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My Horizon
Tracey Moffatt
Padiglione dell'Australia

 

Una conversazione :
Tracey Moffatt - Natalie King

Natalia King: Del titolo della sua mostra, Il Mio Orizzonte, si è detto che è la ‘linea dove il sole bacia il mare’. In che modo la poetica e il vissuto personale sono il tratto distintivo delle sue nuove opere?

Fracey Moffatt: Il Mio Orizzonte riguarda in un certo senso il desiderio di guardare oltre lo spazio in cui ci si trova. Significa avere una visione e può significare il proiettarsi fuori da sé stessi ed esistere nella sfera della propria immaginazione. Come me, lo fanno tutti gli artisti, ed è la mia salvezza. Altrimenti il titolo si può prendere nel senso più letterale nella lettura di tutte le opere alla Biennale di Venezia.
La linea dell'orizzonte ricorre nella maggior parte delle mie immagini; nelle due drammatiche serie fotografiche Traversata e Il Corpo Ricordo, si vedono i personaggi immaginari nell'atto di fissare lo sguardo verso la linea dell'orizzonte. Probabilmente i miei personaggi sognano di fuggire, o sono piegati sotto il peso dei loro ricordi e delle loro vicissitudini. Questo vale anche per i miei due video, I Fantasmi Bianchi Giunsero dal Mare e Veglia.
Il Mio Orizzonte descrive il momento in cui si raggiungono i propri limiti o li si vogliono addirittura superare. È uno stato che si può paragonare al sogno, quando si guarda fuori da sé stessi e oltre lo spazio in cui ci si trova. La linea dell'orizzonte può rappresentare il futuro lontano e distante o ciò che è impossibile raggiungere. Succede a volte nella vita di riuscire a vedere ciò che ‘viene all'orizzonte’, ed è questo il momento di attivarsi oppure di non fare nulla e stare ad aspettare qualsiasi cosa stia per arrivare.

King : La serie di fotografie Traversata, rese in colori saturi, è ambientata in un luogo immaginario, quale potrebbe essere un porto misterioso sulle sponde dell'Oceano Indiano o del Nord Africa oppure sulla costa occidentale dell'Australia, un luogo febbrile per gli imminenti pericoli e fughe. Può approfondire come questo contesto riesca a evocare dei luoghi di transito, viaggi clandestini e traversate illegali?

Moffatt : La mia serie di fotografie intitolata Traversata sembra un film noir hollywoodiano degli anni 1940 ma a colori. L'ambiente è quello di una tetra area portuale, un ‘lungomare’ come ce ne sono quasi ovunque.! Ho cercato di non ‘contestualizzare’ la storia con l'auspicio che la si possa ‘trasportare’ e ‘leggere’ in molte culture diverse. Non è che io mi senta limitata per il fatto di parlare sempre dell'Australia, il mio paese di origine dove ora vivo, ma ho sempre desiderato che le mie opere ‘ valichino i confini’, e che gli scenari delle mie fotografie siano immediatamente riconoscibili da chiunque.
Nelle 12 immagini che compongono la serie Traversata presento un cast di pochi personaggi, alcuni dei quali sembrano africani ma potrebbero essere anche american. Avrei potuto ambientarle a Brooklyn a New York o a New Orleans o in qualche altra località più esotica, ma quello che desidero più di ogni altra cosa è che il contesto venga inteso come un avamposto portuale dell'Africa coloniale - Nairobi o Entebbe per esempio. La mia intenzione è che gli anni 1940 vengono visti come ‘un'epoca del passato’, ma la trama parla di ciò che sta accadendo nel mondo oggi, ora che i richiedenti asilo valicano illegalmente i confini. Non voglio però che le immagini siano interpretate come un fatto di cronaca di una data ben definita perché in realtà quella dei richiedenti asilo non è una vicenda attuale, è vecchia come il tempo. Lungo tutto il corso della storia è in tutte le culture e le persone sono sempre fuggite oltre i confini alla ricerca di una nuova vita.
La trama che ho inventato per Traversata ha per protagonisti una giovane vestita per un viaggio clandestino mentre il suo bimbo è vestito normalmente; i un poliziotto motociclista dall'aria furtiva, e un elegante ‘passatore’ che fuma in continuazione. Si incontrano in strade buie e nei vicoli vicino al porto e sono tutti delle persone tormentate. Non ho mai voluto dare un finale alle mie storie preferendo lasciare aperto all'interpretazione di chi guarda l'inferno delle emozioni che si percepisce nelle mie immagini promana dal bimbo della fotografia Madre con Bambino, perché potrebbe essere stato venduto per pagare la traversata illegale ma potrebbe anche essere stato salvato da questo terribile destino. Sua madre svanirà dai sua ricordi come sempre accade in queste situazioni di vita vissuta.

King : La sua storia personale e quella della sua famiglia sono connotate dal ‘servizio’, quando aveva 15 anni il suo primo impiego è stato come tata fissa per l'estate in una famiglia che abitava sulla Gold Coast nel Queensland. Sua madre Daphe Muffatt, lavorava come domestica per un medico di Brisbane negli anni 1950, e sua nonna Maggie Muffatt faceva la cuoca e la domestica in un allevamento di bestiame in montagna, un ranch chiamato Mount Moffatt Station nel Queensland Centrale - negli anni 1910. Come ha fatto a immedesimarsi nella serie Il Corpo Ricorda nel personaggio della cameriera che si rammarica per il passare del tempo e si crogiola nella nostalgia in un rudere nel deserto?

Moffatt : Il Corpo Ricorda è stato il mio viaggio personale e in questa serie recito nel ruolo di una cameriera; ha i capelli raccolti ed è vestita come usava negli anni 1950; essa ritorna tra le macerie della casa dove aveva lavorato un tempo : in un luogo della memoria dove si sentiva al sicuro e forse aveva un amore perduto. Si vede l'interno della casa sia come era un tempo che ora in rovina. Queste immagini intense e come in un sogno sono intitolate Tatto e Adorazione e mi auguro che vengano viste come se fossero ambientate in un paese senza nome, non necessariamente in Australia ma anche in Nord Africa, Messico, America Latina, in Medio Oriente e persino in Italia. Ovunque ci siano le rovine di un paesino di case di pietra disseminate in un paese desolato. Le rovine diventano una sorta di altare di roccia o una grande lapide abbandonata in un cimitero.
Le immagini della serie Il Corpo Ricorda sono sospese in un luogo senza spazio né tempo. Non si sa se il personaggio della cameriera riesca a proiettarsi in un futuro in cui la casa dove lavora sarà andata in rovina. O che ritorni a quelle rovine per rivivere un ricordo forte, magari di qualcuno che conosceva quella casa? La vediamo mentre ricorda qualcuno e la loro presenza nella terza immagine è intitolata Tatto.
Ho scattato le fotografie della serie Il Corpo Ricorda in una località distante e isolata, ed è attorno a quel luogo che ho creato la narrazione. Forse in parte volevo rendere omaggio a mia madre Daphne e alla nonna Maggie Moffatt, della quale purtroppo so molto poco. Qualche anno fa avrei voluto visitare il ranch dove era vissuta e aveva lavorato la grande nonna. Volevo camminare dove camminava lei, volevo sostare sulle rovine della cucina dove lei cucinava. Il ranch Mount Moffat è distrutto e quasi irraggiungibile, ma forse un giorno riuscirò ad andarci. Ho spesso lavorato in questo modo per creare i miei drammi fotografici. Per prima cosa trovo il posto e poi inizio a tessere la trama. È il posto a ispirare le storie e poi emergono i personaggi. Da ultimo prende forma l'aspetto che avrà l'opera d'arte.

King : Sveglia, con cui proseguono i montaggi delle sue sequenze filmiche sempre nuove, è impregnato di scopofilia, soprattutto quel fermo immagine di una terrorizzata Elizabeth Taylor associato al filmato dei richiedenti asilo con quelle barche insidiose. In che modo le condizioni disperate dei rifugiati hanno influenzato le sue opere più recenti e pressanti?

Moffatt : La cronaca televisiva del naufragio di una barca di rifugiati sulle coste di Christmas Island nel 2010 è spaventosa. Sono affogate quasi 50 persone. L'imbarcazione che trasportava soprattutto iraniani e curdi iracheni si è sfracellata nel mare in tempesta sotto i nostri occhi. Da allora questa tragedia non ha mai cessato di angosciarci come tante altre più recenti. Non riusciremo mai nemmeno a immaginare la disperazione delle persone che si erano imbarcate su quella carretta del mare per attraversare l'orizzonte nel tentativo di raggiungere la libertà in Australia. Quella barca di legno marcio che andava in pezzi è assurta a simbolo della discriminazione dei confini del mondo intero. Il vecchio mondo è finito, il nuovo mondo sta arrivando e i confini non possono restare chiusi. Gli esseri umani, nella loro disperazione, troveranno sempre il modo di ‘entrare’, lo hanno sempre fatto.
In Veglia, accosto le immagini delle stelle del cinema bianchi nell'atto di guardare fuori dalle finestre la gente con la pelle scura che arriva dal mare. Ho creato una grafica visiva basata sulle recenti scene cui abbiamo assistito ultimamente dei richiedenti asilo sui balconi. Veglia quindi si può vedere anche come un eloquente commento alla ‘razza’. Non vi è nulla di sotteso nella redazione e nella creazione del mio video Veglia.

King : Dopo aver vissuto per 12 anni a Manhattan, ha lasciato New York per tornare a Sidney. Ci può descrivere l'ambiente del suo attuale atelier e rituali che segue quando lavora?

Moffatt : Non ho mai avuto un atelier in cui lavorare. Per la Biennale di Venezia mi è stato messo a disposizione un locale in un vecchio cottage nell'entroterra di Sidney. Ho trovato meraviglioso poter disporre di uno spazio apposito per lavorare invece del mio appartamentino dove lavoro di solito. Posso starmene per 8 ore di fila stesa sulla schiena immersa nella lettura di un libro da cui non riesco a staccarmi. Quello che ho appena detto può sembrare uno spreco di tempo ma per me significa riuscire a scaricarmi. Mi scarico di tutte le responsabilità che contano nella vita e solo dopo riesco a concepire immagini e idee, o, per meglio dire, libero dello spazio affinché i pensieri creativi possano entrare in me.
In sostanza sono un artista estremamente seria quando si tratta di spingersi oltre e sperimentare i media della fotografia, del film o del video. Non è facile fare arte e non ci si arriva dall'oggi al domani. È un processo meticoloso che sfugge al controllo. Sono le immagini dell'opera d'arte a decidere quando sono pronte per emergere, l'artista non può fare altro che incanalarla e portarle a compimento. L'arte non è mai, ‘veramente mai’ finita.

Conversazione tratta da Tracey Moffatt: My Orizon, a cura di Natalie King.

Tracey Moffatt

Tracey Moffatt  My Horizon  Courtesy: La Biennale di Venezia

VENEZIA, Italia, 10 maggio 2017 - Il Padiglione Australiano alla Biennale Arte 2017 è orgoglioso di presentare IL MIO ORIZZONTE, una personale dell’artista di fama internazionale nata a Brisbane, Tracey Moffatt.

IL MIO ORIZZONTE, una mostra evocatrice di racconti seducenti dal finale aperto, presenta due serie inedite di fotografie di grandi dimensioni, Il Corpo Ricorda e Traversata, e due nuovi video intitolati Vegliae I fantasmi bianchi giunsero dal mare nei quali le scenografie magistralmente concepite si ispirano a fonti molto diverse l’una dall’altra come i notiziari televisivi, la poesia, la pittura surrealista, la fotografia documentaria, il cinema di Hollywood e i ricordi personali dell’artista.

A proposito del titolo della mostra, Tracey Moffatt afferma: “I miei personaggi immaginari che vediamo fissare lo sguardo sulla linea dell’orizzonte, forse sognano di fuggire o riflettono sui propri ricordi. Il titolo IL MIO ORIZZONTE si può interpretare come un desiderio di vedere oltre il posto in cui ci si trova: significa avere una visione, un desiderio di proiettarsi al di fuori di sé stessi, significa esistere nella sfera della propria immaginazione o voler superare i propri limiti. Nella vita ci sono dei momenti in cui tutti noi riusciamo a vedere cosa sta ‘arrivando da oltre l’orizzonte’, ed è in quei momenti che ci attiviamo, oppure non facciamo nulla e ce ne stiamo semplicemente ad aspettare qualsiasi cosa stia per arrivare”.


Tracey Moffatt My Orizon
57. Esposizione Internazionale d’Arte 2017.