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NESSUNA PAURA
Arte dall’Italia dopo il 2000
a cura di Marco Bazzini


 

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[ Centro Luigi Pecci ]

“Nessuna paura non è una mostra che cerca di dare testimonianza dei drammatici avvenimenti che si svolgono sotto i nostri occhi, anzi è una mostra che può apparire assai lontana, almeno ad un primo sguardo, da un reale pieno di angoscia. Non ha niente di realistico anche se è saldamente radicata al reale, non c’è niente di terrificante, nessuna immagine spaventosa da film horror, nessuna storia di ordinaria follia, alcun riferimento diretto a crudeltà, violenza o morte. Le opere di questi artisti non rispecchiano il presente, ma sono il presente perché si aggiungono a tutti i fatti che succedono oggi”.

Il curatore Marco Bazzini introduce così Nessuna paura la nuova mostra prodotta dal Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci di Prato (28 ottobre 2007 – 7 gennaio 2008) che nasce da una scelta chiara e in controtendenza con quanto è stato presentato fino ad oggi in altri musei italiani. Si tratta, infatti, di una mostra di chiara impostazione curatoriale dove viene presentata una ristretta e ben definita scena attuale dell’arte italiana di ultima generazione: Emanuele Becheri, Luca Bertolo, Rossella Biscotti, Alice Cattaneo, Masbedo, Andrea Mastrovito, Domingo Milella, Paolo Piscitelli. Un gruppo di artisti apparsi sulla scena dopo l’inizio del nuovo millennio, non raccolti per una loro comune matrice formale ma per la loro volontà a confrontarsi con i miti e le tragedie del passato e del presente.

“Quello che questa mostra tenta, è di proteggere questi artisti e il loro lavoro, per non farli ‘sparire’ incastrandoli a forza in categorizzazioni troppo strette. Sono convinto che le opere vadano viste nella loro complessità, nelle loro diverse articolazioni e non disperse in censimenti o in banche dati che sanno più di anagrafica che di scelte precise. Mi interessano questi artisti perché credo che il loro lavoro sia necessario in questo presente ed è proprio questo momento storico ad aver condizionato le scelte”.

La mostra La paura è forse l’emozione che più di tutti caratterizza l’attuale società e forse l’atteggiamento quotidiano del singolo ed è solo osservando le paure della nostra società che ci è possibile meditare sul futuro.
“Più si conosce più la paura diminuisce. – aggiunge Bazzini - Maggiore è la conoscenza e minore è la paura. L’aggettivo nessuna, che insieme al sostantivo paura forma il titolo di questa mostra, non indica un atteggiamento di superamento del timore, ma deve essere piuttosto inteso come attenuazione di quel terrore che non ti fa stare ‘in te stesso’. La paura rimane, ma insieme a lei deve rimanere anche la possibilità di armonizzare le sue contrarie e improvvise forze, la capacità di creare un modello che non può essere inteso come semplice e contestuale risposta razionale, ma piuttosto come un comportamento che si rinnova continuamente di situazione in situazione”.

Due i binari in cui si sviluppa il percorso espositivo: un momento di riflessione attraverso le opere di questi artisti (esposte in collettiva e in sale monografiche) uniti in questa occasione, non da stili o tendenze comuni ma dall’“aver dimostrato in questi anni che non ci può essere un solo modo di tendere al mondo”. Attraverso diversi supporti i loro lavori propongono “modi per rivedere stereotipi, per sviluppare un potenziale di dissenso, per sottrarsi alle aspettative del sistema”.
L’altra chiave di lettura della mostra è nell’ultima sala, in cui vengono proposti, insieme al progetto grafico del catalogo realizzato dal grafico Matteo Nannucci, una serie di testi di documentazione sulla paura che il visitatore leggere in sala. Si tratta di libri (messi gentilmente a disposizione dalle case editrici) che vanno dalla sociologia alla filosofia e che rappresentano dei riferimenti sul tema della paura e più in generale di strumenti per comprendere la contemporaneità.

Gli artisti di nessuna paura: alcune note critiche
“Emanuele Becheri del buio della cecità accolto con quel proposito che sfiora il desiderio ne ha fatto la radice del suo lavoro. Il segno non lascia ferita sul foglio, e questa mancanza di incisione tipica del tratto del disegnare ci porta a escludere anche ogni dipendenza da risvolti automatici dell’irrazionale, che troppo hanno a che fare con l’eredità surrealista.

I lavori di Luca Bertolo nascono dal controverso, dal discutibile della pittura – è ancora possibile oggi tenere un pennello in mano? - dal suo essere nel mondo ma anche dal suo distacco, dal suo poterne farne a meno. Un atteggiamento di presenza e assenza, che segna ancora un luogo interstiziale in cui è possibile operare per arrivare alla possibilità di fruire qualcosa che prima non c’era.
Più perentoria, all’interno del farsi dei processi, appare Rossella Biscotti con i suoi progetti di indagine sociale e archivistica. I protagonisti delle sue installazioni, che si presentano in forma sottile e frammentata, sono gli antieroi di questa nostra società, coloro che chiedono soltanto dignità di lavoro, vita, o più semplicemente di una memoria.
Sottile e effimera si presenta l’opera di Alice Cattaneo. Più che il reale la Cattaneo sembra interessata a sfidare la gravità, ignorando teorie scientifiche precise proprio come si dice faccia il calabrone. La meraviglia che ci investe dalla visione dei suoi lavori è quella a cui dovremmo attingere dagli imprevisti e da tutto ciò che non è stato programmato.

La potenza delle immagini pittoriche proiettate dai film dei Masbedo, non deriva dall’orrore delle forze primordiali e mitiche che il duo rende protagoniste, ma dalla loro tendenza alla bellezza. Una bellezza che arriva dal conflitto, che è sempre liberazione e che nasce dalla dialettica tra la luce e la tenebra. È in questo continuo svelare corpi e situazioni attraverso lampi di luce, emersioni dal buio, che in negativo prendono forma le anomalie del nostro essere che i loro video raccontano. La volontà di Andrea Mastrovito di diventare parte di uno scenario più ampio lo costringe a impossessarsi di una trama, di una narrazione. La realtà trasposta nei suoi collage di carta o nei suoi video di animazione entra all’interno delle maglie della storia dell’arte, di un bestiario fantastico, di immagini consolidate nelle nostre menti e assume l’aspetto dell’imbroglio, macchinazione e della cospirazione. È il modo di intrecciare le nostre storie in maniera diversa.

La fotografia di paesaggio di Domingo Milella sembra arrendersi alla crepa del reale per assumerla come risorsa, come luogo che facilita l’ingresso dell’altro. La sua capacità di guardare ai confini e ai margini delle città e delle megalopoli del mondo è sopportata dal fascino e dall’amarezza della loro disgregazione.
Il lavoro di Paolo Piscitelli indaga le possibili dimensioni in cui avviene l’esperienza, e lo fa in ricerche che partono dall’ossessione per il controllo degli spazi, una situazione in cui ci siamo adattati proprio per sfuggire il pericolo. Un pericolo che può essere anche minimo, come quello delle ortiche che continuano a sopravvivere in luoghi interstiziali ma verso le quali non abbiamo che una certezza: la loro estirpazione. L’ortica, nella sua silhouette proiettata in uno spazio abitabile, diviene il simbolo del nostro avere paura e del nostro prenderne consapevolezza.

Testi:
- Una, nessuna, centomila - Marco Bazzini.
- Le generazioni artistiche nella crisi dei sistemi formali: prime approssimazioni - Mauro Panzera.

 

 
 
  Centro per l'arte contemporanea Luigi Pecci. Viale della Repubblica 277 Prato. Info: +39 0574 5317
" Nessuna Paura. Arte dall’Italia dopo il 2000 ". Dal 28 ottobre – 7 gennaio 2008.
Orario : 10-19, chiuso martedì - www.centropecci.it - mail - info@centropecci.it