti precisi che definisco prima e dove voglio far passare la luce durante l’esposizione, disegnando così, in singole parti dell'immagine, raggianti bagliori di luce. Le immagini vengono esposte sotto diversi tipi di luce in modo da richiamare diverse tonalità di fiori. Le immagini sono dunque uniche e irripetibili, visto che l'effetto della luce che si registra sulla pellicola rimane comunque irripetibile.
La pellicola utilizzata è una diapositiva, che mi permette di esporre alcune di queste fotografie senza stamparle e riprodurle, ma originali, nel formato stesso della pellicola 10x12cm retroilluminata in una light box.
La luce dunque crea la sola presenza di fiori, che invece non sono piu fisicamente presenti, sono dunque perfetti simulacri ovvero apparizioni analogiche sulla pellicola. Come le ha definite Roberta Valtorta: “
simulacri, vere e proprie apparizioni, sono pure immagini potremmo dire, senza referente alcuno. La realtà se n’è andata, e non sappiamo dove .”
SZ - Le tue opere hanno delle basi concettuali che le legano alla tradizione storico-artistica interpretata però in una chiave moderna. Quanto influisce la scelta del medium di fotografia?
SV - Il progetto è una riflessione insita nel linguaggio artistico, attorno al quale il medium fotografico sviluppa una base fondamentale e che intreccia diversi media, per agire su diversi piani del significato, tornando sempre al linguaggio fotografico. Il soggetto della fotografia, si trasferisce alla natura dello strumento fotografico in sé ma ritengo che: «L'artista non dovrebbe essere definito dal medium ma deve ridefinire il medium in funzione dei propri scopi.» (Duane Michals).
A questo proposito vorrei di seguito prendere in prestito il testo scritto della critica e teorica Roberta Valtorta: “
Il lavoro mette in chiara evidenza due questioni fondamentali che riguardano non solo l’essenza della fotografia, lo strumento da lei usato insieme all’installazione, ma più in generale anche la natura stessa dell’arte e del suo farsi. Esse sono la riproduzione e la finzione. Nell’arte come nella vita, ogni produzione è ri-produzione. Non vi è nulla che nasca dal nulla, e ogni cosa viene generata dal riprodursi di un’altra. [...] In questa complessa ricerca di Špela Volčič la fotografia viene utilizzata per riprodurre dei fiori finti, cioè a loro volta riprodotti: vi è dunque un primo passaggio da ciò che è naturale a ciò che è costruito dall’uomo su imitazione della natura, e un secondo passaggio da ciò che è costruito dall’uomo su imitazione della natura all’immagine fotografica che lo riproduce. Tutto questo provoca una mise en abyme, un importante concatenamento, una sovrapposizione tra cosa reale, cosa rifatta-riprodotta e immagine che a sua volta non solo riproduce ma è anche, al tempo stesso, riproducibile – e questo costituisce la forte struttura concettuale del lavoro dell’artista.” (2)
Špela Volčič, Et fiat lux, exhibition view at SiFEST Savignano immagini festival - Savigniano sul Rubbicone, Italy
SZ - Il tema dei fiori e un classico dell’arte che tutti riconoscono come tale. Qui si tratta però di uno spaesamento sia fisico che storico-temporale. Non è consueto trovare le nature morte classiche in una galleria d’arte contemporanea e non è nemmeno consueto trovare una natura morta fotografata fatta per giunta con materiali plastici, simbolo di una società consumista. Era un'intenzione precisa?
SV - Il tema legato all'arte classica e il suo collegamento storico-temporale, secondo il quale la fotografia documenta e rivisita opere già esistenti, è una formula che è nata con la fotografia stessa. E si lega al suo discorso della riproducibilità e appropriamento, cosi come la natura stessa del soggetto che l'uomo ha riprodotto sulla base della natura, rappresenta una natura del tutto contemporanea,
artificiale, una natura della riproducibilità e dunque anche della società nella quale viviamo. Il progetto presenta il mondo nei modi e nelle forme della finzione, che oggi più che mai è un problema e pone delle domande soprattutto nel linguaggio fotografico e nella vita. La caducità e mutevolezza della società accompagna di pari passo anche la fotografia stessa.
Il progetto non osa mettere in chiara discussione il problema di plastica, merce commerciale e della globalizzazione nella società di oggi. Di fronte a questi cambiamenti cerco di pensare in modo critico e creativo la nuova formazione del soggetto, quindi di ricercare e progettare schemi di pensiero nuovi e alternativi. Vorrei pensare in termini egalitari, non vedo frontiere nell’immaginare una differenza fra il naturale e artificiale, siamo arrivati ad un punto in cui artificiale (e allo stesso tempo il virtuale), fanno parte di noi e delle nostre vite in modo del tutto globale e insediato, e credo sia inutile chiudere gli occhi difronte a qualcosa che noi stessi abbiamo costruito, ma dovremmo appunto cercare di migliorare il rapporto che abbiamo con essi. (“
Rose is a rose is a rose is a rose!”)
Špela Volčič, Et fiat lux, exhibition view at SiFEST Savignano immagini festival - Savigniano sul Rubbicone, Italy
SZ - Per la realizzazione di questo progetto ci vuole una grande preparazione tecnica. Quanto è importante per te il dettaglio e la materialità della fotografia?
SV - Credo che il dettaglio e la materialità siano di base il concetto e il progetto attorno al quale si sviluppa l’intero discorso del lavoro. Utilizzo i fiori finiti per parlare del linguaggio fotografico, per la loro natura riproducibile, per la copia della copia, della copia, che la fotografia stessa è, e che allo stesso tempo in questo caso si riappropria della pittura barocca olandese.
SZ - Il progetto Et Fiat Lux si ferma qui, o hai pensato di continuare la ricerca? In che modo credi di svilupparlo?
SV - Sono all'inizio di una nuova fase. Ho bisogno di distanziarmi per riprendere. Lavoro su diversi piani. Alcuni, intuitivi e altre catalogatrici. Mi piace intrecciare e dunque agire su diversi campi, legando tecniche e aspetti fotosensibili dalla fotografia, agli aspetti della finzione e dell'ambiguità, cosi come ho un forte interesse al soggetto vero e proprio che mi conduce verso ricerche nuove ancora da costruire. Allo stesso tempo sto lavorando su un aspetto più documentativo, per poi ritornare di nuovo alla creazione e nello stesso tempo sperimentazione della materialità e dei suoi aspetti fotografici.
Špela Volčič, The fold from the series Et fiat lux, 2018-19
1 - Et fiat lux, Špela Volčič, testo critico: Nataša Kovšca; Pazzini Editore, Rimini, Italia (2018)
2 - Et fiat lux, Špela Volčič, testo critico: Roberta Valtorta; Pazzini Editore, Rimini, Italia (2018)