Bill Viola
L'ultima immagine
L'ultima immagine
Sollevo lo specchio della mia vita
nel mio viso: sessant’anni.
Con un colpo frantumo la riflessione
il mondo come al solito
Tutto al suo posto.
Dopo aver scritto queste righe nel 1555, il monaco Zen
Taigen Sofu posò il suo pennello e morì.
Dalla tradizione giapponese dei jisei, poemi scritti
da monaci Zen e poeti Haiku in punto di morte
In molti paesi del mondo il nero è il colore del lutto.
Riecheggiando questa ineffabile prerogativa, anche nella cultura europea il nero è considerato un colore estremo, la condizione dell'”assenza di luce”. Il punto focale per il nero nella nostra anima è la pupilla, portale aperto verso il minuscolo ambiente
al centro del bulbo oculare dove l'oscurità è necessaria a scomporre la fonte primaria dell'immagine artificiale.
Dal momento che il di strumenti della creazione delle immagini sono le leggi dell'ottica e le proprietà della luce, e il focalizzatore è l'occhio umano, c'è solo voluto del tempo prima che qualcuno abbia pensato di introdurvi uno specchio.
Lo specchio ideale, fin dagli inizi del genere umano, è stato il fondo nero della pupilla.
C’è una naturale propensione umana nel voler guardare fisso negli occhi di un altro o, per estensione di sé, un desiderio di rivedere la visione stessa, come se lo sforzo di guardare all'interno del piccolo centro nero dell'occhio rivelare i segreti non solo dell'altro, ma della totalità della visione umana. Dopo tutto, la pupilla è il limite, e il velo, tra la visione interna è quella esterna.
Guardando attentamente nell’occhio, la prima cosa, anzi la sola, che si vede, è la propria immagine. Questo ci rende consapevoli che l'atto del fissare una pupilla comporta due curiose proprietà; la prima e la condizione di infinita riflessione, il primo feedback visivo. Anche la persona minuscola che vedo sul retrocampo della pupilla ha un occhio nel quale è riflessa la piccolissima immagine di una persona... e così via. La seconda è il fatto fisico in base al quale più da vicino riesco ad avere una migliore visione nell'occhio, ma in questo caso la mia stessa immagine si fa più ampia e mi ostacola la vista. Questi due fenomeni hanno entrambi ispirato diverse direzioni dell'antica investigazione filosofica e, oltre all'evidente potere ontologico relativo al guardare direttamente negli organi della vista, sono stati considerati prova dell'unicità e del potere speciale degli occhi e del senso della vista.
Fissare l'occhio è un'antica forma di autoipnosi e di meditazione. Nell’Alcibiade di Platone, Socrate descrive il processo di acquisizione della conoscenza di sé attraverso l'auto contemplazione nella pupilla dell'occhio di un altro, o nella riflessione del proprio.
Socrate ( nel descrivere l’iscrizione delfica “gnothi seauton”): Ti dirò che ciò che penso è proprio il consiglio offerto da questa iscrizione. L'unico esempio che provo per esprimerlo ha a che fare con la vita.... Supponi che abbiamo parlato al nostro occhio come se fosse un uomo e che gli abbiamo detto : “Guarda te stesso”... non vuol dire che l'occhio dovrebbe guardare qualcosa nella quale potersi riconoscere?
soprattutto l’Universale(iv) di via Pisana, emblema delle sale vissute come spazio “interattivo”.
Alcibiade : Specchi o altre cose del genere?
Socrate : Più o meno. E non c'è qualcosa di questo tipo nell'occhio con cui vediamo?... Non hai osservato che quando uno guarda qualcun altro negli occhi, vede il proprio viso al centro dell'occhio dell'altro, come se fosse in uno specchio? Ecco perché noi chiamiamo il centro dell'occhio pupilla (pupazza) : perché riflette una specie di immagine in miniatura della persona che vi guarda dentro.... Così, quando uno guarda un altro e fissa quella parte interiore in virtù della quale quell’occhio vede, Allora egli vede se stesso.
Alcibiade : È vero.
Socrate: E se anche l'anima vuole conoscere se stessa, non deve guardarne un'altra, specialmente quell'anima parte di essa dove dimorano la ragione e la sapienza?...
Questa parte dell'anima assomiglia Dio. Così, chiunque la guardi e arrivi a conoscere tutto ciò che è divino - Dio e la comprensione attraverso la ragione - guadagnerà in questo modo una profonda conoscenza di sé.(5)
I Neoplatonici medievali praticavano la meditazione nella pupilla dell'occhio, o speculazione, parola che letteralmente significa “fissare uno specchio”. La parola contemplazione è derivata dall'antica pratica divinatoria nella quale viene delimitato un templum nel cielo del bastone di una augure per osservare il passaggio dei corvi attraverso il quadrato tracciato. Meditazione e concentrazione si riferiscono entrambe al processo concentrante di messa a fuoco un sul sé.
La nera pupilla rappresenta anche la terra del nulla, il luogo prima e dopo l'immagine, la base del “vuoto” descritta in tutti i sistemi di pratica spirituale. E ciò che Meister Eckhart ha descritto come “lo spogliarsi di ogni cosa, non solo di ciò che altro, ma anche del proprio essere”.
Nella cosmologia dell'antica Persia, il nero esiste come colore ed è considerato “più alto” del bianco nella gamma cromatica universale. Questa idea è derivata in parte anche dal colore della pupilla. il disco nero della pupilla è l'inverso del cerchio bianco del sole. La minuscola immagine nel “cuore dell'occhio” era tradizionalmente creduta l’o di una persona, la sua anima, esistente in relazione complementare al sole, l'occhio-del-mondo.
“Non c'è nulla di più luminoso del sole, per mezzo di esso tutte le cose diventano manifeste. Eppure se il sole di notte non scomparisse, o se non fosse velato dall’ombra, nessuno si renderebbe conto che esiste una cosa come la luce sulla faccia della terra.. ...Le persone hanno percepito la luce attraverso il suo opposto... La difficoltà nel riconoscere Dio e perciò dovuta alla luminosità. Egli è così splendente che il cuore umano non ha la forza di percepirlo.... È nascosta dalla Sua stessa luminosità.” (6)
Al Ghazzali (1058-1111)
Così, il nero diviene una luce splendente su un giorno scuro, l'intensa luce che porta all'oscurità protettiva dell'occhio chiuso: il nero dell'annichilimento del lio.
Dissolvenza in nero…
[Silenzio]
Si sente una voce nel buio... ma aspetta, la dissolvenza in nero è solo una delle possibilità per cui può apparire il nero in video : sono, effettivamente, tra le condizioni, nel video, in cui puoi sentire il nero, come ciò di cui stai parlando.
Narratore : E quali sono?
Voce : Allora, c'è il video nero, nella “dissolvenza in nero”. Poi c'è la neve, quando l'apparecchio è acceso ma non ci sono segnali, puoi anche vederlo sui monitor video come uno schermo vuoto, scuro. E infine non c'è nulla, quando la spina è stata estratta e il set è freddo. Se si trattasse del nostro corpo, potremmo dire che sono stati simili al sonno, o alla morte, quando chiudiamo gli occhi.
Narratore : Prova a vedere se ho capito cosa dici : finché c'è un nucleo di coscienza di sé, come nelle prime due condizioni e a volte perfino nelle più oscure profondità della zona intermedia tra il secondo e il terzo stadio, le esperienze che si situano “vicino alla morte” o “oltre la morte”, allora c'è sempre possibilità di rinnovamento.
Voce : Proprio così. La consapevolezza di sé e la coscienza del contesto... la visione dell'altro, la spinta a premere continuamente avanti e indietro il pulsante di accensione.
Narratore : Questo mi ricorda il mio sogno ricorrente.
Voce : Raccontamelo.
Narratore : Non c'è nulla se non il nero. Sono sveglio. Disteso sul dorso, sento il mio respiro, quieto e regolare. Mi rivolto e guardo fisso verso l'alto. Non vedo niente, o piuttosto sto cercando di capire cosa vedo. Ho la sensazione dello spazio, percepibile nell'oscurità, ma è abisso senza il contenuto rassicurante di un'immagine. Sento il mio corpo, la sua estensione il suo peso che premono verso il basso. E ci sono queste domande in un dialogo silenzioso con l'oscurità. Porto la mia mano sul viso. Non c'è nulla. La volto, la agito e mi sento sfiorare la guancia da un leggero movimento d'aria. Giaccio immobile. C’è nelle mie orecchie un esile sensazione sonora, e la mia bocca ha sete perché non l'ho voluto muovere, neppure per deglutire. Senza movimento, divengo lentamente conscio della perdita di sensi delle mie membra. Non so quanto a lungo sono rimasto disteso così. Immagino l'oscurità come un'immensa soffice nuvola nera di ovatta, silenziosa e senza peso, che si stringe a poco a poco intorno al mio corpo. Sembra che ogni cosa stia chiudendosi verso una piccola apertura proprio intorno al mio viso; oltre questa piccola area, l'oblio del nulla. Alla fine, come un corpo sott'acqua concentrato a respirare attraverso una sottile cannuccia, la lascio andare e mi sento immergere nel grande conforto del vuoto insensibile e senza peso.
Voce : [Silenzio confuso]
Dissolvenza in nero.
In due minuti, il nastro si esaurisce e lo schermo piomba nella neve. Il suono sibilante scuote lo spettatore dal sonno. Arriva lentamente una mano e cerca tastoni il pulsante di accensione. Si ode un suono secco, il silenzio e la neve sullo schermo sprofonda in un transitorio punto di luce che, gradualmente si risolve mentre lo schermo di vetro manda leggeri crepitii, disperdendo la sua carica statica, e i circuiti interni cominciano a perdere calore nella notte fretta.
Note
4. Yoel Hoffmann. Japanese Death Poems, Tokio, Charles E. Tuttle Company, 1986, p.118.
5. Platone citato in Wilhelm Fraenger, Hieronymus Bosch, New York, G.P. Putman and Sons, 1983, p.42 (trad. It. Regno millenario di Hieronymus Bosch, Milano, 1983).
6. Al-Ghazzali, citato in N. Ardalan e L. Bakhriar, The Sense of Unity, Chicago, University of Chicago Press, 1973, p.47.
* N.d.t. : letteralmente “nella mela dell’occhio”, equivalente all’italiano gergale “nelle palle degli occhi”, che può essere tradotto “nella pupilla”.
In : Illuminating Video. An Essential Guide to Video Art, a cura di Doug Hall e Sully Jo Fifer, New York, Aperture Found, 1990, pp.486, 520. Titolo originale del testo : Video Black - The Mortality of the Image.
Traduzione di Alessandra Cigala
Bill Viola - Rinascimento Elettronico
a cura di Arturo Galansino
@ 2017 Artext