In occasione di miart 2016, la Fondazione Nicola Trussardi e miart presentano Sarah Lucas – INNAMEMORABILIAMUMBUM, un progetto speciale d’arte contemporanea della celebre artista inglese Sarah Lucas a cura di Massimiliano Gioni e Vincenzo de Bellis pensato per l'eccezionale cornice dell’Albergo Diurno Venezia e realizzato in collaborazione con il FAI – Fondo Ambiente Italiano e il Comune di Milano.
Nelle giornate di venerdì 8, sabato 9 e domenica 10 aprile, durante la ventunesima edizione della fiera d’arte moderna e contemporanea di Milano, la Fondazione Nicola Trussardi e miart, in collaborazione con il FAI e il Comune di Milano, hanno invitato l’artista Sarah Lucas a dare vita a un progetto concepito appositamente per i suggestivi spazi del Diurno progettato all’inizio degli anni Venti dall’architetto Piero Portaluppi, chiusi al pubblico dal 2006 e recentemente riaperti grazie all’impegno del FAI e della Delegazione FAI di Milano. All’interno di questo tempio dedicato alla bellezza e alla cura del sé, sculture, installazioni, interventi sonori e performativi daranno vita a una tre giorni di eventi espositivi, performance e happening live che avranno come tema principale il corpo, la sua rappresentazione, le sue storie e gli stereotipi di cui ancora si nutre la nostra società. Per l’Albergo Diurno Venezia Sarah Lucas realizzerà un intervento espositivo site-specific, studiato per l’ambiente, al quale si aggiungeranno interventi sonori e video: sabato 9 serata con musica dell’artista e musicista Julian Simmons, mentre nella serata di domenica 10 aprile è prevista la proiezione di “filmini di famiglia” realizzati dall’artista inglese.
Irriverenti e disarmanti nella loro estrema semplicità, le opere di Sarah Lucas –
fotografie, collage, sculture e disegni – danno vita a un teatro dell’ambiguità in cui
materiali apparentemente banali si trasformano in oggetti d’affezione che rivelano
desideri e pulsioni represse.
Fin dall’inizio della sua carriera, inserita nel contesto degli Young British Artists nella
Londra degli anni Novanta, la Lucas mette in ridicolo tabù e atteggiamenti
maschilisti con le sue sculture ruvide e arrabbiate. I suoi autoritratti, in cui
trasforma la propria immagine in un personaggio che attraversa decine di fotografie,
pose e situazioni, mettono in scena miti e stereotipi femminili e maschili, trasformando ruoli e generi sessuali.
“Mi piace giocare con gli stereotipi sessuali e di genere […] sono solo dei costrutti,
e sono piuttosto fragili”, riconosce l’artista. Nel mondo di Sarah Lucas nessun soggetto
sembra essere troppo fragile e nessun tabù troppo sacro.
Come una novella Rose Selavy – l’alter ego femminile di Marcel Duchamp – Sarah
Lucas si è dunque sdoppiata in una galleria di personaggi dalla sessualità provocante
e ambigua. Allo stesso modo le sue sculture, assemblate con oggetti dozzinali,
materiali trovati o scolpite in superfici lucide di bronzo, ricordano gli oggetti magici dei
Surrealisti, di cui l’artista raccoglie l’eredità e la capacità di stravolgere il vivere
quotidiano. Lucas coniuga la bellezza convulsa dei Surrealisti in una versione più
leggera, pop e ironica e al contempo più misteriosa e viscerale, carica di una nuova e
più diretta energia.
Fortissimo è inoltre il legame tra le opere di Sarah Lucas e l’arte femminista degli
anni Sessanta, evidente soprattutto nella sua critica dello sguardo maschile: come le
artiste femministe, con le sue opere esplicite e dissacranti anche la Lucas incoraggia le
donne ad appropriarsi degli strumenti di rappresentazione del proprio corpo e
delle sue immagini, invitandole a prendere confidenza con ogni parte di sé, anche
con quelle più intime, e a prendersene cura.
Proprio per questa sua ossessione per un corpo rappresentato senza filtri e
preconcetti, l’opera di Sarah Lucas da sempre è stata interpretata in chiave freudiana
e psicoanalitica, tanto che è stata tra le prime artiste viventi a essere invitata a esporre
all’interno della Casa-museo di Sigmund Freud a Londra, nel 2000.
L’intera opera di Sarah Lucas è dunque una riflessione sul corpo, sulla sua
rappresentazione e i suoi desideri e sulla necessità di conferire alle donne il diritto
di rappresentare se stesse, giocando con e contro gli stereotipi della femminilità in cui
la loro rappresentazione è troppo spesso costretta. E la cura del corpo, l'esperienza
dell’anatomia come bellezza e come trauma sono quindi temi che tornano con
costanza nella poetica dell’artista britannica: l’Albergo Diurno Venezia – questo
mondo sotterraneo, affascinante ma anche oscuro – è dunque il teatro perfetto per un
suo progetto site-specific, in un gioco di specchi tra opere, interventi, architettura e
storia di uno dei più suggestivi luoghi che hanno segnato la vita quotidiana della
Milano del secolo scorso.