Occidente Esotico
Dal 12 Dicembre 2015 sino al 16 Aprile 2016 la Galleria Andrea Caratsch mostra le nuove opere di Luca Pancrazzi dal titolo Occidente Esotico. Due anni di ricognizioni sulle montagne e valli dell’Engadina.
Luca Pancrazzi è soprattutto un osservatore. Riproduce le sue impressioni in dipinti moderati ma nel contempo
complessi, strutturati in svariate tonalità di bianco. Con questo procedimento rende visibili le più sottili gradualità
di luce e ombra e invita così l’osservatore a farsi sedurre da un nuovo modo di vedere. Nella sua nuova serie
di dipinti lo sguardo all’interno di Pancrazzi si dirige verso l’esteso paesaggio engadinese, che per lui è un nuovo
soggetto, che fa tuttavia corrispondere la tecnica di pittura unica dell’artista e il suo metodo contemplativo.
I quadri di montagne sono altamente speculativi e fanno appello a un senso originale per la fantasia e per l’ignoto.
Nelle rappresentazioni letterarie e artistiche le montagne risvegliano i sentimenti di fascino e di estrema
bellezza. Ma ci riempiono anche di paura, quando pensiamo alla loro ripidità e al loro terreno pericoloso. Ospitano
dei e creature selvagge e sono un ritiro spirituale per eremiti. Solo gli alpinisti più audaci scalano le loro
cime misteriose. Indipendentemente dai punti di vista le montagne fanno provare una sensazione di isolamento.
Guardando in su dalla valle, la montagna rappresenta una massa che non potrà mai essere conquistata completamente,
per contro guardando in giù dalla cima, ci fa provare uno straordinario senso di staccamento dal sé e ci
permette di riconoscere il mondo che popoliamo come un grande sistema, del quale non siamo che delle minuscole
parti.
Nietzsche quando abitava in questo paesaggio allegorico trovò l’ispirazione per scrivere il suo «Così parlo Zarathustra
». Disse di aver trovato in Engadina, nella complessità della luce, «la culla di tutti i toni d’argento» un’affermazione
che può essere fatta anche per la sensazione che i quadri di Pancrazi fanno provare. Le sue composizioni
conducono l’occhio in diverse parti dell’Engadina: alle formazioni rocciose, ai paesaggi lacustri, ai villaggi,
con un linguaggio ad immagini diversificato che accentua la morfologia delle masse rocciose e delle ombre. I
dipinti di grande formato permettono la contemporaneità di realismo e astrazione. Visti da lontano i dipinti
rimangono coerenti, ma visti da vicino mostrano una caratteristica struttura semi-puntinistica delle pennellate. I
dipinti bianchi sono inondati di luminosità. Nella nebulosità i dettagli tremolano sulla tela e il paesaggio appare
come una Fata Morgana. Una delle composizioni mostra un velo di nebbia al centro della tela. Ci ricorda ad un
pericolo che incombe sempre su queste regioni, quando elementi celanti come la nebbia, il vapore, la luce grigia
e la foschia avvolgono le cime e le creste delle montagne e rendono impossibile qualsiasi tipo di orientamento.
Nei lavori di Pancrazzi questo senso per il misterioso, per la percezione dell’invisibile, viene in primo piano. Il facile
accesso alle immagini di satellite immancabilmente ha tolto ai paesaggi di montagna molto della loro incredibile
forza di attrazione. L’immaginazione di esplorazione e capitolazione di paesaggi, strettamente collegate con
la visita di paesaggi fuori mano, incidentalmente vengono soppiantate dal prolificare delle immagini e dalla facilità
con la quale viene presa in mano una puntina da disegno, per ritrovarsi nel mezzo di questo ambiente lontano.
Al contrario Pancrazzi ci consiglia di rallentare e di cercare i sottili cambiamenti di colore, di luce e di struttura.
In un mondo in cui solo poche cose sono davvero sconosciute o misteriose, Pacrazzi fa notare che l’unico modo
rimanente per poter accedere alle meraviglie è quello di destabilizzare la nostra posizione di osservatore, con uno
sguardo preciso e trasformativo.
A.A.
Milano settembre 2015
Occidente Esotico
L’occidente siamo noi.
L’idea stessa di occidente si è formata in occidente al tempo in cui il pensiero comune preferiva credere che la terra fosse al centro di un sistema stellare. Questa idea radicata ed egocentrica si è comunque trasformata nel tempo insieme ai mutamenti storici, toccando di conseguenza l’uomo nella sua interiorità.
Era chiamato occidentale l’oceano che adesso si chiama Atlantico.
E se occidentali sono le terre dove tramonta il sole, mentre al levante il sole sorge, dovremmo pensare che questa idea abbia preso forma esattamente alla metà fisica tra i due opposti laterali, e coloro che hanno nominato questa geografia per la prima volta devono aver avuto la pretesa di sentirsi al centro del mondo.
La determinazione di dare un nome a tutto ciò che sta ad est e darne un altro a tutto ciò che sta ad ovest è stata la conseguenza di un’autorità culturale e politica pretesa e condivisa con la forza.
Questa idea è stata imposta e si è allargata sino a che l’onda di ritorno ha allagato la nostra identità trasformando la consapevolezza geo-socio-politica.
Questa idea globale ha battezzato le coordinate planetarie denominandoci come luogo dove il sole tramonta, in contrapposizione alle terre dove il sole si leva.
Questo si sarebbe potuto determinare a partire da qualsiasi punto fisico sulla terra, ma gli eventi e la struttura stessa della storia hanno fatto sì che i popoli che abitavano questa consapevolezza fossero anche determinati ad imporla.
Esotico è un aggettivazione occidentale.
È a partire da qui che si è potuto dare un nome a questo sentimento languido ed estraniante, citando luoghi e qualità lontane, misteriose e vaghe tanto da affascinare in qualsiasi epoca. Anche il viaggio in questi luoghi dove sorge il sole ha aumentato le leggende ed il narrare le cose lontane è stato un esercizio per l’anima.
Ultimamente nel tempo di una sola generazione si è visto il dissolversi di questo esercizio all’abbandono che l’anima praticava, tutto il fascino si è dileguato come la nebbia da Milano, grazie ai monitoraggi satellitari in tempo reale di tutto il pianeta che non ha più ombre e misteri per chiunque abbia un computer o voglia di viaggiare.
Il sole sorge ancora ma le ombre lunghe dei corpi a quel levante non evocano altro che coordinate numeriche lungo gli assi meridiani.
Occidente esotico ed esotismo occidentale sono il tramonto dell’idea di esotico che conoscevamo, la sua consunzione, come un limone spremuto, il sole dell’oriente non riscalda più i nostri cuori romantici.
Niente adesso è più esotico dell’occidente stesso.
Questo nuovo senso di perdita è la giusta conseguenza di un occidente che ha cancellato per necessità evolutive tutte le ombre e le sfumature di un immaginario evocativo e sensuale.
Nonostante questo fosse mosso prevalentemente da un’idea di superiorità geopolitica la sua persistenza nella fantasia collettiva aveva colorato le passioni e riscaldato la letteratura di quella languida decadenza che solo un occidente occidentale poteva cercare.
Oggi dopo la perdita di questo sentimento dobbiamo trovare calore vedendolo espresso negli occhi e nelle speranze di chi ha il sogno dell’occidente collegandolo a speranze di riscatto economico e sociale.
È negli occhi di chi guarda, che è riposta la fede in ciò che vede, anche se noi, esotici occidentali, avremmo ancora bisogno che un sentimento di tepore e di sensuale decadenza pervadesse i nostri cuori.
Così ancora una volta questo senso di esotico nasce da uno spaesamento e viene riposto nelle cose osservate tutta la carica di questo sentimento trasformato.
Le cose osservate e poi ritratte hanno in sé la forza di essere di nuovo evocative e superiori alla realtà fotografata ai raggi x.
L’esotismo sta dentro l’uomo occidentale e a quello orientale e la pittura delle montagne dell’Engadina permette a questo miraggio esotico di arrivare ad essere di nuovo toccato con l’anima.
L.P.