Unbuild Together: Archaism vs. Modernity
Unbuild Together: Archaism vs. Modernity
Curatori:Studio KO
Il progetto
La nostra risposta al tema della 18. Mostra Internazionale di Architettura - La Biennale di Venezia, The Laboratory of
the Future, può essere letta come un incontro tra orizzonti diversi, che ci permette di rivolgere uno sguardo
trasversale al patrimonio architettonico uzbeko e di esplorare il suo passato per trovare gli strumenti necessari per
elaborare il mondo di domani. Unbuild together the modernity, rimettendo in discussione il concetto di arcaismo.
La partecipazione è innanzitutto collaborativa, e pone l’essere umano al centro del nostro approccio. Attraverso il
confronto con gli studenti di architettura dell’Università Ajou di Tashkent, gli artigiani e gli artisti associati, nascerà
una proposta collettiva che lascerà spazio all’inatteso.
Gli artisti associati rivestono tutti un ruolo poetico che accompagna il nostro approccio. Un filmato al centro
dell’installazione architettonica di El Mehdi Azzam che ne diffonde il significato e l’emozione. Un modello in scala
ridotta realizzato da Miza Mucciarelli, come comprensione mentale dell’esperienza vissuta. Un lavoro fotografico a
cura di Emine Gözde Sevim, occhio sensibile di un'esperienza condivisa.
Occorre dotarsi di strumenti teorici e pratici per raggiungere questo obiettivo. Dalle rovine delle antiche Qalas alle
diverse possibilità che la terra offre per costruire, in particolare il mattone. Dalla figura mitica del labirinto alla
realtà edificata. Tanti elementi da reinterpretare al fine di creare una proposta architettonica sensibile e poetica,
che rifletta una pratica realmente contemporanea e contestuale.
View of the Uzbekistan National Pavilion at the Biennale Architettura 2023,
photo by © Gerda Studio Courtesy of ACDF
Dichiarazione del curatore
Studio KO, Karl Fournier e Olivier Marty
Architetti, fondatori di Studio KO
Questa installazione è un invito a sederci
al tavolo della storia. A fare un passo di lato,
concederci il tempo di una pausa nel cammino
accelerato del mondo.
Per illustrare il tema di questa 18. Mostra
Internazionale di Architettura,
The Laboratory
of the Future, abbiamo fatto il voto di accogliere
l’umano al centro della pratica architettonica.
Abbiamo quindi proposto a venticinque
studenti di architettura dell’Università di Ajou
di Tashkent di partecipare a un laboratorio
collaborativo, un viaggio nella propria storia,
dalle qala del Karakapalstan alle cupole smaltate
di Bukhara passando per il modernismo
dell’epoca sovietica.
È quindi una storia di incontro e di trasmissione,
nella quale noi siamo soltanto i traghettatori,
per risvegliare la coscienza di studenti che
hanno già profondamente in loro la conoscenza
di ciò che sono, da dove parlano.
Per il modo in cui è gestito e costruito,
il progetto potrebbe inscriversi in un
universalismo precedente all’Illuminismo,
quello dei grandi viaggi commerciali tra
Venezia e l’Asia Centrale, su quel lungo
cammino tra Occidente e Oriente.
Questo periplo nello spazio e nel tempo è
stato l’occasione per affrontare numerosi temi
che ci stanno a cuore e che consideriamo
sufficientemente universali per condividerli con
tutti. È stato quindi questione sia di contesto sia
di materialità.
View of the Uzbekistan National Pavilion at the Biennale Architettura 2023, photo by © Gerda Studio Courtesy of ACDF
In questo viaggio ci hanno accompagnato
gli architetti Jean-Baptiste Carisé e Sophia
Bengebara del nostro studio, insieme ad artisti
che con la loro pratica interrogano il mondo:
il regista El Mehdi Azzam, la scultrice Miza
Mucciarelli e la fotografa Emine Gözde Sevim.
Tutti insieme, venuti da orizzonti diversi,
abbiamo vissuto questa immersione, condiviso
scoperte, domande e discussioni, affrontato
scampoli di storia, fino a chiedere a ognuno di
cominciare a progettare architettura.
Così, passeggiando tra le rovine, ascoltando la
colta presentazione della spedizione Tolstov fatta
dalla storica e archeologa Irina Arzhantseva,
numerosi studenti, chiamati a progettare una
scenografia per il loro padiglione nazionale alla
Biennale Architettura di Venezia, hanno dato
vita alla forma del labirinto, confermando così
la nostra prima intuizione.
È una struttura ricondotta alla sua espressione
più astratta, con una potente forza evocativa e una
capacità allegorica di descrivere la nostra epoca
contemporanea.
Si tratta poi di pensare a costruire, e a ognuno è stato
proposto un gioco di mattoni da costruzione e di
composizione modulare; il risultato è stato copioso:
bugnati, scale, uso di ombre e di pattern. È stato il
tempo della materia, quella dei mattoni uzbechi e
delle sapienti miscele per smaltarne i contorni, sotto
lo sguardo paziente del mastro ceramista di Bukhara,
Abdulvahid Bukhoriy.
Nel frattempo a Tashkent, in un freddo polare e senza
far rumore, è stato costruito il prototipo in scala 1:1 del
progetto, una struttura labirintica fatta di tavole di legno
per casseforme, palizzata che si dipana nello spazio.
Inquietante analogia, abbiamo scelto di ospitarla nella
Centrale elettrica diesel di epoca imperiale, futuro Centre
for Contemporary Art, per via della sua impressionante
somiglianza, a vari secoli e migliaia di chilometri di
distanza, con il padiglione dell’Arsenale a Venezia.
View of the Uzbekistan National Pavilion at the Biennale Architettura 2023,
photo by © Gerda Studio Courtesy of ACDF
Questi avanti e indietro dall’osservazione al pensiero
e dal pensiero alla mano, questo andare per tentativi,
questa sperimentazione delle cose, sono stati preziosi
e fondamentali, perché sono per noi l’inizio della
creazione di un progetto, permettono all’imprevisto di
manifestarsi. Sono gli strumenti dell’architetto.
Ma alla fine, dopo il vaglio critico dell’occhio e della
coscienza, che cosa ne rimane?
Un’installazione architettonica che visita i limiti
temporali comunemente ammessi, stabilisce ponti
inattesi tra le epoche e tenta di decostruire, di disfare –
unbuild –, l’opposizione tra arcaismo e modernità.
Una forma che non ha niente dell’architettura.
Una struttura di cui non si sa se sia effimera o preesistente,
fatta di mattoni vestigia di cantieri veneziani, che a
volte si schiudono, lasciano un passaggio, un interstizio
dove si annida un frammento di ossido di rame venuto
dall’Asia Centrale.
È un percorso opaco che proietta al centro il film,
incarnazione e impressioni di nostri momenti di
condivisione e di creazione.
All’uscita, vengono messi in luce due momenti, come
un’eco dell’esperienza vissuta. Il primo, un modellino
ridotto che offre il punto di vista necessario per la
comprensione; una visione sul labirinto. In secondo
luogo, un tavolo luminoso che espone tracce, frammenti,
disegni e ricerche di studenti, tentativi falliti e anomalie;
noi li chiamiamo “reliquie”.
E se la magia funziona, a volte resterà solo un ricordo,
l’impressione di opacità, inquietudine fugace di sentirsi
persi; il conforto di una fortezza, la sorpresa di un lampo
di azzurro che brilla nel buio.
View of the Uzbekistan National Pavilion at the Biennale Architettura 2023,
photo by © Gerda Studio Courtesy of ACDF
Unbuild Together: Archaism vs. Modernity