Artext intervista a Enrico Vezzi
Un discorso “con” l’Arte
Artext - Quale il tuo discorso sull'Arte?
Lo spazio critico che si genera nelle tue opere?
Enrico Vezzi - Più che di un discorso sull’Arte, per quanto riguarda il mio operare, parlerei più di discorso “con” l’Arte. Sia i lavori maturati in studio, sia quelli generati in specifici contesti e comunità, hanno la comune matrice di dispositivi attivi, al servizio della mia vita e di quella degli altri. L’Arte per me è un display congeniale, più che un alibi operativo.
Enrico Vezzi Let’s Take a Position, installazione ambientale permanente, Centro Interculturale M. ZonaRelli Bologna, 2011.
Lo spazio critico invece è più il presupposto delle mie riflessioni e delle mie
domande che non trovano soddisfazione nell’esistente. Che il mondo in cui viviamo
sia il luogo dell’ingiustizia sociale, dell’ineguaglianze e della mistificazione della
verità, non devo certo esser io ad affermarlo. Io ne ho preso atto già da tempo e
cerco nel mio piccolo solo di scardinare alcune evidenti distorsioni di coscienza e
consapevolezza. I modelli dell’Arte sono semplificazioni ad uso degli spettatori e di
altri operatori, non degli artisti.
Enrico Vezzi Everywhere but not in this world, performance, tartarughe di terra, sculture/tartarughiere, Villa Romana, Firenze, 2008.
AT - Alcuni oggetti creati dall’uomo sono stati dotati del potere di produrre una
emozione estetica in osservatori sensibili, un potere magico di cambiare il
mondo.
Quali i meccanismi auratici e creativi produci nelle tue pratiche per
relazionare testo, opera e immagine non come entità separate ma processi?
EV - Ogni oggetto è ideologia. Porta in sé il sistema di valori che lo ha generato.
Dobbiamo ringraziare Baudrillard per questi assunti e anche Barthes per averne
preceduto i presupposti. Oggi più che ieri, consumiamo oggetti sul piano
comunicativo e non su quello materiale. Il loro legame con la tradizione e le
relazioni concrete si è reciso, in favore di una loro diffusione come strumenti
illimitati e svuotati di senso. Questa ambivalenza semantica porta alcuni di loro ad
esistere in un limbo, da cui possono essere tolti per essere inseriti in un sistema di
valori altro. Un sistema vivificante e non nichilistico. Il mio lavorare sulla
processualità, più che sulla finitezza, mi permette di alimentare la complessità dei
significati e la loro valenza prismatica. Molte delle mie opere seguono questa
logica.
Enrico Vezzi Searching George Brown: a conciliatory mean, lecture/performance, lavagna luminosa, disegni su acetato, Istituto Pietro Tacca, Carrara / Studio 8, Pistoia, 2010.
AT - Ti interroghi dello sguardo dello spettatore dell'arte attuale?
Attraverso le relazioni, una Visione, una mediazione storico-critica oltre il
display ed i formati, come dalla tua recente opera “L'ordine immaginario",
2022 alla Tenuta dello Scompiglio, è forse possibile generare uno sguardo
che lo ri-guarda, capace di creare una visione anteriore?
Quale il tempo in cui accade l’Opera?
EV - Rilke sosteneva che il futuro entra in noi e si trasforma, ancor prima del suo
accadere. Confido in questa sua illuminazione. 'L’ordine immaginario' era nato
come oracolo personale, poi si è fatto opera condivisibile. Credo che certe
dinamiche, verificate nell’intimo, posso divenire efficaci naturalmente, senza dover
filtrare da ortodossie o preconcetti. Fare chiarezza nel proprio immaginario può
essere utile a chiarificare il proprio destino. Per uscire dagli stati di ipnosi, spesso
basta uno schiocco di dita.
Enrico Vezzi L’ordine immaginario, installazione ambientale, materiali vari, Tenuta dello Scompiglio, Lucca, 2022. Ph. Leonardo Morfini.
AT - La possibilità di produrre e comprendere il linguaggio, naturali ed artificiali
è il centro e l’abisso della contemporaneità…
Gli Spensierati, la mostra del 2022 alla Portineria a Firenze – in questo senso
è esemplare nel tentativo di porre la questione di un pensiero inscritto nella
mutevolezza dei fenomeni.
Nel dialogo intervista rilasciata a Matteo affermi – è “come se, dopo aver
scavato e scavato, fossi arrivato a sfiorare con mano uno strato archetipico,
a cui (.. ) già altri prima di me, anche se in modi differenti, erano arrivati”.
Puoi accennare alle tue letture dell’Arte, l’inconscio della visione, la latenza
dell’arte osservata in parte come memoria collettiva?...come se fosse ancora
necessario ricucire strappi ed esplorare fratture?
EV - Sarà sempre necessario ricucire strappi ed esplorare fratture. Soprattutto quando
gli strappi e le fratture sono di natura esistenziale. I filosofi, i poeti e gli artisti l’hanno capito da sempre.
Enrico Vezzi Il Principio di Realtà, installazione ambientale, lampade alogene, cemento, bianco murario, smalto grigio, Reload/Ex-officine Fiat, Roma, 2011.
Disobbedire al senso comune è d’obbligo, per chi non si
fa fuorviare dagli usi e costumi della sua epoca. C’è una Storia dell’Umanità che
non coincide con le reali storie umane e ci sono storie umane avulse dal senso della Storia.
Enrico Vezzi Utopia Temporary Library, installazione, selezione testi utopici e distopici, basamento, Museo Mac,n,Monsummano, Pistoia / Museo MIC, Faenza, 2012
Ci siamo trovati ad un bivio, in un momento del percorso della nostra
specie....dobbiamo capire se abbiamo preso la strada giusta o meno. Gli
spensierati, parlava di questo, del centrare l’esistenza rispetto all’esistente.
Per quanto riguarda le mie letture, difficile farne emergere alcune piuttosto che
altre. Non solo arte. Sono sempre stato abbastanza onnivoro.
Enrico Vezzi Le Rêve de Andrea G. (harmonizer les livres oscillations de la Terre), audio 15’, vinile, giradischi, cuffie, Gallerie SeeStudio, Parigi, 2015 / Teatrino Palazzo Grassi, Venezia, 2017.
Psicologia, in cui mi sono laureato e poi sociologia, filosofia, antropologia, botanica,
musica, politica...soprattutto saggistica, piuttosto che romanzi. E poi, da tempo,
come sai, i libri son diventati elementi facenti parte di alcune mie opere. Libri scelti
per il loro valore rispetto alla mia memoria personale ma soprattutto per i loro
significati plurimi nella memoria collettiva.
Enrico Vezzi Flowing Community, installazione ambientale, sedie di Officina Giovani ad uso collettivo, Estuario Project Space, Ex-Macelli, Prato, 2019. Ph. Elena Mannocci
AT - “Centrali, nella tua produzione di lavori site e time specific, sono il rapporto
tra natura, storia collettiva e memoria personale e il collezionismo di oggetti
trovati che permettono di creare opere senza aggiungere nel mondo qualcosa
che non ci sia già” Pratiche e cure del senso che nella storia della Critica
d’Arte potrebbero ricondurre ai Cultural Studies e ai Visual Studies – che
hanno fondamento nella Iconologia.
Quanto è fondante l’esito che più volte emerge, creativo, artistico, al confine
tra piacere estetico e invenzione?
In realtà il tuo lavoro è il risultato di una
indagine che tralascia i grandi modelli come la dottrina della mimesi, il
racconto fenomenologico dell'immagine-coscienza, le teorie analitiche della
rappresentazione, i metodi semiotici …
EV - Nessun esito è scontato ed ogni esito racchiude un sé un potenziale. Cerco in
realtà di non tralasciare alcun modello e nello stesso tempo lavoro seguendo un
mio modello autonomo. L’ascolto ed il perseguire la propria individualità, come
paradigma operativo, credo sia l’unica strada da percorrere per chi fa ricerca.
La mia ecologia personale preferisce tentare di indagare la possibilità di nuovi
significati piuttosto che saturare le fila dei significanti.
Enrico Vezzi Il Sovrumano, video 5’13”, La Portineria, Firenze, 2022. Ph. Leonardo Morfini
Enrico Vezzi (1979, San Miniato).
Si è Laureato in Psicologia all’Università degli Studi di Firenze nel 2005.
Fin dal suo esordio concepisce l’arte come un mezzo per stimolare nuove riflessioni sul rapporto tra natura,
storia collettiva e memoria personale. Le sue opere sono sempre la traccia di un tentativo di relazione tra la
memoria storica e i luoghi a questa connessi.
Ogni suo progetto è una testimonianza del processo stesso
con cui l’opera si manifesta, con cui tenta di stimolare e formare un dialogo teso al cambiamento.
Il suo lavoro è stato protagonista di progetti collettivi e personali in spazi istituzionali in Italia e all’estero, tra cui
ricordiamo: Ex-Tech Center, Düsseldorf (2023); Tenuta dello Scompiglio, Lucca (2022); La Portineria, Firenze
(2022); Hangar, Barcellona (2021); Artists for Staccioli (2020); Estuario project space, Prato (2019); Srisa
Gallery, Firenze (2018); Palazzo Grassi, Venezia (2017); Meštrovicev paviljon, Zagabria (2017); Centrale
Fies, Trento (2016); Gallerie SeeStudio, Paris (2015); DC, Pordenone (2013); Parco della Musica, Roma
(2013); Fondazione March, Padova, (2012); Museo di Villa Croce, Genova (2012); CCCStrozzina, Firenze
(2009). In parallelo alla sua attività espositiva ha condotto laboratori, lezioni e conferenze in collaborazione
con: AAA di Bruxelles, Radar di Loughbourough, Fabrica de Pensule di Cluj-Napoca, International Academy
di Hengshui, Careof di Milano, Bevilacqua La Masa di Venezia, Fondazione Fotografia di Modena, Neon
Campobase di Bologna, Museo MIC di Faenza.
Dal 2008 è parte attiva del collettivo di Base/ Progetti per
l’arte di Firenze. Dal 2019 è tra i fondatori di Estuario project space di Prato. Dal 2021 è tra i curatori del
progetto Imboscata.