[...] e non è semplicemente la mia biografia personale. Non credo si possa parlare di queste tecnologie (video) senza chiamare in causa i concetti di consapevolezza e conoscenza di sé, perché l'idea di fondo dei media è la creazione di un sistema artificiale che rifletta letteralmente - tecnologicamente - simbolicamente - la sfera della vita. Così facendo, incorpora vari aspetti del mondo che esulano dal visibile. Il regista sperimentale americano Hollis Frampton ha descritto il movimento dell'immagine in movimento come “la mimesi, l'incarnazione, la concretizzazione del movimento della stessa coscienza umana”.
Possiamo averne una dimostrazione osservando la storia della scienza e della tecnologia occidentali. Il Novecento ha visto il maturare di un sistema percettivo surrogato funzionante, introdotto per la prima volta dai ricercatori ottocenteschi, quando l'attenzione degli scienziati passò dal mondo fisico esteriore ai meccanismi della conoscenza. Nell’Ottocento, figure come Gustav Fechner, Hermann von Helmholtz - uno dei miei eroi personali - ed Ernest Mac svilupparono il campo della “psicofisica” ; l'idea secondo cui la mente avrebbe un ruolo cruciale nel plasmare la forma percepita dal mondo fisico. I successivi progressi tecnologici quali luci, microfoni, telecamere circuiti elettrici divennero strumenti essenziali per queste ricerche nel novecento, quando gli psicologi sperimentali e gli scienziati cognitivi cercavano un modo per oggettivare quindi studiare l'esperienza soggettiva.
Per andare alle radici di tutto questo probabilmente è necessario risalire alle origini della camera oscura.
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L'idea è quella di una stanza che funzioni come l'occhio umano. Tutta la luce esterna viene schermata alla sezione di un foro stenopeico praticato nella parete. La parete opposta della stanza oscurata diventa uno schermo di proiezione per un'ampia immagine del mondo esterno in movimento, a colori e ad alta risoluzione. L'immagine è invertita, naturalmente : capovolta, come sulla retina. E questa tecnica veniva sperimentata già nell'antica Cina. Te lo immagini? Erano stanze di immagini - i cinesi le chiamavano “stanze del tesoro sotto chiave” - in cui la gente poteva entrare per conoscere la meraviglia e il fascino dell’immagine artificiale.
Bill Viola a Palazzo Strozzi, installation view © Alessandro Moggi.
[...] mentre ero a Firenze girai diversi videotape e per la prima volta esposi una videoinstallazione in Europa, Il Vapore (1975) presentata in uno spazio sperimentale chiamato Zona. Ma ancora più importante fu l'esperienza di vedere tutte quelle grandiose opere rinascimentali - affreschi, dipinti, sculture, spazi architettonici, nel loro contesto, liberate dai libri di storia dell'arte. Sulle prime non recepii tutto questo, almeno non consciamente.
L'ironia è che la svolta avvenne mentre avevo accantonato l'aspetto visivo per concentrarmi sul suono. In Italia avevo sempre con me il mio registratore, e ho pochissime fotografie di quel periodo. Avviai una serie di registrazioni stereofoniche degli spazi echeggianti all'interno di chiese e cattedrali. Stavo cercando di registrare il senso e la presenza stessa dello spazio, e il suono è molto più adatto a questo scopo rispetto alla sfera visiva. Così usando cuffie e microfoni cominciai a “vedere” non solo le opere in sé ma anche lo spazio e il contesto in cui erano collocate. Non era un museo, non c'erano pareti bianche immacolate e gallerie silenziose, e le funzioni religiose avevano la precedenza sulle visioni dell'arte. Le opere erano collegate alla comunità e all'architettura e non sempre disposte nelle angolazioni visive migliori, quelle che si trovavano in genere nei libri d’arte. Cominciai a vedere l'immagine come un elemento al servizio di un sistema più vasto che comprendeva la mia esperienza corporea e fisica.
Bill Viola Tempest (Study for The Raft) 2005, 16' 50".Courtesy Bill Viola Studio
(In visita al Prado di Madrid, reduce da un lungo viaggio in aereo, Bill Viola è colpito fortemente dalle opere dei pittori: Bosh, Van der Weyden, Memling in dialogo con Velasquez, Zurbaran, Ribera, Goya)
Avevo abbassato la guardia per la spossatezza fisica, suppongo, e a quel punto non si trattava più di un'esperienza intellettuale. Semplicemente, mi abbandonai a quei dipinti come non avevo mai fatto, e questo schiuse un enorme porta davanti a me.
Credo che la rivelazione che ebbi quel pomeriggio al Prado riguardasse l'idea del contenuto. Mi resi davvero conto che la tradizione dei maestri del passato era totalmente incentrata sul contenuto; forma e tecnica erano al suo servizio. Il fulcro erano le storie umane, la profondità interiore delle persone, la coscienza, in definitiva. Personalmente considero questa tradizione un testamento alla coscienza vivente. L'interazione tra te e quei dipinti passa attraverso l'Essere. E’ un incontro ontologico, non epistemologico, e le forme che può assumere questa coscienza sono varie quanto i diversi stili pittorici. All'epoca non ero in grado di gestire questo aspetto, di coglierlo. Lo capii dopo, per gradi, e mi resi conto che era il medium perfetto per conciliare queste molteplici scoperte.
Bill Viola, The Voyage, pannello 4 dei 5 di Going Forth By Day, 2002, installazione video-audio.
Credo che la grande tradizione nascosta della pittura sia il tempo, un concetto che gli storici dell'arte si ostinano a non capire : il tempo e lo sviluppo della consapevolezza. Il movimento della coscienza è il vero soggetto di molti dipinti dei maestri del passato. Anche se sono imprigionati nel momento perpetuo dell'immagine fissa, dell'oggetto statico, si incentrano sul movimento. Sei appena stato da qualche parte e adesso stai compiendo il primo passo verso la prossima destinazione. In quell'istante di massima attenzione e transizione, quando il tempo deflette - Bang! - è lì che l'artista colloca la sua cornice. I maestri ne erano del tutto consapevole, che si trattasse degli ultimi raggi di sole che svanivano da un paesaggio o dallo sguardo fugace di una persona in un momento di illuminazione.
Vedere tutto questo, da videoartista, non fa che aumentare il mio rispetto per i maestri del passato - la loro pittura aveva un'aura Zen. Pensa se qualcuno venisse da te e ti dicesse : “ Devi rappresentare un solo fotogramma del flusso temporale, quale scegli?” Io ho 54.000 fotogrammi in trenta minuti di video; loro ne avevano uno solo. E quale modo migliore per comprendere il tempo? Se vuoi comprendere la vista, bendati. Se vuoi comprendere il tempo, smetti di muoverti. Hai a disposizione un unico sguardo. Gli occhi si apriranno una volta sola, e il mondo intero tutto ciò che quel momento può comunicare - dovrà essere racchiuso dentro quell'unico battito di ciglia.
Nella Visitazione, Maria - incinta di un padre invisibile, al termine di un viaggio lungo è stressante per fare visita alla cugina in campagna - appare sconvolta, spaventata, in cerca di conforto, mentre si avvicina in attesa del sollievo di un abbraccio. E qual è la parte di questa azione che viene sempre raffigurata? Maria che si avvicina da lontano? Che si getta tra le braccia della cugina? No, è il momento di maggior tensione : la frazione di secondo prima che si sfiorino. È una scelta corretta, e un esercizio davvero notevole.
Dopo aver lavorato con il video per anni ora percepisco il tempo come una sostanza palpabile. È il materiale più reale che conosco. Ho imparato a guardare ogni cosa come una manifestazione del tempo, non solo in termini di tecnologia. Quella offre solo gli strumenti, gli attuali ausili meccanici che consentono di vedere il mondo in modo nuovo. Il tempo è rimasto a lungo il fulcro della disciplina spirituale. Dogen Zenji il grande maestro buddista giapponese del Duecento che rivoluzionò la pratica dello Zen in Giappone - esortava i suoi seguaci dicendo : “Considerate voi stessi, e ogni cosa, come un momento del tempo”. E : Il dispiegarsi dell’io è la forma del mondo intero”.
Sta parlando di una essenza intangibile - dello scorrere del fiume, non dell'acqua in sé - che tuttavia esiste. Per questo riuscivo a guardare gli affreschi e vedervi un film, a guardare i dipinti dei passato e vedervi espressa la dinamica del tempo. Sono convinto che per le generazioni di giovani che stanno crescendo con un gli strumenti mediatici attuali e futuri, questa sarà la base fondamentale del loro mondo. Spezzando la morsa della letteratura sul narrare e apprenderla dal mondo dell'esperienza diretta, vedremo la narrazione come una manifestazione del tempo. La classica struttura aristotelica di “introduzione, crisi, risoluzione” diventa una forma d'onda della natura, non necessariamente legata a un testo.
Bill Viola Observance 2002, 10'14". Courtesy Bill Viola Studio
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Una delle tecniche o dei meccanismi propri a tutti i sistemi tradizionali della disciplina spirituale è la trasformazione della percezione, l'alterazione dei sensi per creare una nuova conoscenza e una comprensione più profonda. La modalità europea per conseguire questo passa per l'intelletto - studia questo, rifletti su questo, categorizza, scarta, consolida, correggi, giunge alle conclusioni ecc. -, una modalità distaccata dalla percezione diretta. Il metodo orientale, in termini generali, vi giunge attraverso il corpo. Molte di queste tradizioni hanno la tendenza comune a classificare i sensi come la fonte degli l'azione, e tuttavia non vi rinunciano; vi si immergono per apprendere il linguaggio e svelarne le menzogne. Poi ne escono, li riqualificano, e rieducano l’individuo al loro corretto utilizzo. Questa parte la cosiddetta “pratica” spirituale.
La genialità degli autori delle Upanisad - uno dei testi più antichi e fondamentali sulla tradizione indiana della conoscenza di sé - consisteva nel volgere lo sguardo del soggetto conoscente verso se stesso, in modo che potesse “conoscere il conoscente”. Una volta fatto questo - e sono in pochi a riuscirci - tutte le esperienze diventano sentieri verso l'apprendimento e l'approfondimento, e la conoscenza non è più un la mera acquisizione di fatti ma un processo vivente.
Con la mia opera volevo far vivere ad altre persone alcune delle mie esperienze. Un esempio : per puro caso scoprii che ogni goccia di pioggia contiene un immagini in miniatura dello spazio circostante. E così creai He Weeps for you (1976) un'installazione - con una telecamera dal vivo, una lente close-up, e una proiezione su grande schermo - configurata in modo da consentire all’osservatore di fare questa stessa scoperta. Inoltre volevo offrire ad altri l'esperienza di trovarsi negli spazi sconfinati del deserto nella Death Valley, dove aveva avuto questa enorme illuminazione e rivelazione sullo spazio, sulla percezione e sull’io. Non volevo però descriverlo. Ecco un altro limite del sistema occidentale, questa incessante descrizione, come se identificare o dare un nome a qualcosa permettesse di comprenderlo. Volevo che vivessero l'esperienza.
Se cerchi l'esperienza non persegui la descrizione letterale della cosa. Se vuoi trasportare qualcuno nella Death Valley, e se siamo nella sala di un museo a New York City, spegni le luci. Non Proietti immagini del deserto sul muro. Capisci cosa intendo? Li esponi a qualcosa di viscerale, di fisico, di percettivo, che li ponga in quello stato. Parli la lingua dell'esperienza, al tempo presente. È una questione di Essere, non di apparenze.
Bill Viola con la Visitazione del Pontormo, nello studio di restauro di Daniela Rossi, Firenze, 2013 (particolare). Fotografia: Kira Perov
Quello che ho notato della rivoluzione digitale è che somiglia ad altre rivoluzioni come la radio, la televisione, il video, e prima ancora la fotografia, ovviamente, ma al contempo è molto diversa. Lo sappiamo anche senza conoscere i dettagli tecnici, perché la rivoluzione digitale e conoscere i dettagli tecnici e una rivoluzione infrastrutturale. I cambiamenti messi in atto da questo nuovo linguaggio oltrepassano i confini tra discipline, mestieri e professioni, è la vita privata. Stiamo assistendo a effetti travolgenti e fondamentali perché il medium digitale di per sé è più simile al terreno sotto i nostri piedi che non alle strutture familiari che vi stanno sopra : la strada, gli alberi, la casa in cui ci troviamo.
È del tutto universale, un codice chiave in un mondo sempre più incentrato sui codici. In questa epoca è la tecnologia - la creazione di strumenti - a impartire forza e direzione alla lotta primordiale degli esseri umani verso l'unità. In altre epoche erano religione filosofia e metafisica. Huston Smith, grande studioso delle religioni mondiali ha dichiarato che le due forze che hanno avuto l'effetto più profondo sulla nostra esistenza sotto ogni aspetto sono tecnologia e rivelazione. Il potere della scienza, dall'Occidente all'Oriente, era quello di riconoscere che poteva esistere un codice con una forma essenziale alla base di tutte le cose, e quindi ricercarlo, vuoi nei livelli subatomici del mondo materiale, vuoi in nello spazio estremo interstellare con nella dimensione microscopica della vita stessa. Non è un caso che la rivoluzione informatica sta venendo in contemporanea con la realizzazione del progetto del genoma umano - la decodifica del codice genetico che caratterizza ognuno di noi.
Un codice non è una cosa tangibile ; non è nemmeno una cosa. La rivoluzione digitale, in sostanza, è lo schiudersi della dimensione invisibile, l'articolazione del mondo invisibile. Ecco dunque un medium che è di per sé un codice. E qual è la funzione di un codice? Mettere in corrispondenza due cose. È questo il suo scopo, e siamo nel bel mezzo di un'altra grande epoca di traslazione, questa volta in una forma molto diversa.