Missing Masses
Quindici artisti contemporanei si confrontano con il tessuto produttivo di Quarrata presentando all’interno della mostra Oltrecittà, inaugurata a Villa la Magia, progetti pensati in rapporto con aziende del territorio.
La mostra è il frutto di Missing Masses, un progetto curatoriale ideato da Giacomo Bazzani, pensato come un processo partecipativo lungo un anno, che ha visto coinvolti nell'approccio di indagine territoriale sette filosofi politici e sociologi del Dipartimento di Scienze politiche e sociali dell’Università di Firenze.Dalla condivisione delle esperienze in tavoli collettivi e dal dibattito critico che ne è scaturito sono nate una serie di riflessioni su macrotemi di carattere sociale ed economico, mediate dagli artisti che ne hanno elaborato poi i vari aspetti individuando ognuno con il proprio processo creativo un nuovo modo di racconto del tessuto sociale cittadino. Il progetto diventa quindi un importante occasione di riflessione sul rapporto tra arte e produzione, che anima già da più di un secolo il dibattito critico e teorico.
Nata con la rivoluzione industriale e con le conquiste tecnologiche la discussione ha avuto una costante crescita fino a raggiungere nella contemporaneità un posto preminente all’interno di quello che da tempo si definisce Sistema dell’Arte Contemporanea.
Storicamente infatti si ha una transizione che porta lo spostamento della produzione oggettuale artigianale a quella meccanica industriale, contestualmente alla riflessione sulla determinazione del valore artistico dell’opera d’arte fino a quel momento spontaneamente inserita nella sua natura di oggetto estetico. La fascinazione del processo meccanico porta alcuni artisti a “produrre” opere che si uniformano al prodotto industriale partendo dal momento progettuale e mutando le caratteristiche operative. Le opere che vengono eseguite con l’impiego dei processi dell’industria diventano naturalmente adatte ad essere seriate. Cambia la funzione del disegno, che acquista il valore fondamentale prima riservato all’astrazione dell’idea e diventa quindi progetto, determinante nel decifrare le caratteristiche funzionali ed estetiche essenziali per una riproduzione dell’oggetto in serie.
Si introducono nuovi concetti ibridi, il progettista o designer diventa una nuova categoria di operatore estetico che lavora alla progettazione dell’idea e alla sua messa in opera adattandola alle logiche dei processi meccanici con l’individuazione di precise fasi metodologiche che riducono e veicolano l’astrazione in una concreta analisi di fattibilità e destinano l’oggetto ad una logica di consumo adatta alla distribuzione di massa e ad una immediata comprensione oltre che ad una evidente gradevolezza estetica.
Partendo dall’esaltazione dell’arte applicata come reazione ai processi di meccanizzazione del lavoro ottocenteschi di William Morris del movimento Arts ande Craft, l’industrial design diventa un settore che accomunerà artisti come Paul Klee, Wassily Kandinsky, Oscar Schellemmer, Laslo Moholj_Nagj, chiamati da Walter Gropius ad insegnare presso l’istituto scolastico di architettura, arte e design Bauhaus.
A partire dal dopoguerra il fenomeno della comunicazione di massa e del largo consumo incrementa in modo importante il bacino d’utenza dei fruitori di oggetti seriali di arte e design, provocando un radicale cambiamento nella struttura delle classi sociali, con un livellamento e una esponenziale crescita di produzione di beni di largo consumo, rendendo necessaria una distinzione chiara tra la finalità della produzione artistica rispetto a quella industriale direzionando la discussione verso il modo alternativo d’uso di un medesimo strumento.
L’industria si distingue allora per l’utilizzo dei mezzi a fini economici di profitto, mentre l’arte insegue una riaffermazione del valore umano e della sfera sociale all’interno della crescita scientifica e tecnologica. Concetti come standard e riproduzioni “multiplo” cambiano il giudizio dell’opera, scardinando e di fatto annullandone il valore di unicità e introducendo un terzo attore artefice di una ulteriore rivoluzionare del pensiero artistico, la globalizzazione incarnata dalla società di massa.
La solitudine dell’individuo chiamato al confronto diretto con un economia globale che fortemente influenza la direzione del pensiero rende urgente e necessaria l’introduzione di nuovi termini con cui aprire un confronto in ogni espressione artistica quali economia sostenibile, spazio pubblico, paesaggio urbano, società liquida.
L’artista contemporaneo assurge il compito di innescare legami e relazioni sociali, tracciando un nuovo spazio d’azione collettivo, dal carattere fortemente territoriale e identitario, assumendosi ancora una volta il compito di prevedere la meta a cui aspirare per riattivare processi creativi di un territorio in cerca di una riaffermazione legata ad un necessario recupero della memoria di cui cardine diventa il lavoro e la produzione tradizionale ma con l’urgenza di veicolarne il messaggio con linguaggi innovativi a cui forse solo le menti creative hanno accesso.
Focus sugli artisti di Oltrecittà:
Justin Randolph Thompson con Rock Chariot in the Middle of the Air ripensa il processo commerciale legandolo ad una tradizione di cooperazione e solidarietà con la produzione di una biga dalla finissima costruzione in legno e intarsi, raccontando in una performance l'atto della vendita con una serie di gesti cerimoniali.
Mona Mohaghegi decide di interpellare i bambini, in un laboratorio ludico didattico allo scopo di reinterpretare il racconto della socializzazione e del rito del caffè raccolto all'interno di una ricerca antropologica comparata con disegni stampati poi sulle confezioni di caffè. Ritualità e misticismo sono le chiavi di lettura dei totem di Vittorio Cavallini, realizzati con materiali forniti dalle aziende del territorio, che diventano fonte di ispirazione anche nella condizione di scarto e residuo nella serie di piccoli oggetti dall'estetica organica di Federico Cavallini. Resti di lavorazione e oggetti inutilizzati diventano spunto creativo per immaginare i marchingegni atti a ricercare tesori e a leggere possibilità di ricchezze e sviluppo nel futuro di Leone Contini mentre Enrico Vezzi presenta una personale lettura della memoria storica chiedendo in dono per la collettività alle aziende del territorio una sedia affiancandone un preciso ricordo a cui è legata. Tracce di memoria indagate da Chiara Bettazzi, che reinterpreta il suo personale e intimo percorso nella trasposizione e rielaborazione estetica dell'archivio di gambe e piedi in legno di una storica torneria quarratina. La narrazione dei luoghi del film di Filippo Basetti si concretizza nella metafora del viaggio raccontata dall'opera di Lisa Batacchi, unita ad una dimensione sociale e comunitaria, nel trasporto in spalla di zaini-lettera a formare infine la parola Merchant. Socialità e collettività sono alla base della lampada realizzata da Valentina Lapolla, azionata solo dalla presenza contestuale di due persone, così come la tovaglia mimetica di Olga Pavlenko, per sua natura stessa oggetto simbolo di convivialità.
Oggetti quotidiani pensati come momento di incontro tra il linguaggio artistico e una produzione commerciale nell'opera di Rachel Morellet o come pretesto per indagare sugli effetti collaterali dello sviluppo economico nel tappeto contemporaneo di Eva Sauer. Mutazioni del suolo nell'affiorare di elementi in cemento dell'opera di Federico Gori e rielaborazioni naturali, nell'istallazione fotografica di Francesca Catastini.
La Mostra è parte del progetto Missing Masses - Masse Mancanti, a cura di Giacomo Bazzani, realizzato da Comune di Monsummano Terme, Comune di Quarrata, Comune di Serravalle Pistoiese, Università di Firenze - Dipartimento di Scienze politiche e sociali, Fondazione Jorio Vivarelli, Fondazione Giovanni Michelucci e Associazione culturale Uscita Pistoia. Iniziativa è realizzata in collaborazione con il Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci, nell’ambito del progetto regionale “Cantiere Toscana Contemporanea”, e con il contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia. L’opera di Mona Mohagheghi è realizzata in collaborazione con lo Spazio Giovani “Al Kalè” dell’Associazione di Volontariato Pozzo di Giacobbe.