“A mezza costa vedemmo sul bordo della strada, ritta in una nicchia di pietra assai profonda, una statua stranamente vecchia, come di terra nerastra, secca e solidificata, che rappresentava, con una certa grazia, un fanciullo nudo sorridente. Le braccia erano tese in avanti in un gesto di offerta con le mani aperte e tese verso il soffitto della nicchia. Una piccola pianta morta, d’una estrema vetustà, si innalzava dal palmo della destra, dove un tempo aveva messo radici ”. (R. Roussel, Locus Solus)
“Un’opera d’arte rappresenta sempre un pezzo di divenire immobilizzato, o un’emanazione del tempo passato”. (G. Kubler, La forma del tempo)
Questa mostra intende mettere in evidenza, attraverso la scultura, il potere del contemporaneo. Gli artisti esposti analizzano questo soggetto attraversando tecniche, temi e pratiche differenti, incentrati sui concetti di tempo, fragilità e valore. Il titolo, parafrasi del documentario del 1953 Les statues meurent aussi di Chris Marker e Alain Resnais, mostra come il dialogo tra uomo e arte abbia sempre il suo perno nel presente, momento in cui tutto è realizzabile, contrariamente al passato, che può essere solo documentato e interpretato, e al futuro, oggetto di speculazione e di sovrapposizione di altre simbologie.
La definizione del concetto di contemporaneo si basa sempre sulla ricerca di una dimensione articolata. Da una parte il nostro momento storico viene identificato con il termine “antropocene”, un’era geologica trasformata in modo continuo dalla presenza dell’uomo, capace di formare un “monumento geologico” permanente. Dall’altra parte la nostra epoca appare costituita da una sovrapproduzione digitale che rischia di lasciare ai posteri una porzione infinitesimale dei dati da noi prodotti, destinati a scomparire in un oblio di obsolescenza. Il contemporaneo è inoltre dominato da fatti di cronaca criminali che cancellano memorie millenarie attraverso la folle combinazione tra ideologia e violenza. Questi elementi sono alla base del rapporto tra il contemporaneo e la scultura, incentrato sull’idea della permanenza nel tempo. La scultura, in tale scenario, si presenta come una forma d’arte che ambisce a resistere nel tempo e a lasciare una testimonianza. Una forma che può sopravvivere e raccontare alle generazioni future una certa dimensione di contemporaneo ormai lontana. La medesima condizione è presente nella mostra in corso parallelamente negli spazi di Palazzo Strozzi intitolata Potere e Pathos, in cui è esposta una serie di sculture ellenistiche che testimoniano l’immensa cultura greca, di cui, al contrario della statuaria, sono invece rimaste pochissime documentazioni pittoriche. Le sculture muoiono nel momento in cui scompare anche il contesto che ne ha visto la realizzazione.
Un dialogo con il tempo, con il passato ma anche con il futuro, una fuga che parte dal contemporaneo e va alla ricerca di dimensioni temporali diverse. Come nelle opere di Mark Manders, in cui viene ricercata la combinazione di modelli culturali che spaziano dalle forme ellenistiche a quelle precolombiane. Nel suo disegno Self-portrait as Building [Autoritratto come edificio], del 1986, il tempo sembra essere entrato in una dimensione diversa da quella dell’anno di esecuzione. Da quel momento l’artista non ha mai abbandonato questo motivo generativo nelle sue opere. Basate sull’impiego di materiali diversi come il bronzo, la ceramica, il legno, le sculture di Manders sembrano essersi fermate in un tempo altro, sospeso. L’artista usa diverse tecniche: una scultura di bronzo o di resina viene dipinta nel colore dell’argilla, mostrando così la propria condizione di fragilità. In Manders il tempo è in uno stato di transizione continua, in cui si sviluppano istanti paralleli. Da quando ha realizzato Self-portrait as Building, l’artista ha prodotto declinazioni diverse del tema, creando un cortocircuito tra passato e presente, in cui le forme sono prigioniere di una dimensione borgesiana. La grande installazione in mostra crea un ambiente sospeso, isolato dal mondo, nel quale trascorre un tempo diverso che sembra emanare dalle opere stesse. Nella scultura contemporanea, il passaggio del tempo diventa materia più che veicolo di un riferimento all’antico. Il frammento, le impronte sono elementi di un’erosione che diventa parte del processo dell’opera già nel momento creativo. Nelle opere di Katinka Bock questa forma del tempo viene inclusa nel processo di realizzazione della scultura.
Materiali come la ceramica, il bronzo, il vetro entrano in contatto con gli ambienti circostanti, creando un dialogo con lo spazio. I pavimenti, gli elementi dell’architettura diventano estensioni delle opere, conferendo loro una condizione ambientale. Poste in tale contesto, esse rivelano inoltre un senso di corrosione, di fragilità della materia, nella quale crepe, torsioni e cedimenti si contrappongono a equilibri, tensioni e pressioni. I molti elementi figurativi presenti nei suoi lavori diventano tali attraverso effetti associativi, basati sulla posizione delle forme nello spazio, in grado di richiamare un oggetto o una persona. Nella sua staticità, la scultura diventa una presa di posizione, una dichiarazione. La combinazione tra posizione e oggetto assume una tale centralità da definire l’identità dell’opera. Le tracce lasciate e le trasformazioni innescate dal tempo entrano a far parte del processo che caratterizza l’opera.
Il contemporaneo ha il potere di dialogare non solo con il proprio tempo ma anche con il passato. Le opere di Oliver Laric in mostra sono riproduzioni realizzate da scansioni di sculture provenienti dal Museo Archeologico di Firenze e presenti nella mostra in corso a Palazzo Strozzi Potere e Pathos. Insistendo sull’importanza della copia come forma di potere, l’opera di Laric indaga il concetto di riproduzione e le sue potenzialità nella cultura contemporanea, con una particolare attenzione alla ricerca storica. Tecnica e storia, originale e riproduzione diventano elementi centrali nel suo lavoro: l’esame analitico della tecnica e dei contenuti è il punto di partenza di un’analisi critica della società contemporanea, nella quale la riproduzione appare insieme come una potenzialità e un limite. Muovendo dall’appropriazione alla rielaborazione, Laric combina elementi del passato con altri tratti dal presente, mettendo in relazione la statuaria antica con i cartoni animati ed evidenziando la forza dell’immagine definita dalla potenza tecnica della riproduzione.
La centralità del concettuale nella cultura contemporanea e dunque anche nella scultura emerge in particolar modo nelle opere di Nina Beier.
Il suo lavoro in mostra affronta il problema del valore rappresentativo attraverso l’esposizione di alcune sculture provenienti dal deposito del Museo d’Arte Moderna di Palazzo Pitti. Il potere del contemporaneo di estrapolare elementi del passato attraverso codici e pratiche attuali dimostra come il rispetto nei confronti del passato sia sempre accompagnato dalla capacità di tenere in vita un’idea di cultura. La combinazione di elementi diversi diventa per Beier un modo per realizzare sculture che mostrano gli scambi e le sovrapposizioni che si attivano nella cultura contemporanea. In particolare l’opera esposta mostra il denaro, l’arte e il tappeto come simboli di scambio commerciale. L’opera consiste in un ready-made di elementi in prestito destinati a fine mostra a tornare ai loro proprietari.
Nella combinazione di tecniche diverse come disegno, pittura e fotografia, N. Dash rivela la sua particolare attenzione nei confronti della materia: piccoli elementi di stoffa vengono manipolati e strofinati sino a perdere la propria struttura e a trasformarsi in microsculture informali che in seguito vengono fotografate dall’artista. Nei suoi lavori, caratterizzati da un condizione di precarietà e usura, N. Dash mette in primo piano la fragilità e la transitorietà della scultura, documentata attraverso la fotografia. Le sue sono opere che non perdurano nel tempo se non attraverso la loro traduzione tecnica. Il presente è un momento unico, un istante catturato dallo scatto della macchina fotografica.
Michael E. Smith mostra elementi della nostra società trasformati e rielaborati in modo da acquisire una dimensione straniante. In mostra l’artista presenta anche due video che riprendono degli animali. Il processo di decontestualizzazione e ricontestualizzazione presente nel suo lavoro condiziona anche le modalità di allestimento delle opere, posizionate al disopra della normale altezza visiva. Nel suo lavoro emerge spesso una dimensione associativa tra gli elementi scelti, per lo più oggetti trovati ed elaborati, e nuove identità: è il caso di Clarinet, una canalina storta, quasi un “reperto” della nostra vita quotidiana. Nella sua opera Smith vuole mostrare il concetto di fragilità della società del consumo. La trasformazione quasi sciamanica degli oggetti rivela come questi ultimi possano assumere, attraverso l’arte, una nuova dimensione temporale.Una forma di estraniazione è presente anche nelle opere di Dario D’Aronco, in cui i temi dell’obsolescenza e della tautologia sono messi in relazione alla tecniche usate. L’opera Composizione s, in mostra alla Strozzina, è costituita da una serie di traduzioni in media diversi che spaziano dal computer al cemento, dalla pittura acrilica alla stampa 3d, dall’animazione al foglio in pvc, cercando una via di mezzo tra pittura, scultura e video. Il valore semantico viene congelato e il riflesso diventa centrale nel rendering dell’oggetto. L’opera si basa sulla trasformazione dell’invito di una mostra cui l’artista ha partecipato, tradotto in tecniche diverse seguendo la regola della proporzione aurea. L’oggetto tridimensionale, dipinto, poi scansionato, stampato e proiettato in diversi formati, viene tradotto in scultura, assumendo così una nuova solidità e cancellando i limiti del tempo. Da alcuni anni Michael Dean realizza sculture nelle quali forma e linguaggio trovano un solido equilibrio. Le forme, simili a stele verticali in cemento, recano incisioni che formano un criptico alfabeto. A ogni scultura è abbinata una parola che ne caratterizza anche la dimensione formale.
Governate da simmetria, poesia ed equilibro, le opere di Dean condensano i due elementi caratteristici della sua opera, scrittura e performance, e mostrano come la pesante materia del cemento possa diventare leggera, simile a un origami. Molte linee geometriche di questi elementi nascondono infatti un alfabeto criptico le cui lettere sono la forma dell’opera. Negli ultimi anni le forme delle sue sculture evocano morfologie umane. Parti del corpo, come la lingua, sono rievocate attraverso forme più organiche. Nella sua ricerca colpisce inoltre la capacità di far dialogare fotografia e scultura, attraverso un procedimento tautologico in cui le immagini delle sculture vengono mostrate nelle fotografie che poi vengono piegate. In questa lingua privata fatta di codici segreti, Dean propone opere che prendono la forma di libri con scritti dell’artista stesso, le cui pagine possono essere strappate e portate via dal pubblico.
La natura della scultura pone spesso la questione della memoria, trasformando l’opera in un monumento che porta con sé un valore simbolico ulteriore, basato su elementi storici, sociali o personali che caratterizzano uno specifico periodo. Si tratta di un aspetto presente nelle opere di Francesco Arena, che spiccano per l’elegante equilibrio tra la storia collettiva e la sua traduzione all’interno di una dimensione personale. I riferimenti alla propria biografia costituiscono spesso l’impalcatura sulla quale si fonda la ricerca dell’artista. Tali coordinate permettono di combinare un preciso contesto storico con la prospettiva sul mondo e l’identità fisica specifiche dell’artista stesso. L’individuale e il collettivo, il passato personale e la storia vengono fusi insieme per creare un’unica dimensione in cui concentrazione, geometria e solidità diventano i cardini di una dimensione metaforica storico-personale. La trasformazione in arte dell’io-storia della persona
che interpreta il mondo attraverso il proprio stato fisico ed esistenziale diventa un elemento centrale nella ricostruzione di un pensiero futuro. È qui che si esprime uno degli elementi centrali che caratterizzano la dinamica monumentale insista nella ricerca dell’artista. L’analisi del passato, del presente e la traduzione di queste dimensioni in determinate materie: bronzo, pietra, acciaio o marmo sono materiali che indicano una direzione che si sviluppa in uno spazio temporale futuro, definendo le condizioni di un ipotetico ricordo.
Trasformare l’identità collettiva e personale di un periodo storico attraverso il tempo è una delle principali azioni prodotte dall’arte. Questa operazione è evidente anche nella ricerca artistica di Arena, che solidifica in forme astratte, geometriche e antiform definizioni storiche legate al vissuto delle generazioni passate. Nelle sue opere si definisce un doppio registro: da una parte il tentativo di dare continuità al ricordo di episodi della storia, dall’altra il recupero di elementi formali che fanno parte di una dimensione storica dell’arte. I movimenti delle seconde avanguardie sono spesso rivisitati nel suo lavoro attraverso nuove prospettive. Usando diverse tecniche che vanno dalla scultura al video e all’installazione, la ricerca di Fernando Sánchez Castillo si concentra sul significato del monumento nella cultura contemporanea. In particolare l’artista spagnolo pone l’accento sul cambiamento del valore del monumento nell’epoca attuale, dominata da un’esponenziale quantitativo di informazione massmediatica. Per la mostra l’artista presenta il video Rich Cat Dies of Heart Attack, in cui i diversi tentativi di distruggere una scultura di bronzo esprimono la volontà di cancellare un simbolo di potere. L’opera di Sánchez Castillo impiega frequentemente l’assurdo e l’ironia per demistificare l’uso ideologico del potere e soprattutto i valori con cui esso si rappresenta. In una serie di lavori l’artista realizza barricate composte di oggetti vari, trasformando il simbolo della protesta in qualcosa di diverso e problematico attraverso l’impiego del bronzo, materiale con cui normalmente sono costruiti i monumenti, espressione del potere
L’immaginario artistico di Francisco Tropa fonde la scultura con elementi obsoleti della tecnologia e della vita umana. Nelle sue opere si delinea un rapporto sempre attento con il concetto di storia. L’artista realizza una sorta di ritratto archeologico dell’immaginario contemporaneo, a metà strada tra fossile e artefatto, nel quale si fondono staticità e movimento, sospensione ed equilibrio. Attraverso la riproduzione, l’ingrandimento e la ricostruzione, Tropa restituisce un immaginario storico e preistorico. In Gigante così come in Terra Platonica ci troviamo di fronte alla problematica della traduzione del tempo in forma di reperto.
La ricerca di una forma del tempo ha definito tutta un’immaginazione dell’antico. Il tempo trasforma, altera forme preesistenti. Giorgio Andreotta Calò lega il concetto di contemporaneo a una dimensione temporale molto più estesa. Nelle sue sculture il tempo viene tradotto attraverso la combinazione di coordinate orizzontali e verticali che producono processi di erosione o sedimentazione e rappresentano il rapporto tra la natura e l’uomo. La serie di opere Clessidra è composta da strutture di legno usate per ormeggiare le barche nella laguna di Venezia, consumate dalle maree e dal movimento continuo del traffico marittimo.
Assottigliandosi nella parte centrale, questi pali sono il luogo di una tensione tra la loro verticalità e la linea orizzontale dell’acqua, che alla fine raggiunge un limite insostenibile.
Combinando elementi naturali e artificiali, Oscar Tuazon realizza opere che richiamano allo stesso tempo il minimalismo americano, l’estetica del bricolage e l’architettura vernacolare. Costruite su equilibri precari, le combinazioni di elementi che compongono le sue sculture sono spesso il risultato di un percorso a metà strada tra la scultura e l’architettura, in cui gli oggetti di consumo e le loro potenzialità sono messi in discussione.
Alla Strozzina Tuazon presenta un’opera in cui un elemento di uso quotidiano viene inserito in una struttura modulare in divenire.
Le sue sono strutture precarie, architetture critiche attraverso cui trovare una dimensione intermedia tra scultura e installazione. La crisi del concetto di contemporaneo è espressa nelle posizioni filosofiche, tra le altre, di Badiou e Agamben (con la sue idea di non attualità del contemporaneo). Il termine, che da alcuni decenni connota un passaggio successivo al moderno, trova una dimensione estesa, in cui esso perde in parte il significato di definizione di uno specifico momento, diventando l’espressione atta a descrivere tempi diversi che si susseguono nel tempo.
La mostra Anche le sculture muoiono insiste sull’importanza storica del contemporaneo in relazione al
passato e al futuro. Una maggiore attività nel presente permette, come mostrano le diverse declinazioni di questa mostra, di influenzare le dinamiche e le relazioni tra passato e futuro.