AT - Come nasce e si sviluppa il tuo processo creativo?
CG - Quasi sempre parte da un'intuizione che può nascere da un oggetto da cui mi lascio attrarre, o da un accadimento. Questa intuizione mi porta ad una ricerca che approfondisco così tanto che a volte finisco per cambiare il percorso da cui ero partita. La ricerca è indubbiamente per me la parte del lavoro più coinvolgente e interessante, però non c'è mai una gerarchia in questo processo di lavoro, che può anche originarsi da un materiale che vedo, e dallo studio che intraprendo attorno a questo materiale.
Nel caso dell'installazione Tutti insieme appassionatamente il punto di partenza del lavoro è stato un oggetto che ho notato in un ufficio amministrativo, una graffetta di metallo, che mi ha attratto al punto tale da interrogarmi sul perché di questo interesse, cercando di capire quale significato potesse esserci dietro una graffetta di metallo, dietro le industrie delle acciaierie...
Il materiale è fondamentale per me, penso di lasciarmi a volte sedurre dal materiale, dal suo significato che cambia a livello economico e sociale. Spesso si tratta di materiali che hanno avuto già un utilizzo, materiali che hanno una loro memoria, una loro storia, e attraverso l'accumulo diventano tutt'altro.
AT - Spazio e tempo sono le coordinate del tuo lavoro, che ha origine dal disegno per poi evolversi in una forma di scrittura temporale che adesso predilige i linguaggi della scultura e dell'installazione. La dimensione temporale diventa determinante in quelle opere che hanno avuto una gestazione estesa nell'arco di diversi anni, tra cui appunto Tutti insieme appassionatamente di cui abbiamo appena parlato, che hai realizzato tra il 2004 e il 2015.
CG - Il tempo è un aspetto dell'esperienza vissuta, entra a far parte di un percorso che compio anche in relazione al materiale che scelgo. Il tempo è una componente umana, mi interessa questo suo procedere e il fatto di essere dentro, coinvolti in questo procedere e nella trasformazione del materiale attraverso il tempo. Nell'essere umano spazio-tempo sono termini correlati, che vanno di pari passo.
AT - Hai vissuto per più di dieci anni a San Salvador, dove hai realizzato progetti site-specific per importanti istituzioni culturali. Quanto quell'esperienza di vita ha influito sulla evoluzione della tua pratica artistica?
CG - A questa domanda non mi sono ancora risposta...perché vorrei che quell'esperienza continuasse a fluire liberamente dentro di me, comunque credo che in una forma molto inconscia mi segnerà sempre nel lavoro e nella vita. Forse proprio questo mio continuo mettersi in discussione deriva dall'aver vissuto in Salvador che è un paese costantemente a rischio sotto tanti aspetti, sociali ma anche territoriali e geologici (penso ai terremoti). C'è un senso di instabilità che si accompagna ad un impulso vitale e umano a ricominciare, come essere eterni principianti. Credo di aver assimilato questo rimettersi in discussione e trovare il punto da cui poter ricominciare da zero. La precarietà propria di quei paesi dell'America Centrale permea molti miei lavori, ma in fondo è la stessa esistenza umana ad essere precaria.
AT - INFRA è il titolo della tua ultima mostra personale presso la galleria Die Mauer a Prato. A cosa allude questa parola?
CG - INFRA rimanda a uno stare tra due dimensioni, tra quello che consideriamo reale e quello che va oltre l'evidenza.
INFRA è anche un riferimento a Marcel Duchamp, alla parola infrafino da lui usata (e forse coniata) per indicare qualcosa che sfugge totalmente a una nostra definizione scientifica. “Quando il fumo del tabacco ha il profumo della bocca che lo esala”.
Nel linguaggio zen INFRA è anche la musica per i sordi, il suono del battito di una sola mano. Ed è qui che avverto una relazione con la fisica quantistica, secondo cui uno stato è la sovrapposizione di infinite possibilità ognuna con la sua probabilità. Particelle infinitamente microscopiche e invisibili che contribuiscono alla formazione di mondi paralleli, senza lasciare alcuna evidenza.
INFRA è l’attrazione magnetica invisibile tra due cavi che mantiene in equilibrio delle graffette mobili. È il vuoto apparente tra due mani che definiscono uno spazio altrimenti non evidente, mentre tra il disegno a china e la fotografia sul lucido c’è un altro spazio, così come il distacco dei supporti dal muro è uno spazio ulteriore che diventa parte dell’opera.
Mi sembra che quel sottilissimo spazio INFRA sottile sia così potente quando viene percepito da divenire pesante quanto l’acciaio, quanto la forza emessa dai magneti.
INFRA – Cristina Gozzini
Le opere di Cristina Gozzini abitano un territorio di mezzo tra visibile e invisibile, dove l'artista presta attenzione a fenomeni quasi impercettibili, come l'irrigidirsi di un elastico rimasto troppo a lungo nel medesimo stato di tensione, o l'impressione della luce del sole su della carta nera posizionata casualmente in corrispondenza di una finestra, da considerarsi a tutti gli effetti una fotografia ante litteram.
Sono processi che possono durare anni e poi rivelarsi in un istante in maniera del tutto inaspettata, come frammenti di un'epifania del quotidiano, oppure al contrario essere il risultato di un atto intenzionale, perseguito con tenacia, come quello di raccogliere per oltre un decennio graffette usate provenienti dagli uffici della burocrazia: resti tangibili di operazioni, transazioni economiche, vite negoziate. Leggerissimi oggetti metallici che diventano pesanti quando si addensano uno sull'altro sopra una tovaglia magnetica, sino a formare una montagna compatta. È allora che divengono percepibili una serie di rapporti e dinamiche altrimenti non evidenti, come se l'artista facesse affiorare i confini indefiniti del campo di forze in cui siamo immersi, come corpi e come persone.
Una linea vettoriale attraversa gli ambienti della galleria, misura la distanza incommensurabile tra lo spazio vuoto della prima sala e quella tensione centripeta che tiene vicine le graffette in un tutto pieno impenetrabile,Tutti insieme appassionatamente, come recita con ironia pungente il titolo dell'opera. La lunga gestazione del lavoro risale agli anni trascorsi a San Salvador, in un paese dai forti contrasti profondamente segnato dal divario tra un'oligarchia di pochi ricchi e la povertà della maggioranza della popolazione.
Qui la ricerca di Cristina Gozzini abbandona la pittura a favore di una scrittura dell'invisibile che predilige gesti indiretti, mediati da una casualità solo apparente che fa emergere segni preesistenti, in una “fotosintesi del tempo” come dichiara lei stessa a proposito della serie dei Distacchi (1999-2006), dove è appunto il distacco di due supporti in cartone rimasti incollati per sette anni a lasciare un'impronta temporale, un calco dell'esistenza. Ma soprattutto è durante il periodo vissuto in America Centrale che avviene la transizione verso l'installazione e la scultura, e diventa prioritario il lavoro con lo spazio.
INFRA, installazione site-speciifc che dà il titolo alla mostra personale di Cristina Gozzini, è un paesaggio visto dall'alto che si distende sull'intera superficie calpestabile di una stanza della galleria, costituendone un passaggio obbligato. Durante l'attraversamento, con la sensazione che l'argilla e il cartone potrebbero cedere o modificarsi leggermente sotto il nostro peso ci si trova improvvisamente a fare i conti con una inattesa percezione di se stessi, in termini di massa corporea, gravità e vulnerabilità. La parola nasce dall'accostamento (forzoso) di due preposizioni semplici e torna più volte nei titoli delle opere, a scandire la compresenza paradossale e ineffabile dell'essere tra, dell'essere attraversati da forze invisibili, dell'essere materia in trasformazione, come lo è l'argilla fresca su cui si imprime il cartone calpestato.
Così INFRA è sia autoritratto dell'artista, che ha scelto le mani per rappresentarsi nell'atto di una presa mancata che scivola tra le dita, sia quella scultura di piccole dimensioni che lo sguardo intercetta nel momento in cui si riattraversa in senso contrario l'installazione, come fosse una mappatura a rilievo, pura estensione priva di punti di orientamento tranne la costellazione di magneti che si scorge sulla parete opposta dell'altra stanza. Come elementi di una composizione suprematista le parti magnetiche disegnano, a distanza irregolare tra loro, un campo di forze in miniatura che non fa che raddoppiare quello creato dai cavi che appena sopra le nostre teste tracciano la correlazione tra vuoto e pieno, espansione e attrazione, trasparenza e densità.
Con Alt l'artista ci pone di fronte alla scelta di entrare o meno in questo campo magnetico, decidendo se ignorare i resti di un segnale di divieto che è stato sradicato dal manto stradale e posto davanti all'ingresso della galleria.
INFRA è il campo di forze delimitato tra queste due opere create con materiale di scarto, a sua volta sublimato in qualcosa di prezioso: all'altra estremità del vettore che attraversa le pareti della galleria una scultura brilla quasi di luce propria, come se il metallo (quello delle graffette degli uffici ma anche quello dell'industria pesante delle transnazionali) fosse argento.
Alessandra Tempesti
Biografia
Cristina Gozzini nasce a Firenze nel 1960.
Dopo un periodo di apprendistato con il pittore e scultore catalano Santiago Pianella, nel 1995 si trasferisce nello stato di El Salvador, in America Centrale, dove realizza numerosi interventi site-specific all'interno di Musei e Istituzioni culturali del territorio. Nel 2006 viene premiata alla V Bienal de Artes Visuales del Istmo Centroamericano.
Dal 2008 vive e lavora tra l'Italia (Firenze) e il Centro America.
Tra le sue mostre personali si ricorda: Arcipelaghi, Associazione Culturale Grafio, Prato, 2005; Túnel transparente, Centro Cultural de España, Città del Guatemala 2006; Diagrama, Centro Cultural de España, San Salvador, 2007; Cristina Gozzini to Civica Pinacoteca Amedeo Modigliani, Civica Pinacoteca Amedeo Modigliani, Follonica (GR), 2008; Altalena-Swing-Columpio, Museo de Arte Contemporáneo Marte de El Salvador, San Salvador, 2010/2011; Campi Integrati, Asociacion Cultural Armazem7, Lisbona, 2014; Esercizi di Elasticità, con Jang Wanyi, Fundació Felicia Fuster, Barcellona, 2018.